CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 giugno 2019, n. 16685
Tributi locali – ICI – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Notificazione
Ragioni della decisione
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 197/2016, osserva quanto segue;
La CTR della Sicilia con sentenza n. 2895/12/2017, depositata il 3.8.2017, non notificata, accoglieva l’appello proposto da F.F. nei confronti di Riscossione Sicilia s.p.a. avverso la pronuncia di primo grado della CTP di Palermo che aveva rigettato il ricorso della contribuente avverso una cartella di pagamento per ICI relativa agli anni 2006, 2007 e 2008 sul presupposto che non fossero stati precedentemente notificati i presupposti atti impositivi.
Avverso la sentenza della CTR Riscossione Sicilia ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Parte intimata non ha spiegato difese.
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del d.lgs n. 112 del 1999 e dell’art. 106 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio in relazione all’art. 360 comma 4 c.p.c. In entrambi i motivi la ricorrente lamenta che la CTP non aveva autorizzato la chiamata in causa dell’ente impositore, unico legittimato in relazione alla lamentata omessa notifica degli atti presupposti.
Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.
Esse non sono fondate.
A seguito della sentenza Cass. SSUU 16412/07 – è andato consolidandosi l’indirizzo interpretativo di legittimità secondo il quale il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario; senza che sia tra i due soggetti configurabile alcun litisconsorzio necessario. Resta peraltro fermo, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, l’onere per l’agente della riscossione di chiamare in giudizio l’ente impositore, ex art. 39 d.lgs 112/99; così da andare indenne dalle eventuali conseguenze negative della lite.
In applicazione di tale orientamento, si è tra il resto affermato che (Cass. ord. 10528/17) “il contribuente, qualora impugni una cartella esattoriale emessa dall’agente della riscossione deducendo la mancata notifica dei prodromici atti impositivi, può agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o dell’agente della riscossione, senza che sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo rimessa all’agente della riscossione la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore” (Cass. 8295/2018).
Non diversamente, deve escludersi la configurabilità di un litisconsorzio necessario qualora, come nella specie, il giudizio sia stato promosso nei confronti del concessionario, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che la domanda abbia ad oggetto l’esistenza del credito, anziché la regolarità o la validità degli atti esecutivi, dal momento che l’eventuale difetto del potere di agire o resistere in ordine all’accertamento del credito non determina la necessità di procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti del soggetto che ne risulti effettivamente titolare, ma comporta esclusivamente l’insorgenza di una questione di legittimazione, per la cui soluzione non è indispensabile la partecipazione al giudizio dell’ente creditore.
Questa Corte ha affermato che richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa dell’ente impositore deve essere ricondotta all’art. 106 cod. proc. civ., con la conseguenza che la mancata autorizzazione costituisce oggetto di una valutazione discrezionale del giudice di primo grado, incensurabile in sede d’impugnazione (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. lav., 4 dicembre 2014, n. 25676; Cass., Sez. I, 28 marzo 2014, n. 7406; Cass., Sez. Il, 19 gennaio 2006, n. 984; Cass. 9016/2016).
Nella specie la CTR ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto affermando che fosse incensurabile la valutazione discrezionale del giudice di primo grado.
Si osservi, peraltro, che la chiamata in causa prevista e disciplinata dall’art. 39 del D.Lgs. n. 112/1999, è preordinata a rendere edotto l’ente creditore della pendenza della lite e dei motivi di ricorso, così da consentirgli, ove lo ritenga opportuno, di intervenire volontariamente nel giudizio in corso, per spiegare le proprie difese in relazione ai vizi dell’atto al medesimo imputabili. Alla luce delle superiori considerazioni l’art. 39 appare qualificabile come litis denuntiatio, Pertanto, l’agente della riscossione non necessiterebbe di alcuna autorizzazione (da parte del giudice) per chiamare in causa l’ente creditore.
3. Il terzo motivo con il quale si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 97 c.p.c. per avere la CTR ritenuto soccombente il concessionario nonostante non avesse autorizzato la chiamata in causa dell’ente impositore deve ritenersi assorbito.
Nulla sulle spese in considerazione della mancata costituzione di parte intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.