CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 marzo 2019, n. 8096
Tributi – IRPEF – Ritenute su trattamento di previdenza integrativa aziendale – ex dirigente ENEL
Rilevato che
La Commissione tributaria regionale del Piemonte – a seguito di rinvio disposto con sentenza di questa Corte n. 7729/13, che recepiva il principio di diritto enunciato da Cass., Sez. Un., n. 13642 del 2011 – con decisione in data 16 dicembre 2016 ha accolto il ricorso in riassunzione proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate da A.P., ex dirigente ENEL. La CTR riteneva dovuto il rimborso delle maggiori ritenute IRPEF operate sul relativo trattamento di previdenza integrativa aziendale (Fondo P., divenuto poi Fondenel) con l’aliquota fissata per l’indennità di fine rapporto, in luogo dell’aliquota del 12,50% prevista per i redditi di capitale, sulla base di perizia redatta dal dott. P., rilevando che, pur non essendo il fondo P. dotato di autonomia giuridica e patrimoniale distinta da ENEL, i capitali versati dal dipendente e dal datore di lavoro erano stati tuttavia investiti da ENEL ed avevano generato una redditività corrispondente a quella ottenuta da ENEL sul mercato.
Avverso la pronuncia resa dalla CTR quale giudice del rinvio, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste con controricorso il contribuente, che ha depositato successiva memoria.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Considerato che
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia violazione dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ. per mancata attuazione del principio di diritto sancito nella pronuncia di cassazione con rinvio.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 124 del 1993, art. 3, d.l. n. 669 del 1996, art. 1, d.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16, 17 e 42, I. n. 482 del 1985, art. 6, e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR omesso di verificare se il capitale accantonato alla gestione P. fosse stato effettivamente investito su mercato e, al contempo, ritenuto che i conteggi svolti nell’elaborato peritale prodotto dal contribuente determinassero il rendimento da assoggettare all’aliquota del 12,50%.
I due motivi, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati.
Invero, la decisione impugnata risulta in contrasto con l’orientamento di questa Corte (decisamente prevalente rispetto a talune decisioni di segno diverso), in base al quale «le prestazioni erogate in forma capitale a soggetto iscritto, da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, a fondo di previdenza complementare aziendale (quale Fondenel, in precedenza P.) sono assoggettate a duplice trattamento tributario: a) agli importi maturati a decorrere 1° gennaio 2001, si applica interamente il regime di tassazione separata di cui all’art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 T.U.I.R.; b) agli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui all’art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 T.U.I.R., per quanto riguarda la sorte capitale corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro; mentre, alle somme rivenienti dalla liquidazione del cd. rendimento – per tale esplicitamente intendendosi il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato – si applica la ritenuta del 12,50% prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6. Secondo il vincolante principio di diritto imposto dalla decisione di rinvio, per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, il discrimine tra l’applicazione dell’aliquota del 12,50% e la sottoposizione a tassazione separata va, dunque, riferito alla ricorrenza o meno di concreta gestione sul mercato del capitale accantonato» (cfr., ex multis, Cass. n. 26318 del 2017; in senso conforme, Cass. nn. 24525, 24526, 24528, 15835, 15038, 14394, 13278, 11831, 11837, 11625, 10285, 720, 583, 588 del 2017; Cass. n. 5023 del 2018).
In particolare, questa Corte ha ripetutamente chiarito che il principio di diritto affermato da Cass., Sez. Un., n. 13642 del 2011 implica la necessità di una ricostruzione dell’impiego delle somme sul mercato – non necessariamente finanziario, come precisato da Cass. n. 4943 del 2018, con apposita verifica se vi sia stato «l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato» e quale sia stato «il rendimento di gestione conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%»; di conseguenza, gravando sul contribuente che impugni il rigetto di una istanza di rimborso – quale attore in senso sostanziale – l’onere di provare il fondamento della sua pretesa, questi è tenuto a dimostrare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, non senza che detto onere probatorio possa ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero rinvio «al conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, non contenente alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, così da chiarire se si trattasse effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato» (ex aliis, Cass. n. 31222 del 2017). Nella fattispecie in esame, pertanto, a fronte della radicale contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria della pretesa restitutoria avanzata dal contribuente, l’onere probatorio su quest’ultimo gravante non può ritenersi assolto, come invece ritenuto dalla CTR, mediante la produzione in giudizio di una relazione tecnica di parte, la quale costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio (Cass. n. 16552 del 2015).
Posto che il requisito dell’essere il rendimento imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato identifica la ragione stessa della più favorevole tassazione del reddito, è da escludere che tale requisito possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio dell’ENEL (rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito). Tale coerenza (del rendimento ottenuto dal capitale accantonato con quello ottenuto dal patrimonio dell’ENEL) costituisce, infatti, comunque un dato estrinseco e non causale, nel senso che il primo non può comunque considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perché abbia a configurarsi il reddito da capitale della specie richiesta, essendo al contrario esso stesso dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale (cfr. Cass. n. 4943 del 2018, cit.).
Il Collegio, in definitiva, intende dare seguito all’orientamento in base al quale il più favorevole criterio impositivo di cui si detto può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento. E la prova di ciò deve essere fornita dal contribuente, attore sostanziale del preteso rimborso IRPEF, anche in sede di giudizio di rinvio (cfr. Cass. n. 19424 del 2015, Cass. n. 26108 del 2018).
Sulla base delle superiori considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti anche in memoria dal controricorrente, il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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