CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 luglio 2021, n. 20898
Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Costi per acquisti ritenuti soggettivamente inesistenti – Deducbilità dei costi e indetraibilità dell’Iva – Ripartizione dell’onere probatorio
Rilevato che
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, veniva parzialmente accolto l’appello proposto da G.M., P.C.V., P.G. in proprio e quale legale rappresentante della società P & G Autotrasporti di P.C.V. e F S.n.c., ora in Fallimento, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta n.320/5/2012 la quale aveva a sua volta rigettato il ricorso dei contribuenti aventi ad oggetto avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2006 e 2007, rispettivamente per IVA e IRAP nei confronti della società e, in ragione delle diverse quote di partecipazione nei confronti dei tre soci, per IRPEF e Addizionali.
2. Premesso che le riprese traevano origine dalla contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti in capo alla società come da p.v.c. del 26.11.2010, con emissione di fatture al fine di generare un ulteriore credito IVA all’utilizzatore delle medesime nonché un costo ritenuto indeducibile ai fini delle imposte dirette ex art. 14 comma 4 bis della l. n.537 del 1993, la CTR riformava in parte la decisione del giudice di prime cure, riconoscendo la deducibilità dei costi e l’indetraibilità dell’IVA.
3. Avverso la decisione propongono ricorso i contribuenti, affidato ad un unico motivo, che illustrano con memoria, cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Considerato che
4. Con un unico motivo di ricorso – ex art. 360 primo comma nn. 3 e 5 cod. proc. civ. – i contribuenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 del d.l. n. 16 del 2012 conv. in l. n. 44 del 2012, 21 comma 7 del d.P.R. n.633 del 1972 in relazione all’art. 2697 in tema di onere della prova e, con riferimento a tale violazione, viene dedotta anche l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione in ordine al tema della detraibilità dell’IVA in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, quale fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti.
5. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. Per la parte in cui nella censura si denuncia un’insufficienza motivazionale, la Corte rammenta che l’art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, ha riformato il testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., e si applica nei confronti di ogni sentenza pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e, dunque, dall’11 settembre 2012. La novella trova perciò applicazione nella fattispecie, in cui la sentenza impugnata è stata depositata il 14 novembre 2014 e, nel testo applicabile, il vizio motivazionale deve essere dedotto censurando l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» e non più l’«omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione» circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio come precedentemente previsto dal “vecchio” n.5, con conseguente inammissibilità della parte del motivo di ricorso il quale non ha nella sostanza tenuto conto del mutato quadro normativo processuale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 2014).
6. Per la restante parte del mezzo di impugnazione, in cui si denuncia la violazione di legge con riferimento all’onere della prova, in particolare all’elemento soggettivo quanto alle operazioni soggettivamente inesistenti, il motivo è destituito di fondamento. Va reiterato al proposito che, ove l’Amministrazione finanziaria, contesti «che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi» (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5 – , Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018).
7. Orbene, alla luce dell’insegnamento menzionato vanno escluse le prospettate violazioni di legge e la sentenza è corretta in diritto, dal momento che non sono stati violati i criteri di riparto dell’onere della prova tra le parti, anche con riferimento allo specifico elemento soggettivo in termini di conoscibilità della frode secondo ordinaria diligenza, non essendo necessario fornire «prova rigorosa della partecipazione consapevole del contribuente alla frode posta in essere da terzi», come si prospetta erroneamente a p.7 del ricorso.
8. In conclusione il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 2.300,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.
Dichiara che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
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