CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 giugno 2022, n. 19948
Lavoro – Dipendente INPS – Licenziamento – Risarcimento – Riforma dell’ordinanza dichiarativa dell’illegittimità del recesso – Ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c.
Rilevato
che, con sentenza del 17 agosto 2016, la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la decisione resa dal Tribunale di Catanzaro ed accoglieva soltanto parzialmente la domanda proposta dall’INPS nei confronti di G. M., ex dipendente in servizio presso la sede provinciale di Catanzaro, volta al recupero delle somme versate al M., a titolo di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, di retribuzione relativa al periodo di riammissione in servizio e di spese legali a seguito dell’ordinanza dichiarativa dell’illegittimità dell’intimato licenziamento disciplinare recante l’ordine di reintegra del M.,
ordinanza poi riformata con sentenza dallo stesso Tribunale di Catanzaro, disponendo la restituzione delle somme liquidate al predetto a titolo risarcitorio, al netto delle ritenute fiscali, previdenziali ed assistenziali ed a titolo di spese legali;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto ripetibili a seguito della riforma dell’ordinanza dichiarativa dell’illegittimità del recesso le somme versate al lavoratore a titolo di risarcimento del danno,ma irripetibili le retribuzioni maturate e riscosse fino all’atto della riforma nonché ammissibile la domanda riconvenzionale del M. relativa al pagamento del TFS ma insuscettibile di compensazione ex art. 1243 c.c. per non essere liquido il relativo credito;
che per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad un unico motivo cui resiste, con controricorso, il M.;
che il controricorrente ha poi presentato memoria;
Considerato
– che, con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2099 e 2033 c.c., 38 d.P.R. n. 602/1973, come modificato dal d.lgs. n. 143/2005, 23 d.P.R. n. 600/1973 e 10 d.P.R. n. 917/1986, come modificato dal d.lgs. n. 314/1997, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale in ordine alla ripetibilità delle somme indebitamente erogate al dipendente al netto delle ritenute su queste operate dal datore di lavoro, dovendosi ritenere il diritto di questi alla restituzione delle somme al lordo coerente con il sistema normativo che ammette in capo al lavoratore/contribuente la deducibilità delle somme restituite al soggetto erogatore o il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto;
– che il motivo deve ritenersi infondato alla stregua dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. n. 1464/2012), secondo cui la ripetizione delle somme indebitamente erogate al dipendente, quale “ripetizione dell’indebito” ai sensi dell’art. 2033 c.c., riguarda esclusivamente le somme da quest’ultimo effettivamente percepite, sicché il datore di lavoro non può pretendere di ottenere la restituzione delle somme al lordo delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali, posto che le stesse non sono mai entrate nella disponibilità patrimoniale del lavoratore;
– che, pertanto, il ricorso va rigettato,
– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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