CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 marzo 2018, n. 7014
Tributi – Imposte sui redditi – Accertamento induttivo – Cessione di immobile – Plusvalenza tassabile – Determinazione sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro – Illegittimità – Art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 147 del 2015 – Efficacia retroattiva
Fatti di causa
A.F., E.F. e A.T. propongono ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana che, rigettandone l’appello, ha confermato il fondamento dell’avviso di accertamento, ai fini dell’IRPEF per l’anno 1999, con il quale veniva contestata la realizzazione di una plusvalenza dalla cessione a titolo oneroso, risalente al 14 ottobre 1999, di un terreno edificabile in Cavriglia di proprietà dei contribuenti.
Il giudice d’appello, con riguardo alla domanda dei contribuenti, già avanzata in primo grado, di annullamento degli avvisi in ragione del fatto che gli accertamenti operati ai fini dell’imposta di registro non potevano, come preteso nella specie dall’Ufficio, esplicare efficacia automatica anche sulle imposte dirette, ha ritenuto che pur essendo diversi a seconda dell’imposta da applicare i principi relativi alla determinazione del valore di un bene che viene trasferito, qualora una società non indichi in bilancio una entrata derivante dalla vendita di un bene il cui valore sia accertato in sede di imposta di registro, l’amministrazione potrà procedere ad accertamento induttivo con onere a carico del contribuente, che dovrà dimostrare la reale corrispondenza del prezzo incassato con quello dichiarato, sicché correttamente aveva proceduto nella specie l’Agenzia delle entrate; e con riguardo alla decisione del primo giudice di accogliere parzialmente i ricorsi dei contribuenti ai fini della determinazione del valore, tenendo conto della ubicazione dei terreni in zona disagiata e della limitazione della capacità edificatoria, “ha pienamente condiviso il valore dell’area compravenduta fissato dalla CTP di Arezzo in lire 20.000 al metro quadro, con conseguente conferma delle decisioni impugnate e rigetto dell’appello incidentale presentato dall’ufficio, volto ad ottenere il riconoscimento pieno di quanto richiesto con gli avvisi di accertamento oggetto del presente contenzioso”.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano “carenza di motivazione della sentenza impugnata ex art. 360, n. 5, c.p.c.”, concludendo con il seguente “quesito di diritto”: “precisi la Corte di cassazione civile, sez Tributaria, che la sentenza emessa al termine del giudizio tributario debba contenere motivazione idonea a comprendere le ragioni di fatto ed i principi di diritto che hanno condotto alla decisione e che a ciò non soddisfa il richiamo per relationem all’avviso di accertamento o alla sentenza emessa in primo grado”.
Con il secondo motivo denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 51, comma 3 e 52”, concludendo l’illustrazione con il seguente quesito di diritto: “precisi la Corte… che il riferimento al prezzo medio di mercato non è idoneo alla determinazione del valore di un terreno senza che, nell’avviso di accertamento, venga fatto riferimento ad atti, trasferimenti o perizie giudiziarie così come indicato nell’art. 51, comma 3, del d.P.R. n. 131 del 1986; precisi altresì che il ricorso alla citata formula è non adeguato alla determinazione del valore per terreni o aree aventi destinazione particolare”.
Con il terzo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 1, 3, e 54 tuir, 51 del d.P.R. n. 131 del 1986, 38 e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5, c.p.c.”, censura la conferma, ad opera del giudice d’appello, dell’accertamento fatto ai fini delle imposte sul reddito sulla base del valore definito ai fini dell’imposta di registro nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione effettuato fra l’ufficio e l’acquirente dell’immobile.
L’illustrazione del motivo si chiude col seguente quesito di diritto: “precisi … la Corte che, in ragione della difformità esistente fra imposta sul reddito ed imposta di registro, il valore del bene oggetto di trasferimento definito ai fini dell’imposta di registro nell’ambito di procedimento per accertamento con adesione effettuato fra l’ufficio ed il compratore non sia applicabile in modo automatico aII’accertamento effettuato ai fini delle imposte sul reddito nei confronti del venditore”.
Il terzo motivo è fondato, con assorbimento dell’esame dei primi due motivi, alla luce dello ius superveniens in materia di accertamento delle imposte sui redditi, costituito “dall’art. 5, comma 3, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva -, il quale esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro” (Cass. n. 11543 del 2016, n. 12265 del 2017).
Il motivo deve essere pertanto accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo dei contribuenti.
In considerazione dell’applicazione dello ius superveniens si ritiene di dichiarare compensate fra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso, assorbiti i primi due motivi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo dei contribuenti.
Dichiara compensate fra le parti le spese dell’intero processo.
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