CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 maggio 2019, n. 13634
Imposta comunale sulla pubblicità – Supporti pubblicitari inseriti all’interno di distributori automatici di fotografie – Insegne di esercizio – Esenzione
Ritenuto che
la S. s.r.l. impugnava dinanzi alla CTP di Savona l’avviso di accertamento n. 81 emesso dalla società concessionaria ICA s.r.I., nella qualità di concessionaria del Comune di Savona, avente ad oggetto l’imposta comunale sulla pubblicità relativamente all’anno 2009 per esposizioni pubblicitarie effettuate nel Comune di Savona per mezzo di macchina automatica per la realizzazione e la contestuale erogazione dì fototessera. A sostegno dell’opposizione deduceva che i mezzi pubblicitari de quibus erano riconducibili ad insegne ed in quanto tali esenti dal pagamento dell’imposta ex art. 17, comma 1 bis, d.lgs. n. 507 del 1993 avendo tutti superficie inferiore ai cinque metri quadrati.
La CTP di Savona con sentenza del 20 gennaio 2011 rigettava il ricorso confermando la validità e la fondatezza dell’accertamento.
Proposto appello da parte del contribuente, la CTR della Liguria con sentenza in data 29.9.2014, in riforma della sentenza impugnata, accoglieva l’appello e annullava l’avviso di accertamento ritenendo che i supporti pubblicitari in questione devono essere qualificati quali insegne di esercizio delle attività commerciali e di produzione di beni e di servizi e come tali esenti dal pagamento dell’imposta ex art. 2-bis della L. n. 75 del 2002.
Avverso detta pronuncia la concessionaria ICA s.r.l. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resisteva con controricorso la società contribuente.
Entrambe le parti depositavano memoria ex art. 380 bis c.p.c.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione degli artt. 17, comma 1 e comma 1 bis, d.lgs. n. 507 del 1993 nonché dell’art. 2 bis d.l. n. 13 del 2002 convertito con modificazioni nella L. n. 75 del 2002 in relazione a quanto previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.” parte ricorrente deduceva che la CTR non aveva fatto corretta applicazione dell’esenzione di cui all’art. 17 d.lgs. n. 507 del 1993 sul presupposto che i pannelli esposti potessero essere riconducibili ad insegne di esercizio e non ha dato nel contempo applicazione alle ipotesi di esenzione di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’art. 17 che, prevedendo un limite di mezzo metro quadrato di superficie per l’applicazione dell’ipotesi di esenzione, avrebbe certamente escluso la sussistenza della fattispecie agevolativa nel caso de quo.
2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione delle norme processuali di cui agli artt. 57, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 nonché degli artt. 100 e 112 c.p.c. e 115 comma 1, c.p.c. in relazione a quanto previsto dall’art. 360 comma 1 , n. 4 c.p.c.” parte ricorrente deduceva che la CTR avrebbe erroneamente pronunciato con riferimento al requisito della superficie dal momento che la relativa eccezione introdotta per la prima volta con l’atto di impugnazione era limitata alla mancata prova di una superficie superiore ai cinque metri quadrati che in realtà la concessionaria non ha mai affermato o preteso avendo assoggettato ad imposta nell’avviso di accertamento una superficie complessiva di un metro quadrato.
Il primo motivo è fondato.
La questione oggetto del presente procedimento verte sulla corretta interpretazione del concetto di insegna di esercizio delle attività commerciali e di produzione di beni e di servizi. A riguardo la sentenza impugnata ha ritenuto che i supporti pubblicitari inseriti all’interno di distributori automatici di fotografie debbano qualificarsi quali insegne di esercizio cosicché gli stessi sono esenti dal pagamento dell’imposta di pubblicità.
Giova ricordare che, in linea generale, i presupposti applicativi dell’imposta sulla pubblicità sono disciplinati dall’art. 5 del d.lgs n. 507 del 1993, a mente del quale “la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile è soggetta all’imposta sulla pubblicità prevista nel presente decreto. Ai fini dell’imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell’esercizio di una attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato.
A sua volta, l’art. 17 del medesimo d.lgs. n. 507/1993 stabilisce i casi di esenzione dall’imposta, prevedendo al comma 1 bis, per quanto qui rileva, che “l’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a cinque metri quadrati”.
L’art. 2 bis, comma 6 del d.l. 22/2/2002, n. 13, convertito in L. 14/4/2002 n. 75, ha poi chiarito che “si definisce insegna di esercizio la scritta di cui all’articolo 47, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, che abbia la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell’attività economica. In caso di pluralità di insegne l’esenzione è riconosciuta nei limiti di superficie di cui al comma 1”. Di analogo tenore è il richiamato art. 47, comma 1, del d.P.R. n. 495 del 1992, che definisce “insegna” “la scritta in caratteri alfanumerici, completata eventualmente da un simbolo o da un marchio realizzata e supportata con materiali di qualsiasi natura, installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie alla stessa. Può essere luminosa sia per luce propria che per luce indiretta”. Ne deriva, pertanto, che le insegne ubicate in luoghi diversi dalla sede sono soggette all’imposta.
In proposito, va data, pertanto, continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui “L’esenzione dall’imposta sulla pubblicità è prevista dall’art. 17, comma 1 bis, primo periodo, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni e servizi, che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, non trova applicazione per i pannelli esposti su distributori automatici, raffiguranti i prodotti commercializzati individuati da un proprio marchio, sia perché tali distributori non possono considerarsi “sede” di svolgimento dell’attività commerciale sia perché detti pannelli, in quanto mezzi pubblicitari raffiguranti il marchio del prodotto, non possono essere considerati “insegne di esercizio” (Cass. Sez.5, n. 27497/2014; Cass., Sez. 5 L n. 7778/2019).
Tanto premesso, risulta evidente che le cabine per fototessera e/o le postazioni automatiche di distribuzione di cibi o bevande non possono essere ricondotte né al concetto di sede legale né a quello di sede effettiva di esercizio dell’attività sociale.
Pertanto le insegne esposte sul distributore di fotografie non possono essere qualificate quali insegne di esercizio bensì quali insegne pubblicitarie e come tali non possono essere ritenute esenti dal pagamento dell’imposta.
Il secondo motivo di ricorso è assorbito.
Pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384, secondo comma, ultima parte, c.p.c., la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario proposto dalla contribuente.
Le spese di lite relative sia ai giudizi di merito che al giudizio di legittimità vanno compensate in ragione della peculiarità della questione affrontata.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso del contribuente;
compensa le spese di lite.
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