CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 settembre 2020, n. 19654
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Appello – Sentenza – Motivazione per relationem – Valutazione critica dei fatti – Legittimità
Rilevato che
– con la sentenza gravata la Commissione Tributaria Regionale ha respinto l’appello dei contribuenti e quindi confermato la pronuncia del primo giudice, dichiarando legittimo l’atto impugnato, avviso di accertamento per Iva, Irpeg ed Irap 2004 in capo alla società e per connessa IRPEF 2004 in capo ai soci della stessa;
– avverso la sentenza di cui sopra propone ricorso per cassazione la società contribuente unitamente ai soci della stessa con atto affidato a tre motivi; l’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso;
Considerato che
– con il primo motivo si censura la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, primo e terzo comma, sotto il profilo sia della violazione di legge sia del vizio motivazionale, per avere la CTR erroneamente e senza fornire motivazione ritenuto legittimi gli atti impugnati ancorché quelli indirizzati ai soci fossero privi di sottoscrizione del capo dell’Ufficio;
– il secondo motivo di ricorso denuncia l’omessa pronuncia della CTR ex art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. sull’eccezione di nullità degli avvisi di accertamento in quanto difettosi di firma del capo dell’Ufficio o funzionario di carriera direttiva specificamente delegato;
– i motivi costituiscono frammentazione di una medesima censura e possono esser oggetto di trattazione congiunta;
– gli stessi sono sia inammissibili, sia infondati;
l’inammissibilità deriva, come osservato correttamente in controricorso, dalla circostanza della proposizione della questione solo in secondo grado e non con il ricorso introduttivo del giudizio di prime cure; ed invero parte ricorrente non trascrive in ricorso né indica il locus processuale relativo alla tempestiva introduzione nel giudizio di tal profilo; pertanto correttamente la CTR non ha pronunciato sul punto;
– né può ritenersi, infine, che l’eccezione relativa al difetto di firma costituisca questione rilevabile nei gradi successivi al primo, dovendo ritenersi la stessa ammissibile solo ove proposta tempestivamente con il ricorso di fronte alla CTP (Cass. 25280/2015);
– il terzo motivo si incentra sulla omessa motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, sulla motivazione illogica e contraddittoria ex art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. e sulla violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riguardo all’art. 7 d. Lgs. n. 212 del 2000, agli artt. 38 e 39 d.P.R. n. 600 del 1973, art. 2697 c.c. e 2727, 2729 c.c., in ordine alla ripresa a tassazione fondata sulla determinazione delle percentuali di ricarico;
– in sintesi, si denuncia l’avere la CTR fondato la propria decisione solo sulla rideterminazione delle percentuali di ricarico, senza prendere in considerazione altri elementi, avendo violato la disciplina di ripartizione dell’onere probatorio quanto alle presunzioni applicabili in materia e infine avendo omesso di esporre le ragioni della ritenuta fondatezza delle percentuali di ricarico applicate;
– il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato;
– quanto alla parte costituente censura motivazionale, la stessa non può esser qui esaminata, in quanto in sostanza denuncia vizio di motivazione della sentenza impugnata, vizio che in questo caso non può essere dedotto; infatti, poiché la sentenza impugnata risulta depositata in data 30 ottobre 2013 trova applicazione, quanto ai motivi di ricorso e ai vizi deducibili per cassazione, il nuovo testo dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. (come modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, cosiddetto “Decreto Sviluppo”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 26 giugno 2012, n. 147, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 187 del 11-08-2012). Tal disposizione, applicabile alle sentenze pubblicata a partire dall’11 settembre 2012, quindi anche alla pronuncia qui gravata che risulta depositata ben dopo tale data, di adire la Suprema Corte non per vizio di sufficienza motivazionale ma per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;
– anche poi a voler qualificare il motivo come proposto secondo il disposto vigente ratione temporis dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., il mezzo risulta comunque inammissibile, non avendo parte ricorrente indicato in modo chiaro e preciso il fatto il cui esame è stato omesso dalla CTR e la sua decisività al fine della risoluzione della controversia;
– come è noto, poi, quanto alla motivazione per relationem che nel presente caso la CTR ha adottato, va precisato che essa determina la nullità della sentenza solo ove consti di una generica condivisione della ricostruzione in fatto delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse alla luce dei motivi di gravame (Cass. Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Sez. 5, Sentenza n. 20648 del 14/10/2015, in adesione al principio espresso da Sez. U, Sentenza n. 14814 del 04/06/2008). Nella specie, la CTR non si è limitata a un generico rinvio alla pronuncia della CTP, ma ha dimostrato di condividerne specificamente il contenuto, in base peraltro a motivi di censura che ha qualificato come in sostanza meramente ripetitivi di quelli esposti nel ricorso introduttivo;
– nel concreto, poi, quanto all’ulteriore articolazione del motivo quale violazione di legge, il motivo stesso risulta inammissibile, in quanto diretto a sollecitare questa Corte al riesame del merito;
– infatti, sub specie del denunciato vizio di violazione di norme di diritto la ricorrente ha inteso in realtà prospettare una diversa valutazione del quadro indiziario rispetto a quella operata dal giudice tributario d’appello, la qual cosa resta preclusa in sede di legittimità (cfr., ex multis, Cass. sez. 6-5, ord. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. sez. 6-5, ord. 7 aprile 2017, n. 9097);
– in ordine, poi, alla distribuzione dell’onere della prova delle variazioni, tra diversi anni d’imposta, delle condizioni incidenti sulla percentuale di ricarico, questa Corte ha già precisato che “in tema di accertamento analitico induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi, atteso che, in base all’esperienza, non si tratta di una variabile occasionale, per cui incombe sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali diverse“; onere che nel presente caso, secondo l’accertamento di fatto operato dalla CTR e non più suscettibile di contestazione in questa sede, non è stato adempiuto;
– conseguentemente, il ricorso è integralmente rigettato;
– la soccombenza regola le spese;
– sussistono i presupposti per il c.d. “raddoppio” del contributo unificato;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; liquida le spese in euro 5.000 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari quello dovuto per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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