CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 maggio 2020, n. 9402

Tributi – Redditometro – Spese per incrementi patrimoniali – Onere di prova contraria – Utilizzo di redditi provenienti da dismissioni patrimoniali – Idonea documentazione

Fatti e ragioni della decisione

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un’unica complessa censura, contro T.G., impugnando la sentenza resa dalla CTR Sicilia indicata in epigrafe che, accogliendo l’appello del contribuente, ha considerato illegittimo l’avviso di accertamento al medesimo notificato per la ripresa di IRPEF per l’anno 2008, ritenendo dimostrata l’esistenza di redditi idonei a fare fronte alle spese familiari e dunque a superare l’accertamento redditometrico promosso dall’Ufficio in relazione alle somme percepite per effetto della vendita, in data 17.3.2006, di un immobile dalla quale il contribuente aveva ricavato euro 47.000,00. Importi idonei a giustificare, secondo la CTR, l’acquisto di un’autovettura, in parte effettuata mediante permuta e stipula di un finanziamento, inoltre risultando un reddito annuo superiore a quello considerato dall’Ufficio.

La parte intimata non si è costituita.

La ricorrente deduce la violazione dell’art. 38 d.P.R. n.600/1973 e dell’art.2697 c.c., non avendo a suo dire la CTR fatto corretta applicazione dei principi espressi da questa Corte in ordine al possesso delle somme idonee a giustificare il maggior reddito sinteticamente accertato.

La censura è fondata nei termini di seguito esposti.

Giova ricordare che questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 non riguarda la sola disponibilità di redditi ovvero di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’essere stata la spesa per incrementi patrimoniali sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, e non già con qualsiasi altro reddito dichiarato – Cass. n. 22944/2015; Cass. n. 14885/2015 Cass. n. 3756/2017 ha, sul punto, specificamente rilevato che occorre almeno un principio di prova, non potendosi valorizzare l’esistenza di somme derivanti dalla vendita di beni del contribuente in assenza di prova o serio indizio sulla riutilizzazione per scopi personali o sul riaccredito su conti personali dello stesso, risultando tale elemento generico e dunque inidoneo a vincere la presunzione derivante dall’utilizzo del redditometro.

Si è poi ricordato (Cass. n.3804/2017) che […]Cass. 8995/2014 ha poi ulteriormente chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, specificando che “a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente”.

Orbene, la CTR ha errato nel ritenere che la disponibilità acquisite nel marzo 2006 potessero essere considerate al fine di giustificare i redditi accertati sinteticamente nell’anno 2009, senza verificare in concreto la perdurante disponibilità delle somme acquisite nel marzo 2006 nell’anno di riferimento.

Sulla base di tali considerazioni , la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.