CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 maggio 2019, n. 13654
Rapporto di lavoro – Applicazione del CCNL scaduto senza riconoscimento di aumenti e/o adeguamenti retributivi – Lavoratori affiliati a sigle sindacali che non avevano sottoscritto l’ipotesi di rinnovo
Fatto
Rilevato che:
1. la Corte di Appello di Torino, con sentenza nr. 1157 del 2014, rigettava le domande di A. S. volte ad ottenere la condanna di A. SPA al pagamento degli adeguamenti retributivi (previsti dall’Accordo Quadro 22.1.2009), sulla base dell’indice IPCA, ed, in via subordinata, alla corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale, ai sensi dell’art. 145 del CCNL Vigilanza Privata del 6.12.2006, così riformando la sentenza del Tribunale di Torino, del 31 maggio 2012, che, pur rigettando la domanda principale del lavoratore, aveva accolto quella subordinata, con decorrenza dall’1.11.2009;
2. la Corte territoriale fondava la propria pronuncia, sostanzialmente, sui seguenti argomenti: a) era pacifico che il CCNL del 2006 fosse scaduto il 31.12.2008 e che, avviate le piattaforme sindacali a seguito di disdetta delle organizzazioni dei lavoratori, la parte datoriale avesse continuato ad applicare il contratto collettivo scaduto, senza riconoscimento di aumenti e/o adeguamenti retributivi; b) nelle more del giudizio (in data 22.1.2013), tuttavia, le parti collettive avevano stipulato l’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL con cui stabilivano il riconoscimento di una somma una tantum a titolo di indennità di vacanza contrattuale; c) l’accordo del 22.1.2013 (poi confermato dal definitivo CCNL 8.4.2013) era applicabile a tutti i lavoratori, anche a coloro che fossero affiliati alle organizzazioni sindacali non firmatarie, trattandosi del CCNL che si sostituiva a quello scaduto il 31.12.2008 (pacificamente applicato agli appellanti), con disciplina operante dal momento della sua stipulazione; d) pure risultando astrattamente vigente la normativa invocata di cui all’art. 145 CCNL previgente, relativa alla indennità di vacanza contrattuale, fino al rinnovo del CCNL nel gennaio 2013, in ragione della natura meramente programmatica dell’Accordo Quadro del 22.1.2009, cionondimeno doveva essere affermata la sua natura di elemento provvisorio, non integrante diritto quesito e pertanto suscettibile di una nuova e diversa regolamentazione; e) era, pertanto, legittima la previsione dell’una tantum a titolo di vacanza contrattuale che, nella fattispecie, le parti sociali avevano stabilito a totale copertura e definizione del pregresso periodo di vacanza, come peraltro riconosciuto, in analoghe controversie, da questa Corte, con le pronunce nn. 14356 e 14595 del 2014; che essa non è, dunque, un diritto acquisito al patrimonio del lavoratore, ma costituisce un mero anticipo, suscettibile di disciplina definitiva da parte del successivo contratto collettivo;
3. avverso la decisione ha depositato ricorso per cassazione il S., affidato a quattro motivi;
4. ha resistito, con controricorso, illustrato con memoria, la società in epigrafe;
Diritto
Considerato che:
1. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – è dedotto omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti; la censura afferisce alla mancata valutazione del dissenso espresso dai lavoratori con la dichiarazione di dissociazione dall’accordo di rinnovo del CCNL, del 19.2.2013;
il primo motivo è in radice inammissibile in quanto, benché formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 5, cod.proc.civ. novellato, non illustra affatto il «fatto storico», non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo ( secondo gli enunciati di Cass., sez.un., nn. 8053 e 8054 del 2014, costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. nr. 19881 del 2014, nr. 25008 del 2014, nr. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici), ma sviluppa, piuttosto, una serie di considerazioni in diritto in merito alla natura dei contratti collettivi di lavoro che, quali contratti di diritto comune, non sarebbero estensibili alle parti non aderenti, del tutto estranee al denunciato vizio di motivazione ed, in ogni caso, inammissibili, anche riqualificate ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ., in assenza di una specifica indicazione delle affermazioni contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, Cass. nr. 3010 del 2012 e Cass. 26.6.13, n. 16038);
2. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 e 5 cod.proc.civ. – è dedotto omesso esame circa fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti nonché violazione degli artt. 1372, 1362, 1388 cod.civ. in relazione agli artt. 144 e 145 CCNL 2004/2008; la critica investe, nel complesso, la statuizione di estensione dell’efficacia soggettiva del CCNL del 2013 ai lavoratori affiliati a sigle sindacali che non avevano sottoscritto l’ipotesi di rinnovo e rifiutavano di aderirvi; si assume che il CCNL del 2013, diversamente da quanto sostenuto in sentenza, non costituisca affatto un rinnovo del precedente CCNL, per avere un ambito soggettivo ed oggettivo differente;
anche il secondo motivo si arresta ad una valutazione di inammissibilità;
valgono, quanto al vizio di motivazione, i medesimi rilievi esposti in relazione al primo motivo; quanto alla denuncia di violazione di legge, la deduzione non soddisfa gli oneri di deduzione e specificazione imposti dagli artt. 366 nr. 6 e 369 nr. 4 cod.proc.civ.;
la critica, che investe il giudizio di «rinnovo» espresso dalla Corte di appello in relazione al secondo CCNL (id est: il contratto sottoscritto nel 2013) rispetto al precedente, scaduto il 31.12.2008, mira a sollecitare un esame, da parte di questa Corte, del contenuto dei due accordi; essa è, dunque, impedita dalla carente trascrizione delle norme dei contratti collettivi dei due CCNL, giudicate significative in relazione alla devoluta questione, (cfr. Cass. nr. 25728 del 2013; Cass. nr. 2560 del 2007; Cass. nr. 24461 del 2005 ) nonché dal mancato deposito integrale della copia degli stessi (Cass., sez. un., nr. 20075 del 2010) o dalla indicazione specifica della sede processuale in cui detti testi siano rinvenibili (Cass., sez. un., nr. 25038 del 2013);
3. con il terzo motivo, è dedotto l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti con riferimento alla violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 36 Cost. e 2099 cod.civ. in relazione agli Accordi quadro 22.1.2009-15.4.2009; la censura riguarda il rigetto della domanda diretta ad ottenere l’adeguamento della retribuzione, ai sensi dell’art. 2099 cod.civ. e 36 Cost., sulla base dell’indice IPCA di cui all’Accordo quadro del 22.1.2009 e di quello Interconfederale del 15.4.2009;
il terzo motivo è, del pari, inammissibile, poiché il vizio di motivazione, riconducibile al paradigma dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., concerne esclusivamente i fatti (storici) e non anche l’interpretazione e l’applicazione di norme giuridiche (Cass. 20468 del 2008); nel caso di specie, in particolare, non risulta configurabile alcuna omissione, ed il ricorrente si duole, in realtà, della valutazione giuridica formulata dalla corte territoriale che, nel ritenere corretto il riconoscimento della somma una tantum a titolo di vacanza contrattuale introdotta dall’art. 142 del CCNL Vigilanza Privata con l’accordo del 22.1.13 e ratificato 8.4.13 (cfr. pag. 13 ss. della sentenza impugnata ) supera la questione relativa all’indice IPCA con argomentazioni giuridiche condivisibili e conformi alla giurisprudenza di questa corte;
4. con il quarto motivo, è dedotto l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 142, 144 e 145 del CCNL 2005/2008;
le ragioni innanzi evidenziate conducono all’inammissibilità anche del quarto motivo;
la critica investe l’interpretazione di norme contrattuali, peraltro dichiaratamente resa dalla Corte territoriale in adesione ai precedenti di questa Corte (Cass. 14356 del 2014 e Cass. nr. 14595 del 2014), ed incontra i medesimi limiti, in punto di difetto di specificità, indicati in relazione al secondo motivo;
conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile, con le spese liquidate in dispositivo secondo soccombenza;
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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