CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 settembre 2022, n. 27681
Rapporto di lavoro – Trasferimento di azienda – Cessione del contratto del lavoratore – Consenso alla cessione – Sussistenza
Rilevato che
1. La Corte d’Appello di Caltanissetta ha accolto l’appello proposto da A.L.I.P. s.r.l. (d’ora in avanti anche A.L.) e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto le domande di C.A. volte a far dichiarare nullo o illegittimo il trasferimento di azienda tra la predetta società e la C. s.r.l., con diritto del medesimo alla prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze di A.L. Produzione s.r.l. e condanna di quest’ultima alla reintegra.
2. La Corte territoriale ha ritenuto circostanza pacifica che il lavoratore avesse sottoscritto la lettera di assunzione dell’8.9.2010 alle dipendenze della società C. s.r.l. Ha rilevato che la volontà del lavoratore di accettare, anche tacitamente, la cessione del suo contratto alla C. s.r.l. potesse evincersi da una serie di elementi univoci e incontroversi tra le parti: dal fatto che il predetto avesse lavorato alle dipendenze della cessionaria ininterrottamente dal settembre 2010 ad ottobre 2011, data in cui era stato licenziato per giusta causa; dall’impugnativa di tale licenziamento nei confronti della C. s.r.l., considerata evidentemente datrice di lavoro. Ha giudicato irrilevante il fatto che la cedente avesse inviato al lavoratore in data 8.9.2010 una comunicazione, errata nella forma e nel contenuto (poiché prospettava una cessione di azienda ai sensi dell’art. 2112 cod. civ.), essendo dirimente la prova della reale volontà negoziale espressa dal lavoratore; parimenti irrilevante doveva considerarsi, secondo i giudici di appello, il fatto che il lavoratore avesse impugnato in via stragiudiziale la comunicazione inviata da A.L. in data 8.9.2010, trattandosi di un atto unilaterale successivo alla sottoscrizione del contratto di assunzione alle dipendenze di C., ormai perfezionatosi ed eseguito dalle parti.
L’esistenza di una valida ed efficace cessione del contratto del lavoratore da A.L.I.P. s.r.l. a C. s.r.l. portava al rigetto della domanda dal medesimo proposta.
3. Avverso tale sentenza C.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. La A.L.I.P. s.r.l. ha resistito con controricorso. La C. s.r.l. non ha svolto difese.
4. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
Considerato che
5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1406 cod. civ.
6. Secondo il ricorrente, la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere applicabile la disciplina di cui all’art. 1406 cod. civ. e non avrebbe considerato che la vicenda traslativa non aveva avuto ad oggetto lo stesso rapporto di lavoro, bensì un nuovo e diverso rapporto, originatosi dalla sottoscrizione in data 8.9.2010 del contratto con C. s.r.l. che prevedeva un diverso inquadramento, una diversa decorrenza iniziale ed anche una diversa anzianità professionale nonché l’applicazione di un differente contratto collettivo.
7. Il motivo di ricorso è inammissibile in quanto l’attuale ricorrente non indica in quali atti processuali e in che termini avesse sollevato nei gradi di merito la questione della diversità dei rapporti dal medesimo conclusi con la cedente e poi con la cessionaria.
8. Come precisato da questa Corte, ove una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, è onere del ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito e specificare la sede processuale in cui ciò sia stato fatto (Cass. SS. UU. n. 2399 del 2014; Cass. n. 2730 del 2012; Cass. n. 20518 del 2008; Cass. n. 25546 del 2006; Cass. n. 3664 del 2006; Cass. n. 6542 del 2004).
9. La censura è comunque infondata. Questa Corte ha affermato che la cessione del contratto comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali e realizzando soltanto una sostituzione soggettiva, il che non esclude che, a cessione avvenuta (o contestualmente alla stessa) il cessionario ed il contraente ceduto possano accordarsi fra loro per apportare delle modifiche al contenuto del contratto originario, restando, in assenza di tale accordo, immutato il contenuto dello stesso (v. Cass. n. 16635 del 2003; n. 12576 del 1995).
10. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2112 cod. civ., in relazione agli artt. 1362 e 1414 cod. civ.
11. Si censura la sentenza d’appello per non aver qualificato la vicenda oggetto di causa come trasferimento di azienda fittizia o simulata, dissimulante una somministrazione di personale illecita per violazione della disciplina di cui al d.lgs. n. 276 del 2003, in presenza di vari indici atti a dimostrare che tale fosse l’intenzione delle parti.
12. Neppure questo motivo può trovare accoglimento per la novità della questione posta, secondo quanto già osservato a proposito del primo motivo di ricorso.
13. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nonché motivazione carente o contraddittoria.
14. Si assume che, qualificata la vicenda come cessione di contratto, la Corte di merito ha ritenuto esistente il consenso del lavoratore omettendo di valutare alcuni fatti decisivi: cioè, che il ricorrente con nota del 7.10.10 ha impugnato il trasferimento disposto dalla originaria datrice di lavoro ritenendolo un licenziamento; che ha agito in giudizio per far accertare l’invalidità di tale operazione di trasferimento e il suo diritto alla prosecuzione del rapporto alla dipendenze della cedente; che ai fini del contratto di cessione difettavano la proposta e l’accettazione poiché l’unica nota aziendale pervenuta al ricorrente era quella dell’8.9.2010 con cui A.L. comunicava la prosecuzione del rapporto alle dipendenze di C. senza soluzione di continuità, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ.;
la Corte d’appello avrebbe errato ancora nel ritenere che vi fosse il consenso del lavoratore sebbene mancasse il contratto di assunzione del predetto da parte di C., essendo inammissibile la relativa produzione effettuata solo in appello (come riconosciuto nella stessa sentenza impugnata); il lavoratore non ha mai prestato il consenso alla cessione ma ha sottoscritto un nuovo contratto alle dipendenze di C. s.r.l.
15. Neppure questo motivo può trovare accoglimento.
16. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, perché possa configurarsi una cessione di contratto ai sensi dell’art. 1406 cod. civ. è sufficiente l’accordo bilaterale tra cedente e cessionario al quale segua temporalmente il consenso del contraente ceduto, che – costituendo elemento essenziale del negozio di cessione del contratto, il quale richiede la necessaria partecipazione del cedente, del cessionario e del ceduto – può essere anche successivo all’accordo tra cedente e cessionario purché, nel momento di tale adesione non sia venuto meno l’accordo originario al quale essa vuole aggiungersi per perfezionare il contratto, e permangano inoltre tutte le condizioni della cessione, che deve avere per oggetto la complessiva posizione attiva e passiva del contraente ceduto (v. Cass. 6349 del 2001; n. 11847 del 1993).
17. Occorre inoltre considerare come, per consolidata giurisprudenza, ai fini della cessione del contratto debbano essere osservate le stesse forme prescritte per il contratto ceduto e, poiché non si richiede per il contratto di lavoro, subordinato o autonomo, una forma tipica, salvo talune eccezioni, altrettanto deve ritenersi sia per il contratto di cessione tra cedente e cessionario, e sia per il consenso alla cessione del lavoratore (Cass. n. 6349 del 2001 cit.; n. 12384 del 1999).
18. Con l’ulteriore precisazione che il consenso alla cessione, il quale può anche essere successivo all’atto intervenuto tra cedente e cessionario, può essere, oltre che espresso, anche tacito, purché venga manifestata in maniera adeguata la volontà di porre in essere una modificazione soggettiva del rapporto (Cass. n. 4870 del 2020; n. 6349 del 2001cit.)
19. Nel caso in esame, la configurabilità di una cessione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 1406 cod. civ. per fatti concludenti è stata oggetto di un accertamento in fatto compiuto dalla Corte di merito che, in quanto immune da vizi logici e adeguatamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità (v. in tal senso Cass. n. 4870 del 2020 cit.).
20. La Corte di merito ha ravvisato sia nella condotta delle società e sia nella condotta del lavoratore elementi significativi della volontà della cessione del contratto di lavoro. Ha rilevato come, a prescindere dalla errata comunicazione della originaria datrice di lavoro formulata ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., esistessero fatti concludenti significativi della volontà della A.L. di “far sì che il lavoratore (e il suo collega Catanese, ossia tutti i dipendenti in servizio presso l’unità produttiva di Gela) passasse alle dipendenze della società appaltatrice, ricostruzione avvalorata dal fatto che contemporaneamente, ossia lo stesso giorno la C. s.r.l. faceva presente ai due dipendenti che il loro consenso era comunque necessario ai fini dell’assunzione presso essa ditta, invitandoli a sottoscrivere i contratti di assunzione nella stessa data dell’8.9.2010, cosa che avvenne effettivamente tanto che l’A. e il C. iniziarono da subito a lavorare per la nuova parte datoriale, cessando ogni contatto lavorativo con la A.L. – mantenendo ogni trattamento economico e normativo già goduto presso l’appaltante”. I giudici di appello, ai fini del consenso alla cessione del contratto, hanno valorizzato, oltre al dato di fatto incontestato della sottoscrizione della lettera di assunzione del lavoratore alle dipendenze della C. s.r.l., l’esecuzione del contratto di lavoro con la predetta società per la durata di oltre un anno.
21. Tale accertamento fattuale non solo appare sorretto da motivazione che soddisfa ampiamente il requisito di cui all’art. 132 n. 4 cod. proc. civ., come definito dalle S.U. di questa Corte (v. sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014), ma si sottrae alle censure mosse ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.. Questo vizio presuppone che si denunci l’omesso esame di un fatto storico con valenza decisiva ai fini della decisione là dove le censure in esame investono la valutazione di un complesso di elementi probatori e si risolvono nella richiesta di revisione di tale valutazione e del ragionamento decisorio, non ammissibili in questa sede di legittimità.
22. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
23. La regolazione delle spese nei confronti di A.L. segue il criterio di soccombenza. Non si provvede sulle spese nei confronti di C. s.r.l. rimasta intimata.
24. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di A.L. P. s.r.l. che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.