CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 maggio 2020, n. 9343

Tributi – Accertamento sintetico ex art. 38, del DPR n. 600 del 1973 – Redditometro – Elementi di capacità economica

Rilevato che

S.G.B. ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, illustrati anche con una memoria, contro l’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, indicata in epigrafe, che – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di due distinti avvisi di accertamento che recuperavano a tassazione IRPEF, per i periodi d’imposta 2006, 2007, maggiori redditi non dichiarati (anno 2006: euro 28.543,02, rispetto al reddito dichiarato di euro 2.739,00; anno 2007: euro 52.895,00, rispetto al reddito dichiarato di euro 3.088,00), emessi ai sensi dell’art. 38, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e del d.m. 10 settembre 1992 (c.d. accertamento sintetico con «redditometro») – in accoglimento del gravame dell’ufficio, ha riformato la sentenza di primo grado, favorevole al contribuente;

il giudice d’appello – in assenza dell’appellato, non costituitosi dinanzi alla Commissione regionale – ha affermato che l’Amministrazione finanziaria aveva correttamente ricostruito i redditi del contribuente attraverso il «redditometro», tenendo conto di tutti gli elementi di capacità economica (comprese le liberalità dei familiari), e, per converso, escludendo determinate «disponibilità economiche extra» (euro 33.000,00), la cui destinazione non era stata provata dall’interessato; ha soggiunto che il contribuente, nel 2007, era soggetto passivo IRPEF, in quanto residente in Italia (e non in Belgio), vista la sua iscrizione all’anagrafe del Comune di Viggiù fino al 27/07/009, e che, ancora, nel periodo in esame, era possessore di alcuni beni (autovettura Chrysler pt Cruiser, cavalli fiscali 20, autovettura BMW, cavalli fiscali 26, immatricolata il 24/10/2006, prezzo di acquisto euro 44.500,00, disponibilità di abitazione principale, in Viggiù, per una quota spese pari al 50%, disponibilità di abitazione secondaria, in Viggiù, per una quota di 1/8, ceduta il 4/04/2007); la CTR, in conclusione, ha rilevato che l’organo di controllo aveva considerato anche il reddito prodotto in Belgio, nel 2007, e dichiarato per un ammontare di euro 176,00;

Considerato che

1. con il primo motivo del ricorso [I. Violazione e falsa applicazione di norme di legge ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c.: art. 38, commi 4, 5, 6 del DPR n. 600/73 e art. 4 del D.M. 10/9/1992 e 2729 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c.: in particolare della effettiva capacità di spesa per l’anno 2006 del sig. S.B. a seguito delle disponibilità economiche derivanti dalla vendita di un cespite pervenuto per successione ereditaria.], il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto che costituissero presunzioni gravi, precise e concordanti, ai fini dell’applicazione dell’accertamento sintetico mediante redditometro, circostanze irrilevanti, come l’acquisto (nel 2006) di un’autovettura BMW, visto che l’interessato, in fase amministrativa, aveva documentato le disponibilità economiche che giustificavano la propria capacità di spesa e che, inoltre, almeno nel 2007, egli era residente in Belgio;

2. con il secondo motivo [II. Violazione e falsa applicazione di norme di legge ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c.: errata applicazione delle norme sulla sussistenza del presupposto di “soggetto passivo” – l’art. 2, comma 2 del DPR n. 917/86 e dell’allora vigente art. 38, comma 4, DPR 600/73 (ante d.l. 78/2010) ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c.: in particolare della effettiva residenza in Belgio e dei redditi ivi prodotti.], il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente omesso di considerare la fondamentale circostanza che, nel 2007, egli era residente in Belgio, dove aveva definitivamente stabilito il centro dei propri interessi sicché non si poteva sostenere che egli fosse soggetto passivo d’imposta per il solo fatto di essere cittadino italiano, non iscritto all’AIRE; sotto altro aspetto, il ricorrente assume che la carenza della qualifica di soggetto passivo dell’imposta, ai sensi dell’art. 2, t.u.i.r., per l’anno 2007, avrebbe dovuto impedire l’espletamento della procedura di accertamento sintetico, ai sensi dell’art. 38, cit., nella formulazione all’epoca vigente, che richiedeva uno scostamento in misura superiore al 25% del reddito, per due annualità consecutive, il che determinava il venire meno della potestà di accertamento anche per il 2006;

2.1. i due complessi motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondati;

con riferimento alle censure di cui al n. 5, del medesimo articolo, appare evidente che il contribuente non indica, specificamente, alcun fatto decisivo per la soluzione della controversia, che sia stato «oggetto di discussione tra le parti», del quale la Commissione regionale abbia omesso l’esame, sia in punto di indici rivelatori della sua capacità contributiva, sia in punto con riferimento alla sua residenza in Italia, nelle annualità in contestazione;

con riferimento alle censure riferite al parametro di cui al n. 3, dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., è dato rilevare che la CTR, illustrando chiarezza la propria ratio decidendi, diversamente da quanto prospetta il ricorrente, afferma che egli fosse soggetto passivo di imposta, ai sensi dell’art. 2, t.u.i.r., negli anni oggetto d’accertamento, non già per il fatto di essere cittadino italiano, non iscritto all’AIRE, bensì per la circostanza che, nel detto biennio (e fino al 27/07/2009), egli risultava residente in Italia, in ragione della sua iscrizione all’anagrafe del Comune di Viggiù, fino al 27/07/2009;

escluso, quindi, il prospettato errore di diritto, in relazione al 2007 viene meno anche il presupposto oggettivo dell’ulteriore doglianza, secondo cui la CTR non avrebbe considerato che, nella fattispecie, l’accertamento sintetico era stato illegittimo, in difetto dello scostamento del reddito dichiarato (da quello ricostruito mediante il «redditometro»), in misura superiore al 25%, per due annualità consecutive;

3. con il terzo motivo [III. Violazione e falsa applicazione di norme di legge ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c.: comma 5, dell’art. 12 del D.Igs. 18/12/1997, n. 4721, il ricorrente addebita alla sentenza impugnata un errore di diritto in quanto le sanzioni pecuniarie uniche applicate – in misura di euro 6.509,00, per il 2006, e di euro 17.484,00, per il 2007 – erano illegittime poiché non tenevano conto della «continuazione» delle violazioni in periodi di imposta diversi;

3.1. il motivo è infondato;

è il caso di richiamare l’indirizzo della Sezione tributaria della Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui: «Nel processo tributario, l’art. 56 del d.lgs. n. 546 del 1992, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento, come il corrispondente art. 346 c.p.c., all’appellato e non all’appellante, principale o incidentale che sia, in quanto l’onere dell’espressa riproposizione riguarda, nonostante l’impiego della generica espressione “non accolte, non le domande o le eccezioni respinte in primo grado, bensì solo quelle su cui il giudice non abbia espressamente pronunciato (ad esempio, perché ritenute assorbite), non essendo ipotizzabile, in relazione alle domande o eccezioni espressamente respinte, la terza via – riproposizione/rinuncia – rappresentata dagli artt. 56 del detto d.lgs. e 346 c.p.c., rispetto all’unica alternativa possibile dell’impugnazione – principale o incidentale – o dell’acquiescenza, totale o parziale, con relativa formazione di giudicato interno.» (Cass. 06/06/2018, n. 14534, 27/03/2013, n. 7702, conf.: n. 1545/2007);

nella fattispecie concreta, la CTR non ha commesso alcun errore di diritto, dovendosi intendere rinunciata la questione del quantum della pena pecuniaria, non riproposta dall’appellato che, come già precisato, non ha partecipato al giudizio d’appello;

4. ne consegue il rigetto del ricorso;

5. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

P.Q.M.

rigetta il ricorso, condanna il ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.100,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater,, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti principali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 -bis del citato art. 13, se dovuto.