CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 giugno 2021, n. 17629
Tributi – Imposta di registro – Agevolazioni “prima casa” – Immobile allo stato grezzo – Trasferimento della residenza oltre il termine di diciotto mesi – Maggiore durata dei lavori di completamento dell’abitazione – Revoca dei benefici – Legittimità
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 343, depositata il 19/03/2014, la CTR dell’Abruzzo ha confermato il rigetto del ricorso proposto da T.P. contro l’avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro, riferita ad un atto di compravendita immobiliare stipulato l’11/07/2008 (e registrato il 22/07/2008), in relazione al quale il contribuente aveva usufruito dell’agevolazione “prima casa”, dichiarando la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 1, nota II bis, della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, senza provvedere ad effettuare il trasferimento della propria residenza nel comune in cui era sito l’immobile nei successivi diciotto mesi, come dovuto, ma solo molto tempo dopo (in data 22/04/2010).
In particolare, la CTR ha ritenuto che la revoca dell’agevolazione “prima casa” fosse legittima, perché la maggiore durata dei lavori di completamento dell’abitazione, acquistata allo stato grezzo, non aveva le caratteristiche della forza maggiore, che potesse giustificare il mancato trasferimento della residenza nel termine indicato.
Avverso la sentenza di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, formulando due motivi di impugnazione.
L’intimata ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, nota II bis, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, ed anche l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione, in riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), c.p.c., nella parte in cui la CTR ha ritenuto che il termine di diciotto mesi, previsto per il trasferimento della residenza, fosse perentorio, mentre invece non era tale, essendo sufficiente che il trasferimento della residenza venisse operato nei tre anni successivi alla registrazione (termine per l’azione accertatrice dell’ufficio).
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione, in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., per avere la CTR omesso di valutare adeguatamente le cause che avevano impedito il tempestivo trasferimento della residenza, poiché l’immobile era stato acquistato allo stato grezzo ed ancora inagibile alla scadenza dei diciotto mesi a causa del protrarsi dei lavori di costruzione per fatto non imputabile al ricorrente.
2. Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
2.1. Si deve, infatti, evidenziare che, nonostante l’enunciazione del motivo di impugnazione contenga anche un generico richiamo a dedotti vizi di motivazione, tuttavia, la successiva illustrazione affronta solo la questione della ritenuta violazione di legge, riferita alla natura del termine previsto per il trasferimento di residenza, sicché, nella parte in cui vi è il riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., la censura, solo genericamente enunciata, deve ritenersi inammissibile per difetto di specificità.
2.2. Per il resto, il motivo è infondato.
Com’è noto, l’art. 1, nota II bis, lett. a) della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, tra le altre condizioni, stabilisce che l’aliquota agevolata dell’imposta di registro, riferita agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di abitazioni non di lusso, si applica, purché «l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza», aggiungendo che «La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto».
La residenza dell’acquirente nel comune in cui si trova l’immobile è, dunque, un elemento costitutivo del beneficio “prima casa”, che viene provvisoriamente accordato anche quando l’acquirente risieda altrove ma, nell’atto di acquisto, dichiari di voler trasferire in quel comune sua residenza.
In quest’ultimo caso, l’acquirente assume nei confronti del fisco l’obbligo di provvedere ad effettuale tale trasferimento nel termine di diciotto mesi, determinandosi, in caso di inadempimento, la decadenza dal beneficio (v. da ultimo Cass., Sez. 6-5, n. 28860 del 01/12/2017; Cass., Sez. 6-5, n. 2527 del 05/02/2014).
Proprio perché il menzionato trasferimento costituisce un obbligo del contribuente, assumono rilievo gli eventuali ostacoli nell’adempimento che non siano ad esso imputabili (v. Cass., Sez. 5, n. 14399 del 07/06/2013).
La decadenza può, dunque, essere esclusa se il mancato trasferimento della residenza nel termine indicato sia dovuto a causa di forza maggiore, da intendersi come evento non prevedibile, che sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà del contribuente (così Cass. Sez. 6-5, n. 28838 del 08/11/2019; Cass., Sez. 6-5, n. 26328 del 19/10/2018; Cass. Sez. 6-5, n. 1588 del 23/01/2018; v. anche Cass., Sez. 6-5, n. 17225 del 12/07/2017).
Tale ricostruzione risponde ad un orientamento di questa Corte che si è subito consolidato con riferimento alla disciplina in questa sede applicabile ratione temporis (v. Cass. Sez. 5, n. 10014 del 29/04/2009; Cass., Sez. 5, n. 18491 del 10/08/2010; Cass., Sez. 5, n. 14399 del 07/06/2013; Cass., Sez. 6-5, n. 2527 del 05/02/2014; cfr. le isolate e, tra loro, opposte statuizioni contenute in Cass., Sez. 5, n. 3507 dell’11/02/2011 e Cass., Sez. 5, n. 2616 del 10/02/2016).
D’accordo con tale soluzione interpretativa, deve pertanto affermarsi il seguente principio: “ai fini della fruizione dei benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa, e in applicazione dell’art. 1, nota II bis, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Prima, d.P.R. n. 131 del 1986, l’acquirente assume un vero e proprio obbligo verso il fisco con la dichiarazione di voler stabilire la propria residenza nel comune in cui è sito l’immobile, da adempiere nel termine perentorio, e non sollecitatorio, di diciotto mesi dalla stipula dell’atto, comportando il suo inadempimento la decadenza dal beneficio, anticipato al momento della registrazione, salva la configurabilità della forza maggiore“.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
3.1. Si deve precisare che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 19 marzo 2013.
In applicazione della disciplina transitoria – prevista dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., in I. n. 134 del 2012 – è pertanto applicabile la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in forza del quale non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, ma soltanto “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014) hanno precisato che la modifica normativa appena richiamata ha l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge. E ciò accade solo quando il vizio sia cosi radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per mancanza della motivazione.
In particolare, secondo le Sezioni Unite, la riformulazione normativa deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta), ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata.
A tale principio si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale, in alcuni casi, ha anche evidenziato che la violazione di legge, come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
3.2. Nel caso di specie, parte ricorrente ha dedotto l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, per non avere la CTR valutato adeguatamente cause che avevano impedito il trasferimento della residenza nei successivi diciotto mesi, che avrebbero dovuto portare a riconoscere l’esistenza della forza maggiore.
È, dunque, evidente che, per i motivi appena evidenziati, tale censura,così come formulata, non è più ammissibile.
3.3. Gli argomenti utilizzati si sostanziano, peraltro, in critiche alle valutazioni in fatto operate dal giudice di appello, a cui il ricorrente ha opposto altri argomenti in fatto, proponendo un sostanziale riesame della decisione di merito, inammissibile in sede di legittimità.
3.4. La censura è comunque infondata.
Come illustrato nell’esaminare il primo motivo di ricorso, la decadenza dal beneficio “prima casa”, per mancato trasferimento della residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile, può essere esclusa solo se tale inadempimento sia dovuto a forza maggiore, da intendersi come evento non prevedibile, che sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà dell’acquirente dell’immobile (v. supra).
E questa Corte, con orientamento condiviso, ha più volte affermato che la forza maggiore non è ravvisabile né in caso di mancata ultimazione di un appartamento in costruzione né in caso di protrazione di lavori di straordinaria manutenzione di un immobile già edificato (così Cass., Sez. 6-5, n. 5015 del 12/03/2015; v. anche Cass., Sez. 6-5, n. 864 del 19/01/2016; Cass., Sez. 5, n. 13148 del 24/06/2016; Cass., Sez. 6 5, n. 1588 del 23/01/2018; Cass. Sez. 6-5, n. 28838 del 08/11/2019).
D’altronde, l’art. 1, nota II bis, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 subordina il riconoscimento dell’agevolazione alla circostanza che la residenza sia trasferita, nel termine di diciotto mesi, nel comune in cui è ubicato l’immobile e non necessariamente nell’abitazione acquistata, sicché possono assumere rilevanza, al fine della configurabilità della forza maggiore, solo fatti che abbiano impedito il trasferimento della residenza nel comune (così Cass., Sez. 5, n. 13346 del 28/06/2016; conf. in motivazione Cass., Sez. 6-5, n. 1588 del 23/01/2018 e Cass. Sez. 6-5, n. 28838 del 08/11/2019).
4. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
5. La statuizione sulle spese di lite, liquidate in dispositivo, segue la soccombenza.
6. In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla controricorrente, che liquida in € 1.400,00 per compenso oltre alle spese prenotate a debito; dà atto, in applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.