CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 settembre 2021, n. 25581
Tributi – Riscossione – Iscrizione a ruolo straordinaria ex artt. 11 e 15-bis del DPR n. 602 del 1973
Ritenuto che
1 La soc. R.C.S. srl impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Messina la cartella di pagamento – contenente iscrizione a ruolo straordinaria effettuata ai sensi dell’art. 15 bis del dPR 602/73 – con cui R.S. spa richiedeva il pagamento dell’importo pari ad € 2.366.790,06, di cui € 94.393,00 a titolo di Iva, € 463.813,50 di Ires, € 34.307,00 di Irap oltre sanzioni ed interessi per € 1.774.276,56, relativi all’anno di imposta 2006. La cartella di pagamento faceva seguito ad un avviso di accertamento non definitivo in quanto impugnato dalla ricorrente.
2. La CTP accoglieva il ricorso ritenendo la cartella non motivata.
3 Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia accoglieva parzialmente l’appello dichiarando la validità dell’iscrizione nei limiti derivanti dall’importo accertato (in diminuzione ) nella decisione di primo grado intervenuta nel ricorso proposto dalla società avverso l’avviso di accertamento (sentenza 3212/09/15 del 20/3/2015 della CTP di Messina ) che rideterminava il reddito di € 1.895.026,37.
4 Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente affidandosi a due motivi; l’Agenzia delle Entrate e la R.S. spa si sono costituite depositando controricorso.
5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Considerato che
1. Con il primo motivo la società contribuente denuncia violazione degli artt. 36, comma 2, nr. 4 d.lvo 546/92 e 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art 360 comma 1 nr 4 epe per avere la CTR reso una motivazione apparente ed illogica, in particolare per non avere, dopo aver preso atto della invalidità dell’atto presupposto dichiarata dalla CTP, dichiarato l’illegittimità della cartella di pagamento e conseguentemente disposto l’annullamento di tale atto-.
1.1 Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza appellata per omessa motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti dell’iscrizione a ruolo straordinaria ex art 11 e 15 bis dPR 602/73.
2. I due motivi, da trattarsi congiuntamente stante la loro intima connessione, sono infondati.
2.1 Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in l. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. In particolare, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nella formulazione introdotta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito in l. n. 134/2012, applicabile ratione temporis, presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E così, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.( cfr. Cass. S.U. 8053/2014).
2.2 Nella fattispecie in esame la CTR, dopo aver dato atto dell’intervenuta sentenza di primo grado della CTP di Messina, nel giudizio promosso dal contribuente avverso il prodromico atto impositivo, che ha rideterminato in diminuzione il reddito imponibile, ha ritenuto superata ogni questione sulla legittimità della procedura di iscrizione straordinaria di cui agli artt. 11 e 15 bis dPR 602/73 essendo applicabile la procedura ordinaria per gli accertamenti in corso di giudizio.
2.3 In sostanza i giudici di seconde cure hanno affermato che, una volta emanata la sentenza di primo grado, l’art 15 bis dPR citato non esplica più efficacia ed è sostituito dalla regolamentazione del tributo stabilito nella sentenza la quale sostituisce l’avviso di accertamento.
2.4 Si tratta di un principio affermato da questa Corte con la sentenza a sezioni unite nr.758/2017, riportata nella motivazione dell’impugnata sentenza, secondo il quale <<l’iscrizione nei ruoli straordinari dell’intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni risultante dall’avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 11 e 15-bis costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell’atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante: ne deriva che, qualora intervenga una sentenza, anche se non passata in giudicato, del giudice tributario che annulla, in tutto o in parte, tale atto, l’ente impositore (così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento) ha l’obbligo di agire in conformità alla statuizione giudiziale, sia nel caso in cui l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i consequenziali provvedimenti di sgravio e, eventualmente, di rimborso dell’eccedenza versata>>. Ciò in quanto il processo tributario è annoverabile non tra quelli di “impugnazione-annullamento” bensì tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto è diretto non alla mera eliminazione dell’atto impugnato, ma, estendendosi al rapporto d’imposta, alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione del contribuente sia dell’accertamento dell’amministrazione (tra altre, Cass. nn. 4280 del 2001, 3309 del 2004, 6918 del 2013, 19750 del 2014) – annulla, totalmente o parzialmente, l’atto impositivo (pur se in via non definitiva in attesa dell’eventuale giudizio di impugnazione).
La motivazione della sentenza non è affatto connotata dalle dedotte deficienze, reca il minimo costituzionale e non è afflitta da vizi di illogicità e/contraddittorietà in quanto i giudici di seconde cure hanno sufficientemente dato conto dell’iter logico e giuridico seguito per la decisione di limitare il carico fiscale contenuto nella cartella esattoriale.
3 II ricorso va quindi rigettato.
4 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 10.200 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13.
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