CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 marzo 2018, n. 7036
Tributi – ILOR – Redditi derivanti da immobile concesso in leasing – Esclusione – Art. 17, co. 4, del D.Lgs. n. 504 del 1992
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 67/08/10, depositata il 31.08.2010 dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana;
con avviso di accertamento n. 42222000407, notificato il 10.03.2000 alla società E.V. s.a.s, poi incorporata nella A.W. s.r.l., l’Agenzia recuperava a tassazione € 35.028,00 a titolo di maggiore Ilor per l’anno d’imposta 1994, oltre sanzioni. L’accertamento trovava causa nella asserita illegittima esclusione dall’Ilor di importi che invece l’Ufficio riteneva dovuti. In particolare si contestava alla società l’aver portato in diminuzione ai fini Ilor l’importo di € 244.370,87 (in moneta attualmente corrente) derivante dalla differenza tra i canoni di locazione di un immobile della società, contabilizzati nel 1994, ed i costi relativi (per ammortamenti, assicurazioni e tasse). La questione controversa riguardava proprio la quantificazione del reddito da escludere dalla base Ilor, in relazione alla disciplina prevista dall’art. 17, co. 4, del d.lgs. n. 504 del 1992, onde evitare la doppia imposizione del medesimo immobile ai fini Ilor ed ICI. Secondo l’Amministrazione era errata la modalità di calcolo applicata dal contribuente, che quantificava l’importo escluso dalla vecchia Ilor sulla base del reddito effettivamente imputabile all’immobile, mentre correttamente si doveva ricorrere alla determinazione catastale, così come per i soggetti non esercenti attività di impresa, ossia applicando al valore patrimoniale dell’immobile il divisore pari a 50 (cioè il coefficiente moltiplicatore degli immobili inseriti nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, la cui base imponibile è regolata, ma ai fini lei, dall’art. 5, co. 3, del medesimo decreto legislativo).
Nel contenzioso che ne era seguito la Commissione Tributaria Provinciale di Pisa con sentenza del 23.10.2001 rigettava le ragioni della contribuente. La Commissione Tributaria Regionale aveva invece accolto l’appello con sentenza n. 54/26/04 del 9.11.2004, annullando l’avviso di accertamento. La sentenza, impugnata dalla Agenzia dinanzi al giudice di legittimità, era cassata per carenza di motivazione, con rinvio dinanzi al giudice tributario toscano, in altra composizione. Questi, con la sentenza ora impugnata, accoglieva le ragioni della contribuente, annullando l’accertamento erariale.
Con un unico motivo l’Agenzia censura la sentenza dolendosi della violazione e falsa applicazione dell’art. 17, co. 4, del d.lgs. n. 504 del 1992, nonché degli artt. 33, 34, 57 e 114 del TUIR, in relazione all’art. 360 co. 1, n. 3, c.p.c., per aver errato il giudice d’appello nelle modalità di individuazione del reddito da escludere dalla tassazione ai fini Ilor. Ha pertanto chiesto la cassazione della sentenza con ogni consequenziale provvedimento.
Si è costituita la società con controricorso, insistendo nelle sue difese e chiedendo il rigetto del ricorso avverso.
Con comunicazione del marzo 2003 il difensore della società dichiarava di aver rinunciato al mandato. Ciò nonostante ha depositato tempestivamente memorie ex art. 380 bis. 1, c.p.c.
Considerato che
la controversia verte sulla corretta interpretazione dell’art. 17, co. 4, del d.lgs. 504 del 1992, che nel disciplinare l’imposta comunale sugli immobili (ICI) ha regolato il rapporto con la vecchia imposta locale sui redditi (ILOR) al fine di evitare ipotesi di doppia tassazione dello stesso immobile.
Ciò premesso, venendo in considerazione un immobile nella proprietà della società concesso in leasing a terzi, secondo la prospettazione dell’Agenzia la deducibilità prevista dall’art. 17 cit. va ragguagliata alla rendita catastale, ossia ai criteri previsti per la determinazione del reddito di fabbricati di cui all’art. 34 del TUIR. Ha affermato che si tratta di una modalità di calcolo applicabile a qualunque immobile, appartenente ad un privato come ad una impresa, essendo del tutto indifferente l’utilizzo del bene stesso ai fini ICI; di conseguenza ha sostenuto l’erroneità di un criterio che consideri non già la rendita catastale, ma il reddito d’impresa del contribuente. A tal fine ha invocato le istruzioni per la compilazione della dichiarazione annuale mod. 750/95 e della circolare 34/1993, secondo cui <<per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, ai fini dell’esclusione dell’ILOR va fatto riferimento al valore determinato applicando ai costi di acquisizione degli immobili i coefficienti di aggiornamento stabiliti in relazione all’anno in cui detti costi sono stati sostenuti (cioè l’imponibile determinato ai fini ICI). Da tale valore patrimoniale dell’immobile occorre desumere sia pure convenzionalmente il reddito applicando il divisore pari a 50 che è il coefficiente di moltiplicazione applicabile alle rendite catastali delle unità immobiliari classificate nel gruppo D>>. È quanto ha provveduto a fare l’Ufficio, sostenendo che la diversa interpretazione della società, che prende in considerazione il canone leasing, porterebbe alla quantificazione di un reddito scaturente dall’utilizzazione dell’immobile, che costituisce però operazione di natura commerciale e non di puro godimento dell’immobile.
Tale impostazione è criticata dalla contribuente, secondo cui invece il tenore della norma impone una interpretazione finalizzata alla non imponibilità ai fini Ilor dei redditi dei fabbricati assoggettati all’imposta comunale sugli immobili, laddove il sintagma “redditi di fabbricati” va inteso nella accezione più ampia per impedire fenomeni di doppia imposizione. Ne deriva che in presenza di canoni di locazione contrattualmente regolati debba seguire <<l’esclusione oggettiva e incondizionata dei redditi riferibili agli immobili dalla base imponibile Ilor>>.
Queste in sintesi le posizioni delle parti, certo inconciliabili, l’art. 17, co. 4, cit. afferma che <<sono esclusi dall’imposta locale sui redditi i redditi di fabbricati a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali od oggetto di locazione,…>>. La piana lettura della norma non consente interpretazioni che in concreto determinino sperequazioni nella disciplina impositiva di un immobile quando da ciò possa derivare la violazione del divieto di doppia imposizione. Il riferimento normativo a qualunque utilizzo del bene, subito accompagnato dalla specificazione che nel concetto sono compresi i beni strumentali od oggetto di locazione, non può indulgere verso interpretazioni per le quali sia indifferente l’appartenenza dell’immobile ad un privato o ad una società, la sua strumentalità o meno, la sua utilizzazione diretta o indiretta perché locato a terzi. È infatti logicamente scorretto ritenere che debba sempre e solo procedersi alla determinazione del reddito dei fabbricati secondo le modalità previste per i redditi fondiari (e dunque, anche per i beni strumentali locati a terzi, applicando al valore patrimoniale determinato ai fini ICI sempre e solo il coefficiente di moltiplicazione relativo alle rendite catastali delle unità immobiliari classificate nel gruppo D). L’unicità delle modalità non sarebbe infatti idonea ad escludere del tutto l’area della doppia imposizione.
Soccorre d’altronde la stessa giurisprudenza di legittimità che, in una ipotesi nella quale una società immobiliare con fabbricati produttivi di reddito di locazione lamentava l’assoggettamento all’Ilor, ha affermato che <<[la società] non avrebbe potuto essere assoggettata all’Ilor, neppure per una quota limitata del reddito tassabile prodotto da fabbricati assoggettati all’ICI>>, ostandovi il disposto dell’art. 17 co. 4, cit. (Cass., Sez. 5, sent. n. 9550/2011). Soccorrono anche i principi affermati da C. Cost., sent. n. 403 del 2000.
Né ha rilievo la circostanza che si tratti di canoni di un contratto di locazione oppure di canoni percepiti nell’alveo di un contratto di leasing, non assumendo differenza ai fini impositivi la struttura giuridica negoziale nella quale viene percepito il canone medesimo.
Deve in conclusione ritenersi corretta la modalità di calcolo applicata dalla contribuente, che ha provveduto a portare, quale variazione in diminuzione ai fini Ilor, l’importo corrispondente alla differenza tra i canoni di locazione finanziaria, pari a vecchie £ 600.000.000, e i costi relativi agli immobili, pari a £ 126.833.000, e così l’imposto di £ 473.168.000 (pari ad € 244.370,87), così escludendo dall’Ilor ai fini della detassazione la porzione di reddito d’impresa derivante dal possesso del fabbricato, senza applicazione di criteri forfettari, come invece preteso dalla Amministrazione.
In conclusione la censura sollevata dalla Agenzia avverso la sentenza è infondata.
Considerato che
Il ricorso va rigettato; la complessità della questione giustifica la compensazione integrale delle spese di causa;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; compensa le spese.
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