CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 agosto 2018, n. 20934
Esposizione all’amianto – Operaio motorista e frigorista – Maggiorazione contributiva
Ritenuto che
la Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 692/2013, in accoglimento dell’appello proposto dall’INPS rigettava la domanda svolta da I.C. intesa ad ottenere l’accertamento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto prevista dall’art. 13, comma 8 della legge 257/1992 e succ. mod. per l’attività da egli espletata a bordo di diverse navi come operaio motorista e frigorista allorché era stato esposto all’amianto senza adozione da parte datoriale di adeguate misure di protezione;
che a fondamento della decisione di riforma la Corte d’Appello sosteneva che il diritto invocato dal lavoratore, già riconosciuto in primo grado sulla scorta dell’istruttoria svolta, non potesse sussistere perché egli non aveva mai allegato e provato il superamento della soglia minima di esposizione prevista dal d.lgs. 277/1991 (100 ff/l per oltre dieci anni) per come richiesta dalla costante giurisprudenza di legittimità; limitandosi a pretendere il riconoscimento dell’invocato diritto sulla scorta della mera presenza di amianto nei luoghi di lavoro e del rischio di contrarre malattie professionali;
per la cassazione della sentenza ricorre il lavoratore con un motivo, illustrato da memoria; l’INPS resiste con controricorso.
Ritenuto che
con l’unico motivo il ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e 2697 c.c., dell’art. 13, comma 8 l. 257/1992 e succ. mod. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), in quanto non era congruo individuare dei limiti rigidi di soglia per la determinazione dell’esposizione qualificata al rischio amianto, in virtù della impossibilità di qualificazione aprioristica di tale rischio; anche in ragione del fatto che una ctu non era stata mai disposta né era mai agevolmente esperibile in ragione dell’elevato numero delle navi a bordo della quali aveva lavorato il I.; d’altra parte la giurisprudenza di legittimità riteneva che in assenza di certificazione Inail, l’accertamento della soglia qualificata di esposizione poteva essere compiuto mediante il ricorso ad elementi di tipo presuntivo in tutti i casi in cui non sussisteva la materiale possibilità di accertare tramite CTU il livello di inquinamento all’interno del luogo di lavoro, per il tempo trascorso e la rimozione delle fonti di inquinamento; che il ricorso è fondato, nei limiti di seguiti indicati; dovendo osservarsi, anzitutto, che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte il beneficio in questione presuppone l’assegnazione ultradecennale del lavoratore a mansioni comportanti un effettivo e personale rischio morbigeno a causa della presenza nel luogo di lavoro di una concentrazione di fibre di amianto superiore ai valori limite indicati nel d.lgs. n. 277 del 1991 e succ. mod.; invero, secondo l’orientamento prevalso in giurisprudenza ed oramai consolidato, il disposto del comma 8 dell’art. 13 della legge 27 marzo 1992 n. 257 va interpretato, in ragione dei criteri ermeneutici letterale, sistematico e teleologico, nel senso che il beneficio stesso vada attribuito unicamente agli addetti a lavorazioni che presentano valori di rischio per esposizione a polveri d’amianto superiori a quelli consentiti dagli artt. 24 e 31 d.lgs 15 agosto 1991 n. 277; la lettura dell’intero articolo 13 I. n. 257/1992 attesta infatti una volontà di parametrare i benefici da riconoscere ai lavoratori ivi contemplati all’entità del rischio di esposizione; e pertanto la maggiorazione in discorso deve essere riconosciuta a coloro che, per essere stati occupati situazioni di rischio più elevato, risultavano maggiormente esposti al rischio di detto materiale;
tale conclusione è stata ripetutamente avallata anche dalla giurisprudenza costituzionale la quale è intervenuta plurime volte sulla normativa in materia certificandone la totale legittimità (tra le altre, Corte Cost. sentenza n.5/2000, 127/2002, 376/2008), anche in considerazione del fatto che una interpretazione diversa sarebbe finita per legittimare un notevole “sforamento” di ogni pur attendibile previsione di spesa;
ciò detto, tuttavia questa Corte ha anche ritenuto, al fine di non rendere impossibile il riconoscimento del beneficio gravando il lavoratore di una probatio diabolica, che sotto il profilo probatorio non sia necessario che il lavoratore fornisca la prova atta a quantificare con esattezza la frequenza e la durata dell’esposizione, potendo ritenersi sufficiente, qualora ciò non sia possibile, avuto riguardo al tempo trascorso e al mutamento delle condizioni di lavoro, che si accerti, anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante probabilità di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno, attraverso un giudizio di pericolosità dell’ambiente di lavoro, con un margine di approssimazione di ampiezza tale da indicare la presenza di un rilevante grado di probabilità di superamento della soglia indicata dalla legge (Cass. Sez. L, Sentenza n. 16119 del 01/08/2005, Sez. L, Sentenza n. 19456 del 20/09/2007); quanto all’assolvimento dell’onere di allegazione sugli elementi costitutivi della domanda lo stesso deve ritenersi insito nella deduzione dei fatti concernenti la presenza dell’esposizione nociva e del rischio morbigeno a bordo nell’ambiente di lavoro dove aveva lavorato il ricorrente e nell’invocazione del diritto previsto dalla legge, i cui presupposti sono stati delineati dalla giurisprudenza di legittimità e costituzionale nei termini articolati appena indicati; senza che fosse necessario l’uso di formule sacramentali come invece pare abbia ritenuto la Corte d’appello napoletana la cui decisione (in particolare in relazione alla necessità di indicare e provare la c.d. soglia qualificata) risulta non del tutto allineata agli orientamenti di legittimità sopra richiamata;
pertanto, in conclusione, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione perché proceda ai necessari accertamenti tecnici nei termini prima indicati; non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte del ricorrente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.
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