CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 febbraio 2019, n. 5370
Rapporto di lavoro – Trasferimento – Accordo sindacale – Determinazione dei criteri per procedere alla selezione dei lavoratori da trasferire
Rilevato che
1. con sentenza del 28.1.2014, la Corte d’appello di Torino rigettava il gravame proposto da B.S. avverso la decisione del Tribunale di Torino che aveva respinto le domande proposte dal predetto, intese ad ottenere, previo accertamento dell’illegittimità dell’accordo stipulato in data 6.7.2010 e della mancata cessione del contratto di lavoro alla E. s.r.l., nonché del suo diritto alla prosecuzione del rapporto alle dipendenze della E., la condanna di quest’ultima a procedere alle iscrizioni a libro paga e matricola ed a corrispondere al B. le retribuzioni maturate dal luglio 2010, dedotta l’integrazione salariale percepita;
2. la Corte osservava che, a seguito dell’accordo sindacale in data 6.7.2020 tra A. s.p.a. in amministrazione straordinaria, cedente del ramo di azienda “F.”, cessionaria E. s.r.l. e OO.SS., era stato previsto il trasferimento di 120 lavoratori dipendenti del ramo suddetto, tra i quali non era stato ricompreso il B.; rilevava che del tutto legittimamente la E. aveva offerto la prosecuzione del rapporto di lavoro solo ad una parte dei lavoratori provenienti dal ramo “f.” della cedente, in linea con le previsioni del citato accordo, e che anche in sede di punteggio non era consentito allo stesso di rientrare fra i lavoratori assorbiti, laddove i criteri utilizzati – che non dovevano essere preventivamente indicati, al pari di quanto previsto in tema di cassa integrazione e di mobilità – erano stati caratterizzati da specificità, trasparenza e verificabilità, mentre le circostanze evidenziate dal B. erano connotate, invece, da estrema genericità;
3. di tale decisione domanda la cassazione il B., affidando l’impugnazione ad unico motivo, illustrato con memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c., cui resiste, con controricorso, la E.; la A. s.p.a. in Amministrazione straordinaria è rimasta intimata;
4. il P.G. ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte;
5. è stato depositato atto di costituzione di nuovo difensore della B. s.r.l. (già E. s.r.l.), a seguito di remissione di mandato dei precedenti difensori.
Considerato che
1. il ricorrente censura la decisione con unico motivo, riferito alla violazione dell’art. 2112 c.c. in connessione con l’art. 47 I. 428/1990, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., lamentando che la Corte territoriale, pur riconoscendo che nell’accordo sindacale del 6.7.2010 non erano stati concordati criteri oggettivi per individuare i lavoratori da trasferire alle dipendenze della società E. – la quale aveva solo successivamente stabilito i criteri per procedere alla loro selezione (livello di inquadramento, titolo di studio, posseduto e fungibilità) mediante attribuzione di un punteggio – aveva, tuttavia, ritenuto applicabile il regime, derogatorio rispetto alla previsione dell’art. 2112 c.c., previsto dall’art. 47 I. 428/1990, che, invece, presuppone, come affermato da Cass. 19182/2011, che l’accordo sindacale consenta già preventivamente e chiaramente di desumere “la natura eccedentaria della posizione del lavoratore non passato alle dipendenze dell’impresa subentrante”;
2. la censura è infondata;
3. nella fattispecie esaminata nella sentenza richiamata nel gravame “nessun accordo collettivo derogatorio era stato perfezionato, trattandosi, al contrario, di un’intesa generica che faceva riferimento ad una futura consultazione sindacale ed ad un futuro accordo da stipulare”, come si legge nella stessa massima della pronuncia.
Questa Corte ha, dunque, inteso affermare che, ai sensi dell’art. 47, 5° comma, l. 428/90 (secondo cui “Qualora il trasferimento riguardi aziende o unità produttive delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell’art. 2, quinto comma, lettera c) della legge 12 agosto 1977 n. 675, o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo, consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’art. 2112 c.c. del codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può, altresì, prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell’alienante“), la deroga ivi prevista alla generale operatività dell’art. 2112 c.c., finalizzata ad incentivare l’assunzione dei lavoratori, e, quindi, la conservazione dei livelli occupazionali, opera solo se “possa identificarsi un accordo collettivo idoneo a costituire la norma (derogatoria) che regola la fattispecie, (…) riespandendosi, in caso contrario, con tutta la forza imperativa, la regola dell’art. 2112 cod. civ.”;
4. poiché, secondo l’accertamento di merito compiuto in quella fattispecie, tra le parti era intervenuta solo un’intesa generica, giacché “nel verbale di incontro si faceva riferimento ad un futuro accordo da stipulare con i criteri di efficienza, economicità e gradualità”, la Corte ha ritenuto che l’accordo concluso tra le parti era sprovvisto di quella forza di legge necessaria ai fini della deroga all’art. 2112 c.c.;
5. ciò posto, con riferimento ai principi richiamati, va evidenziato che nel caso qui esaminato non risulta che in grado d’appello sia stata dedotta e censurata l’inidoneità dell’accordo sindacale a costituire la norma derogatoria e regolatrice dell’assunzione dei lavoratori già dipendenti di A. s.p.a. da parte della società resistente, non avendo il ricorrente riprodotto in ricorso i passaggi argomentativi di una tale doglianza nella precedente fase, sicché essa appare inammissibile siccome nuova;
6. peraltro, poiché dalla riproduzione di un passaggio della decisione di primo grado contenuto nel controricorso emerge che è stata dal Tribunale affermata l’idoneità dell’accordo, in mancanza di gravame sul punto, deve ritenersi formato il giudicato al riguardo;
7. dalla riproduzione del testo dell’accordo risulta, poi, che l’E. s.r.l. si era impegnata ad assumere 120 lavoratori procedendo alla selezione secondo le proprie esigenze tecniche produttive ed organizzative;
8. come questa Corte ha recentemente evidenziato, l’art. 47, comma 5, l. 428/90 nulla dispone circa il contenuto specifico dell’accordo e l’indicazione dei criteri di selezione dei lavoratori da trasferire, prevedendo unicamente che l’accordo riguardi il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione: “né i principi vigenti in tema di licenziamenti collettivi di cui alla l. 223 del 1991, artt. 4 e segg., ed in particolare quelli relativi alla obbligatoria indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e delle modalità di applicazione di questi criteri, si estendono analogicamente alla fattispecie in esame, stante la diversità di ratio dei due istituti e l’assoluta diversità di disciplina. Le norme in materia di cessione di imprese assoggettate a procedura concorsuale o di rami delle stesse hanno infatti, il fine di privilegiare la salvaguardia, anche in parte, di posti di lavoro e sono quindi svincolati dai rigidi criteri previsti per la disciplina dei licenziamenti collettivi” (cfr. Cass. 17 maggio 2016 n. 10066, Cass. 10838/2016, Cass. 18402/2016, Cass. n. 1383/2018);
9. quando venga trasferita l’azienda, o un suo ramo, di impresa insolvente, l’ampia possibilità per l’impresa subentrante di concordare condizioni contrattuali, con trattamento anche peggiorativo per i lavoratori, per la loro assunzione ex novo, in deroga a quanto dettato dall’art. 2112 c.c., nonché la possibilità di escludere dal trasferimento parte del personale eccedentario, “si giustifica con lo scopo di conservare i livelli occupazionali e si legittima con la garanzia della conclusione di un accordo collettivo idoneo a costituire norma derogatoria della fattispecie (Cass. 4 novembre 2014 n. 23473; Cass. 22 settembre 2011 n. 19282, Cass. 5 marzo 2008 n. 5929);
10. in tali ipotesi, invero, la priorità di tutela del piano del singolo lavoratore (cui risponde l’esclusiva applicazione dell’art. 2112 c.c.) si sposta al piano dell’interesse collettivo al perseguimento dell’agevolazione della circolazione dell’azienda quale strumento di salvaguardia della massima occupazione, in una condizione di obiettiva crisi imprenditoriale, anche al prezzo del sacrificio di alcuni diritti garantiti dall’art. 2112 c.c., pur sempre in un ambito tutelato di consultazione sindacale (cfr. Cass. 1383/2018 cit);
11. alla stregua delle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato;
12. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore della E. s.r.l.; nulla va statuito nei confronti dell’altra società, non avendo la stessa svolto attività difensiva;
13. sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d. P.R. 115 del 2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della s.r.l. E., delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%. Nulla nei confronti di A. s.p.a. in amministrazione straordinaria.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma Ibis, del citato D.P.R..
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