CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 febbraio 2019, n. 5330
Tributi – Accertamento – Istanza di rimborso delle imposte trattenute – Pensionamento – Fondo di previdenza – Indennità supplementare
Ritenuto che
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 72/03/2012, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Molise il 19.09.2012, con la quale, confermando la decisione di primo grado, era accolto il ricorso degli eredi di P. C. avverso il silenzio rifiuto opposto dalla Amministrazione alla istanza di rimborso delle imposte trattenute dal Ministero delle Finanze, in occasione del suo pensionamento, per la corresponsione dall’apposito Fondo di previdenza di € 24.795,00 a titolo di indennità supplementare.
Gli eredi avevano adito la Commissione Tributaria Provinciale di Isernia, che con sentenza n. 38/02/2008 aveva accolto il ricorso sull’assunto che l’indennità spettante era costituita da contributi versati dai dipendenti del Ministero e come tale non era assoggettabile ad Irpef. L’Agenzia impugnava la decisione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Molise, che con la sentenza ora al vaglio della Corte rigettava l’appello sulla base delle medesime ragioni del giudice di primo grado.
L’Agenzia censura la sentenza con un solo motivo, dolendosi della violazione dell’art. 17 e dell’art. 19 del d.P.R. n. 917 del 1986, nonché dell’art. 2 del d.P.R. n. 1034 del 1984, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per aver erroneamente sostenuto che le indennità di previdenza per il personale del Ministero delle Finanze istituito con d.P.R., n. 211 del 1981 fosse costituito per effetto esclusivo di contributi dei dipendenti.
Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza, con ogni consequenziale statuizione.
Si sono costituiti i contribuenti, eredi del P., che hanno contestato il ricorso, chiedendone il rigetto.
Considerato che
La questione che si pone è quella della qualificazione dell’indennità spettante al dipendente del Ministero economico al momento del pensionamento, in particolare dell’indennità erogata dal Fondo di Previdenza per il personale del Ministero dell’Economia e delle Finanze all’atto della cessazione dal servizio, nonché della composizione del fondo medesimo.
È incontestato che l’indennità ha natura di “indennità equipollente” al trattamento di fine rapporto, mentre il contrasto maggiore che emerge tra le rispettive posizioni riguarda la composizione del fondo medesimo. Per l’Agenzia esso è formato da contribuzione pubblica, con conseguente tassazione; per i contribuenti sarebbe composto da contributi a carico del dipendente e da esso versati nel fondo previdenziale, con conseguente esclusione della tassazione.
In ordine alla base imponibile e al calcolo dell’imposta per le indennità equipollenti si era già posto il problema se in esse fossero comprese le indennità di buonuscita, la cui inclusione era stata negata in origine da una parte della dottrina e soprattutto dalla giurisprudenza per una pretesa natura assistenziale o previdenziale delle medesime o per una disparità di trattamento rispetto alle assicurazioni sulla vita. Riconosciutane la natura retributiva per l’intervento della Corte Cost. (sent. n. 178/1986), si era tuttavia consentito che dal suo ammontare fosse detraibile ai fini impositivi una somma pari al contributo che il lavoratore versa al Fondo di Previdenza (all’epoca l’Empas). L’art. 17 del TUIR recepiva la nuova disciplina. Il problema posto inizialmente per la sola indennità di buonuscita, fu successivamente sollevato per tutte le altre indennità equipollenti, alla cui formazione contribuisce direttamente il lavoratore. Alla soluzione negativa prevalsa in un primo tempo seguì poi un cambio di rotta, dettato da esigenze di maggiore equità fiscale, sicché il Legislatore -con l’art. 4, co. 3 del d.l. n. 70 del 1988, convertito con I. n. 154 del 1988- ha esteso la disciplina delle indennità di buonuscita a tutte le indennità equipollenti a cui il lavoratore concorre direttamente. Ciò ha comportato la modifica parziale dell’art. 17 co. 1 del TUIR (ratione temporis vigente, la cui disciplina è ora contenuta nell’art. 19 co. 2 bis del TUIR), formulato senza specificare la percentuale a carico del contribuente, così come previsto per l’indennità di buonuscita, ma più genericamente, poiché in tema di indennità equipollenti l’importo a carico del lavoratore varia in relazione all’istituto cui fa capo l’erogazione della indennità.
La premessa fa meglio comprendere come nel caso di specie si fronteggiano due opposte posizioni, che non mettono astrattamente in discussione l’esenzione dalla tassazione dell’indennità, qualora composta con i soli contributi del lavoratore, e di contro la sua imponibilità quando a totale carico dell’ente. Il contrasto, quanto al caso concreto, insorge perché l’Agenzia esclude che alla costituzione del Fondo partecipi direttamente il dipendente; i controricorrenti al contrario affermano che le entrate che compongono il Fondo siano state a carico del lavoratore.
La giurisprudenza di legittimità ha in passato accolto la ricostruzione del contribuente, affermando che l’indennità supplementare corrisposta, all’atto della cessazione dal servizio, in epoca successiva al 30 settembre 1985, dal Fondo di previdenza per i dipendenti del Ministero delle finanze, essendo assimilabile alle “indennità equipollenti” di cui all’art. 17 co. 1 del d.P.R. n. 917 del 1986 (nel testo, applicabile “ratione temporis”, in parte sostituito dall’art. 4, co 3 ter, del D.L. 14 marzo 1988, n. 70 – convertito in I. n. 154 del 1988-, avente efficacia retroattiva, originariamente dal 17 luglio 1986 e successivamente, per il disposto dell’art. 2 bis del D.L. n. 69 del 1989 – convertito in I. n. 154 del 1989-, dal 30 settembre 1985) ed essendo formata esclusivamente dalle contribuzioni dei dipendenti, non è assoggettabile ad imposta (Cass., sent. n. 9430/2003). Su tale precedente si è fondata la difesa degli eredi del P..
Un orientamento più recente tuttavia ha affermato che l’indennità supplementare corrisposta, all’atto della cessazione dal servizio, dal Fondo di previdenza per i dipendenti del Ministero delle finanze ha funzione esclusivamente previdenziale ed è assimilabile alle “indennità equipollenti” di cui all’art. 17 co. 1 del d.P.R. n. 917 cit., sicché rappresenta una forma di retribuzione differita con applicazione di tassazione separata e non integrale, essendo peraltro la composizione del fondo costituita in massima parte da premi di produttività o da incentivi da parte dell’istituto (Cass., sent. 19859/2016; 25396/2017).
Il recente ripensamento, evidentemente valorizzando il principio di omnicomprensività della retribuzione, ha registrato in particolare che le entrate che concorrono alla formazione del suddetto fondo previdenziale, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 1034 del 1984, fanno riferimento a proventi derivanti dalle sanzioni pecuniarie ed a percentuali di vincite del gioco del lotto, nonché ad altre indennità perequative pensionabili, utili anche ai fini dell’indennità di buonuscita, collegabili a scelte premiali o ai servizi straordinari effettuati dal personale. Tale natura non è contestata dagli stessi contribuenti, i quali tuttavia non traggono l’ovvia conseguenza, invece tratta dalla recente rielaborazione giurisprudenziale. Ed infatti si è condivisibilmente sostenuto che, poiché la composizione del predetto fondo è costituita in massima parte da premi di produttività o da incentivi all’attività d’istituto, il predetto fondo costituisce una forma di retribuzione differita, composta prevalentemente da contributi degli iscritti, che la fa rientrare nel perimetro normativo degli artt. 17-19 del TUIR (già 16-17) come “indennità equipollente” e quindi deve essere assoggettato a tassazione separata e non a tassazione integrale.
Il principio va mutuato per la decisione di questa causa, e poiché la sentenza del giudice regionale non ne ha tenuto conto, essa va cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Molise, la quale in diversa composizione, oltre che sulle spese, dovrà verificare se gli importi trattenuti dalla Amministrazione al momento della corresponsione dell’indennità furono calcolati secondo i principi della tassazione separata o diversamente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria regionale del Molise, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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