CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 aprile 2021, n. 10668
Tributi – IRAP – Professionista – Presentazione della dichiarazione – Indicazione dell’imposta dovuta – Valore simbolico di 1 euro – Dichiarazione considerata omessa – Esclusione – Adesione alla definizione automatica ex art. 7 della Legge n. 289 del 2002 – Validità – la dichiarazione infedele presentata dal contribuente ai fini Irap, anche quando indichi un valore non verosimile, non è equiparabile alla omessa dichiarazione
Fatti di causa
l’Agenzia delle Entrate notificava a F.R., esercente la professione di architetto, l’avviso di accertamento e irrogazione di sanzioni n. R3C010100545/2008, avente ad oggetto l’IRAP, nella misura di Euro 8.608,00 ed accessori, in relazione all’anno 2002. Contestava l’Ente impositore che il contribuente aveva sostanzialmente omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini Irap, indicando come dovuto il valore puramente simbolico di Euro 1,00. Il contribuente si avvaleva quindi della definizione automatica di cui all’art. 7 della legge n. 289 del 2002, e riteneva pertanto di aver estinto ogni debito tributario, anche quello relativo a quanto dovuto a titolo di Irap per l’anno 2002.
L’Amministrazione finanziaria sosteneva, però, che essendo stata sostanzialmente omessa la dichiarazione dei redditi ai fini Irap, il contribuente non potesse accedere al condono, e scattasse in conseguenza la proroga biennale ex lege dei termini di accertamento, altrimenti scaduti. Notificava quindi l’atto impositivo per cui è causa. L’avviso di accertamento era impugnato da R.F. innanzi alla Commissione Tributaria di primo grado di Bolzano, che condivideva l’impostazione seguita dall’Agenzia delle Entrate, e pertanto rigettava il ricorso.
Il contribuente gravava di impugnativa la decisione sfavorevole conseguita, innanzi alla Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano. Il giudice dell’appello osservava che il R. non doveva essere ricompreso tra coloro che avevano “omesso” la dichiarazione dell’Irap, pur avendo indicato un valore irrisorio (Euro 1,00), e pertanto aveva diritto ad accedere al condono. In conseguenza l’Amministrazione finanziaria non poteva fruire della proroga dei termini di verifica prevista all’art. 10 della legge n. 289 del 2002 e, quando aveva notificato l’avviso dì accertamento, i termini ordinari di legge, da applicarsi alla fattispecie, erano ampiamente scaduti. In conseguenza accoglieva il ricorso del contribuente ed annullava l’avviso di accertamento.
Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico, articolato, motivo di ricorso. Resiste mediante controricorso il contribuente F.R.. Il controricorrente ha pure depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.1. – Con il suo motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore contesta la violazione degli artt. 8 e 19 del D.Lgs. n. 446 del 1997, e degli artt. 7 e 10 della legge n. 289 del 2002, nonché dell’art. 10 della legge n. 212 del 2000, perché la dichiarazione di un valore ai fini Irap assolutamente irrisorio non può considerarsi un fenomeno di “infedele dichiarazione”, che “dovrà, invece, ritenersi del tutto omessa” (ric., p. 7).
2.1. – Mediante il suo motivo di ricorso, l’Amministrazione finanziaria censura la impugnata pronuncia della Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano perché il contribuente, dichiarando un valore dell’Irap dovuta in relazione all’anno 2002 incoerente, e pure irrisorio, a fronte di redditi da attività professionale indicati in Euro 442.888,00, aveva “sostanzialmente omesso” di presentare la dichiarazione dei redditi ai fini Irap. In conseguenza la definizione automatica delle pendenze tributarie, richiesta dal contribuente ai sensi della legge 289 del 2002 ed attivata il 26.5.2004, non poteva ritenersi andata a buon fine, ex art. 7, comma 3, di quel testo normativo, ed in ulteriore conseguenza i termini ordinari di verifica a disposizione dell’Ente impositore per provvedere all’accertamento (fino al 31.12.2007) dovevano ritenersi prorogati di due anni, ai sensi dell’art. 10 della I. n. 289 del 2002 (dichiarazione omessa), ed in definitiva la notifica dell’atto impositivo, intervenuta il 17.9.2008, risultava ampiamente tempestiva.
L’impugnata Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano ha ricordato che F.R. è un lavoratore autonomo, ed aveva perciò titolo per accedere alla definizione agevolata di cui alla legge n. 289 del 1990. Inoltre, l’Irap è compresa tra le imposte condonabili ai sensi della normativa indicata. La Commissione di appello ha pure evidenziato che il contribuente ha “presentato dichiarazione dei redditi completa di tutti i quadri di sua spettanza, ancorché quello relativo all’Irap con importo certamente opinabile e ha perfezionato l’operazione con il dovuto versamento del tributo. Nei motivi di esclusione previsti dal citato comma 3 dell’art. 7 della Lg. 289/2002 non è contemplata la errata compilazione (ancorché voluta) di uno specifico quadro della dichiarazione, per cui questo collegio non ravvisa alcun valido motivo per non ritenere valida ed efficace la definizione automatica del proprio reddito di lavoro autonomo operata ai fini Irap dal contribuente” (sent. CT di II grado, p. III).
Appare allora opportuno ricordare come questa Corte di legittimità abbia avuto occasione di chiarire che “in materia di procedimento civile, nel ricorso per cassazione il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità“, Cass. Sez. VI-III, 26.6.2013, n. 16038.
Nel caso di specie l’Amministrazione finanziaria sostiene che il contribuente, avendo dichiarato un valore irrisorio, ai fini Irap, sarebbe incorso in un’ipotesi di omessa dichiarazione, e non avrebbe potuto pertanto accedere al beneficio del condono ai sensi della legge n. 289 del 2002. Questi argomenti non possono condividersi. Nell’ipotesi, verificatasi nel caso di specie, che il contribuente non ometta la dichiarazione, ma provveda invece ad effettuarla, qualora indichi un valore diverso rispetto a quanto dovuto, incorre in errore, oppure nella dichiarazione infedele, qualora l’errore sia voluto, ma non nell’omessa dichiarazione.
Poiché la normativa indicata dall’Agenzia esclude dall’accesso al condono chi abbia omesso la dichiarazione, e non chi l’abbia resa, anche se in misura diversa dal dovuto, R.F. aveva titolo per accedere al condono, e pertanto l’Amministrazione finanziaria non poteva beneficiare della proroga biennale dei termini di verifica, con la conseguenza che quando ha notificato l’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio, l’Agenzia delle Entrate era ormai decaduta dal potere di provvedervi. Questa Corte di legittimità, del resto, ha già avuto occasione di precisare che “le disposizioni in tema di condono fiscale, essendo derogatorie rispetto a quelle ordinarie, integrano sistemi compiuti di natura eccezionale, insuscettibili di applicazione analogica; a propria volta, anche ciascuna delle ipotesi agevolative previste dalla I. n. 289 del 2002, ha una propria specifica disciplina, di stretta interpretazione, insuscettibile di essere integrata in via ermeneutica sia dalle norme generali dell’ordinamento tributario sia da quelle dettate per altre forme di definizione agevolata, ancorché contemplate dalla medesima legge“, Cass. sez. V, 6.7.2018, n. 17796.
L’interpretazione delle norme contestate fornita dal giudice dell’appello appare quindi plausibile. In definitiva l’Amministrazione finanziaria, per contestare efficacemente l’ammontare della dichiarazione resa dal contribuente ai fini Irap, avrebbe dovuto provvedervi negli ordinari termini di cui all’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973.
Può in proposito esprimersi il principio di diritto secondo cui “la dichiarazione infedele presentata dal contribuente ai fini Irap, anche quando indichi un valore non verosimile, non è equiparabile alla omessa dichiarazione, e pertanto non è di ostacolo all’accesso del contribuente al condono di cui alla art. 7 della legge n. 289 del 2002, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria deve provvedere, a pena di decadenza, alla notifica dell’avviso di accertamento del conseguimento di un maggior reddito ai fini Irap nei termini ordinari di cui all’ art. 43 del Dpr n. 600 del 1973, non potendo avvalersi della proroga biennale dei termini di notifica di cui all’art. 10 della legge n. 289 del 2002, prevista per la diversa ipotesi in cui la dichiarazione sia stata omessa“.
Il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate risulta pertanto infondato, e deve essere respinto. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre 15% per le spese generali ed Euro 200,00 per esborsi, ed accessori di legge.
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