CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 marzo 2018, n. 7058
Plurimi contratti di lavoro a progetto – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – Valutazione delle risultanze istruttorie concernenti le concrete modalità esecutive della prestazione – Ricorso per Cassazione inammissibile
Rilevato
che con sentenza n. 5308 del 2012 il Tribunale di Palermo ha dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con mansioni di segretaria, tra R.V. e la L.S. S.p.A. a decorrere dal 26 maggio 2008, condannando la società resistente a corrispondere alla lavoratrice le retribuzioni che avrebbe maturato a decorrere dalla data di offerta della prestazione del 16.12.2011 sino alla riammissione in servizio;
che con decisione del 29 gennaio 2015, la Corte d’Appello di Palermo ha riformato la pronuncia di primo grado, respingendo le domande formulate nel ricorso introduttivo;
che avverso tale sentenza R.V. ha proposto ricorso nei confronti della Curatela del Fallimento L.S. S.p.A. affidato a due motivi;
Considerato
che con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 61, comma 1, 69 comma 2 del d.lgs. n. 276 del 2003 e 2094 c.c. per aver la Corte d’appello ritenuto, in base alle risultanze istruttorie, che le modalità esecutive delle prestazioni rese dalla ricorrente nell’ambito dei contratti di lavoro a progetto stipulati con la L.S. S.p.A. non presentassero le caratteristiche tipiche della subordinazione;
che, con il secondo motivo, si deducono violazione dell’art. 2697 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio;
che in particolare, viene censurata la decisione del giudice di secondo grado nella parte in cui sarebbe incorsa in violazione di legge per aver ritenuto assente la c.d. etero direzione dell’attività lavorativa svolta e sussistente, invece, una autonomia della prestazione riconducibile nell’ambito del disposto di cui agli artt. 61 e ss. Del d.lgs. n. 276/2003, esclusivamente in base alla circostanza di fatto, emersa in giudizio a seguito dell’attività istruttoria e ritenuta “assai significativa” dalla Corte, secondo cui l’orario di lavoro “veniva concordato in relazione alle esigenze di tutti gli addetti alla segreteria”, modalità, questa, reputata incompatibile dal giudice di merito con il rapporto di lavoro subordinato;
che va premesso che parte ricorrente non censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che le mansioni affidatele nell’ambito del Programma Triennale Tutela Ambientale, Progetto n. (…) – consistenti in compiti di supporto alle attività amministrative e di coordinamento delle attività formative, in collegamento operativo con i coordinatori e col direttore del progetto ed attinenti in particolare alla segreteria propedeutica allo svolgimento dei corsi – fossero stati ritenuti oggettivamente congruenti con l’oggetto dei contratti a progetto stipulati ma, invece, solo in ordine alle concrete modalità esecutive del rapporto di lavoro a progetto in questione ed in particolare agli indici rivelatori della subordinazione (sulla assenza del progetto come mancanza della relativa pattuizione o difetto di specificità ed autonomia, da ultimo, Cass. n. 8142 del 2017);
che il primo motivo deve reputarsi infondato atteso che la valutazione delle risultanze istruttorie concernenti non la congruità delle mansioni con il progetto, bensì le concrete modalità esecutive della prestazione e, in particolare, la previsione della possibilità per gli addetti alla segreteria di accordarsi in relazione alle esigenze di tutti i lavoratori, quale indice rivelatore dell’autonomia della prestazione, incompatibile con il rapporto di lavoro subordinato, rappresenta una valutazione di fatto incensurabile in cassazione ove immune da vizi logici in quanto l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito – e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare – non è mai sindacabile in sede di legittimità (ex plurimis, Cass. Sez. III, n. 9356 del 2017);
che del pari infondato è, poi, il secondo motivo poiché, con riguardo alla violazione dell’art. 2697 cod. civ. tale censura può essere proposta soltanto qualora l’onere della prova venga erroneamente addossato alla parte che di esso non possa essere gravata, circostanza non ricorrente nel caso di specie, mentre, in ordine alla omessa motivazione su un fatto decisivo, consistente nell’esame delle risultanze istruttorie acquisite nel giudizio di secondo grado, da cui emergerebbe l’esistenza di un’attività costantemente sottoposta al controllo datoriale, si tratta, anche in tal caso, di una valutazione di fatto totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., disposto dall’art. 54 co 1, lett. b), del DL 22 giugno 2012 n. 83, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012 n. 134 che ha limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte -formatasi in materia di ricorso straordinario- in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità ( fra le più recenti, Cass. n. 23940 del 2017);
che, pertanto, il ricorso deve essere respinto;
che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in favore della parte costituita, che liquida in euro 4.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13.
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