CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 novembre 2019, n. 30373
Agevolazioni fiscali – Rimborso imposte – art. 9, co. 17, della legge n. 289/2002 – Contribuenti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa – Soggetti ammessi alle agevolazioni – Attività d’impresa professionale – Ammissibilità
Rilevato che
l’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza n. 228/18/12, depositata il 25/10/2012, con la quale la CTR della Sicilia, Sez. Stacc. Di Catania, in riforma della decisione del giudice di prime cure, ha riconosciuto il diritto di M.E., al rimborso delle imposte versate per IRPEF-ILOR ed IVA per gli anni 1990-1991-1992, ai sensi dell’art. 9, comma 17, della legge n. 289/2002, recante disposizioni in favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa;
la CTR della Sicilia, per quanto qui rileva, fondava il riconoscimento del diritto al rimborso, in relazione all’art. 9, comma 17, della legge n.289/02, come interpretato da questa Corte (Sent. n. 20641/2007), secondo cui è stata ritenuta applicabile la disciplina agevolativa, sia in riferimento a chi non aveva pagato i debiti tributari, sia a favore di chi, come l’attuale ricorrente, aveva regolarmente adempiuto agli obblighi tributari; avverso la pronuncia della CTR ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi ad un unico motivo;
M.E., ritualmente intimato, resiste con controricorso e memoria ex. art. 380 bis c.p.c.
Considerato che
1. con l’unico motivo dedotto viene denunciata in relazione all’art. 360, comma 1°, n.3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge n. 289/2002, per avere la CTR, erroneamente, ritenuto che coloro che avevano regolarmente versato le imposte potessero beneficiare delle agevolazioni collegate all’evento sismico; nello specifico il quesito posto dalla ricorrente, consiste nello stabilire se i benefici fiscali di cui all’art.1, comma 665 della legge n. 190/2014 possano applicarsi ai lavoratori autonomi (notaio);
2. Su tale problematica, dopo alcune pronunce (vedi Cass. n. 10084/2017) per le quali, ai sensi dell’art.1, comma 665, della legge n. 190 del 2014, il diritto al rimborso del 90% delle imposte versate, con eccezione di quanto pagato a titolo di IVA, spetterebbe anche al contribuente libero professionista, si è di recente consolidato presso questa Corte un orientamento di segno contrario alla suddetta estensione (Cass. nn. 30213/2018, 29483/2018, 26750/2018, 225270/2018, 24376/2018, 19060/2018, 18803/2018, 18246/2018, 16624/2018, 14328/2018, 14324/2018, 13499/2018, 3070/2018).
3. Questi i passaggi argomentativi che sorreggono tale indirizzo.
4.0. Lo svolgimento di un’attività di impresa costituisce limite all’applicabilità del beneficio in esame, posto che il diritto al rimborso delle imposte versate per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10 per cento previsto dall’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in favore dei “soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990″, è espressamente escluso per “quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea”, anche perché la Corte di giustizia nella sentenza del 17/07/2008, in causa C-132/06, aveva già rilevato l’incompatibilità delle disposizioni condonistiche di cui alla legge n. 289 del 2002 con il sistema comune dell’IVA, in quanto, introducendo rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano, alteravano il principio di neutralità fiscale.
4.1. Con la decisione del 14/08/2015, C (2015) 5549 final indicata in ricorso, e intervenuta nel corso del giudizio di appello, la Commissione UE ha stabilito, all’art. 1, che “Le misure di aiuto di Stato” (introdotte da una serie di leggi italiane elencate nel provvedimento) “che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno”, salvo che si tratti di “aiuto individuale” che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014”, ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (art. 2 della decisione) o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’articolo 1 del regolamento (CE) n. 994/98 (…) o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (art. 3).
4.2 Sempre secondo la Commissione UE (punto 134 della predetta pronuncia), “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perché il beneficio, individuale e concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perché il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perché il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)”;
4.3. Le decisioni adottate dalla Commissione delle Comunità europee, nell’ambito delle funzioni ad essa conferite dal Trattato CE sull’attuazione e lo sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse comunitario, ancorché prive dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, costituiscono fonte di produzione di diritto comunitario, anche con specifico riguardo alla materia degli aiuti di Stato, e quindi vincolano il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla sua cognizione, obbligandolo a dare attuazione al diritto comunitario, se necessario attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso.
4.4. Recando una normativa che, all’evidenza, detta una nuova disciplina del rapporto controverso, la decisione della Commissione costituisce ius superveniens, che nella specie avrebbe già dovuto essere rilevato ex officio dalla CTR e che deve essere ovviamente esaminato in questa sede di legittimità, a prescindere dall’assetto argomentativo (per la verità, non proprio lineare) con cui in ricorso ne è stata devoluta la correlazione con la nucleare questione della spettanza o meno dei benefici a contribuente che eserciti una libera professione intellettuale c.d. protetta.
4.5. A seguito della decisione in parola, diventa punto dirimente per l’individuazione della categoria degli esclusi dal beneficio, la nozione eurounitaria d’impresa, che, per giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte giustizia: 23/04/1991, Hofner & Elser; 16/11/1995, Federation francaise des societes d’assurances; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, Selex Sistemi Integrati). Ciò si raccorda sia con la normativa fiscale europea, per la quale è soggetto passivo d’imposta sul valore aggiunto “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività (art. 9, 51, Direttiva UE, n. 2006/112/CE; conf. art. 4, Direttiva UE, n. 77/388/CE)”, sia con la normativa europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che “i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi’ (art. 1, §8, Direttiva UE, n. 2004/18/CE)”;
4.6. Tale peculiare nozione di “impresa” (che presenta caratteri comuni a quella di “attività economica”, perché questa ne rappresenta l’elemento costitutivo) è stata peraltro recepita dalla decisione del 14/08/2015, C (2015) 5549 final, della Commissione UE, invocata dalla ricorrente Agenzia, nella parte in cui si afferma che i “soggetti che non svolgono attività economica (…) non vanno considerati come imprese” (punto 134). Ciò, infatti, significa che non importa neppure che l’attività economica possa essere una libera professione regolamentata da norme nazionali e soggette a precise autorizzazioni (attività professionali “protette”) e che le prestazioni possano essere intellettuali, tecniche o specialistiche (v. Commissione UE, 30/01/1995, n. 95/188/CE; conf. Corte giustizia, 23/04/1991, Hoefner e 18/06/1998, Commissione vs. Italia).
5. Alla luce dei superiori principi, nel caso di specie lo svolgimento da parte della contribuente di un’attività d’impresa, nei termini euro-unitari sopra specificati, è, incontestabile, esercitando essa la professione notarile.
6. Una volta accertato che il contribuente svolge un’attività economica (professionale), il giudice del merito dovrà di conseguenza verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 della citata decisione UE). A tal fine, egli dovrà: i) non arrestarsi all’importo del rimborso che si domanda, essendo indispensabile richiedere al contribuente l’ulteriore e necessaria autocertificazione (dichiarazione di responsabilità) di non avere usufruito di altri aiuti ed agevolazioni nell’anno cui si riferisce la richiesta di rimborso e nei due precedenti; tenere presente che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza (cfr. Cass. n. 22377 del 2017 che richiama Cass. n. 11228 del 2011: conf. n. 29905/2017, cit.); iii) tenere conto, infine, del fatto che, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. n. 14465/2017).
7. In difetto dei predetti presupposti di operatività della regola de minimis, il giudice del merito dovrà valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la decisione della Commissione UE del 14/08/2015, C(2015) 5549 final, fanno ritenere comunque compatibile gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (punto 150, lett. b)), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame”(punto 136); il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla “impresa”, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o altre misure di aiuto)(cfr. punto 148 della decisione della Commissione).
8. Nella specie, mancando agevolazioni già concesse e da recuperare, in quanto è il contribuente stesso che, avendo assolto a suo tempo all’intera imposizione fiscale, chiede il rimborso dell’eccedenza versata rispetto al dovuto in applicazione dell’art. 6, commi 4-bis e 4-ter, d.l. 29/11/2008, n. 185, le verifiche fattuali ora richieste dalla decisione della Commissione per la valutazione finale della domanda (come la circostanza che l’aiuto per importi e arco temporale sia in linea con il regolamento de minimis) (pp.134, 136, 148, 150 lett. b) dec. cit.) sono ovviamente incompatibili con il giudizio di legittimità, donde l’impossibilità di decisione nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c. invocata in memoria dalla controricorrente. Per le stesse ragioni, ovverosia a motivo del fatto che il caso in esame concerne una domanda di rimborso, non rilevano, diversamente da quanto osservato sempre in memoria la controricorrente, le statuizioni della decisione in punto di recupero di aiuti già concessi. In relazione ai quali mette conto osservare, per mera completezza, che benché la Commissione UE abbia espressamente previsto un’eccezione all’obbligo di recupero degli aiuti già erogati, ove sia giustificata dalla scadenza del termine decennale di conservazione dei documenti contabili (punto 150), tale eccezione va interpretata in maniera restrittiva, non essendo possibile autorizzare, per analogia, successivamente all’adozione della decisione impugnata, l’erogazione automatica di aiuti dichiarati incompatibili, senza privare di efficacia pratica detta decisione e l’intero sistema di controllo degli aiuti di Stato (così Trib. UF, 26/01/2018, Centro Clinico e Diagnostico G.B. Morgagni, punti 596-597 e 98-104, che ha respinto l’impugnazione proposta contro la più volte citata decisione della Commissione UE del 14.8.2015).
9. Ovviamente, l’onere di provare le circostanze indicate ai precedenti punti 6 e 7 incombe al soggetto che invoca il beneficio. Tuttavia, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello), e la sua diretta incidenza, sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono l’esibizione, in sede di rinvio degli ulteriori documenti necessari per l’accertamento di quei fatti che, in precedenza, non erano indispensabili ai fini della decisione, ma che ora costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica dell’UE (Cass. nn. 22377/2017, 29905/2017);
10. conclusivamente, il ricorso va accolto e la impugnata sentenza cassata con rinvio alla competente CTR che, in diversa composizione, rivaluterà la vicenda in conformità ai superiori principi di diritto, regolamentando anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e per l’effetto rinvia alla CTR della Sicilia che, in diversa composizione provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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