CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 ottobre 2022, n. 31227
Infortunio sul lavoro – Rendita INAIL – Azione di regresso – Accoglimento – Impugnazione – Mancato rispetto dei termini ex art. 325 cod. proc. civ – Decadenza
Rilevato che
1. Il Tribunale di Palermo, adito dall’Inail con azione di regresso, ha condannato A.S.A., in proprio e quale legale rappresentante della S. s.r.l., a versare all’Istituto la somma corrispondente alla rendita vitalizia capitalizzata erogata in relazione all’infortunio occorso il 27.1.2011 a F.G..
2. La Corte d’Appello di Palermo, in parziale accoglimento dell’appello di A., ha rideterminato l’importo da versare all’Inail in euro 522.330,31, confermando nel resto la decisione di primo grado.
3. La Corte territoriale ha ritenuto: che l’avvenuta archiviazione del processo penale iniziato nei confronti dell’appellante non precludesse un autonomo accertamento della condotta antigiuridica nel giudizio civile; che il Tribunale avesse validamente individuato nell’amministratore della società il soggetto titolare dell’obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori, non risultando alcuna valida delega di funzioni; che il primo giudice avesse correttamente individuato la fonte di responsabilità dell’appellante nel non avere impartito le direttive necessarie all’esecuzione in sicurezza della prestazione e nell’omessa vigilanza durante tale esecuzione;
che era stato infatti accertato che, conclusi i lavori di potatura e rimasto un ultimo ramo che si protendeva sulla strada, anziché usare il cestello elevatore presente in cantiere e adoperato fino a quel momento, si preferì fare uso di una scala a pioli in alluminio, per velocizzare le operazioni e ciò alla presenza del responsabile di cantiere; che l’utilizzo della scala era contrario alle norme di sicurezza sia per l’altezza apprezzabile del ramo da tagliare (tre-quattro metri), sia a causa della pioggia; che l’imprudenza nell’uso della scala aveva avuto un ruolo causale rispetto al verificarsi dell’evento lesivo.
4. Avverso tale sentenza A.S.A., in proprio e quale legale rappresentante della S. s.r.l., ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. L’Inail ha resistito con controricorso.
5. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
Considerato che
6. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione degli artt. 342 n. 2 e 329, comma 2, c.p.c. Si sostiene che la domanda dell’Inail non meritasse accoglimento perché la società datoriale e il legale rappresentante avevano assolto all’obbligo di sicurezza, come accertato in sede penale ove è stata disposta l’archiviazione del procedimento, e che l’infortunio è derivato solo da negligenza e arbitrarietà nella condotta del lavoratore.
7. Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in quanto la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto delle deposizioni dei testi e della condotta arbitraria del lavoratore, che aveva autonomamente deciso di salire sulla scala senza previamente allacciare l’imbracatura di cui era dotato.
8. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 111, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008. Si sostiene che quanto scritto in sentenza sul rischio nell’uso della scala a pioli fosse smentito dai testimoni.
9. Deve preliminarmente rilevarsi, come peraltro eccepito dall’Inail nel controricorso, che il ricorso per cassazione risulta proposto senza il rispetto dei termini di cui all’art. 325 cod. proc. civ.. Difatti, la sentenza d’appello è stata pubblicata il 29.10.2020 e notificata a mezzo p.e.c. in data 4.11.2020. Il ricorso per cassazione risulta notificato a mezzo p.e.c. in data 28.4.2021, oltre il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c.
10. Il mancato rispetto dei termini citati comporta la decadenza dall’impugnazione, con declaratoria di inammissibilità del ricorso.
11. Il ricorso è, comunque, inammissibile.
12. Le censure mosse con i motivi di impugnazione, se pure veicolate attraverso la denuncia di violazione di norme di diritto (tra cui l’art. 111 d.lgs. 81/2008) e di norme processuali (342 e 329 c.p.c.), investono, mediante ampi riferimenti alle prove raccolte, la valutazione compiuta dalla Corte di appello sulla dinamica dell’infortunio, sulla condotta del lavoratore e dei soggetti responsabili dell’osservanza delle norme di prevenzione, opponendo la tesi della arbitrarietà della condotta del lavoratore, basata su una ricostruzione in fatto diversa da quella fatta propria dalla sentenza impugnata.
13. Tali censure esorbitano dai limiti di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., come definiti dalle S.U. di questa Corte con le sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014 e non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità.
14. Neppure ricorre il vizio di violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., atteso che la sentenza d’appello reca una motivazione, come sopra riassunta, che soddisfa ampiamente i requisiti del cd. minimo costituzionale (v. Cass. S.U. n. 8053 e 8054 del 2014 cit.) e che solo attraverso un riesame fattuale, inammissibile in questa sede, potrebbe essere rimessa in discussione.
15. Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
16. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
17. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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