CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 giugno 2018, n. 16559
Accertamento – contratti di compravendita aventi ad oggetto i distributori automatici e contratti di locazione – Procedimento penale – Truffa
Ritenuto in fatto
L’Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Roma, avendo accertato che negli anni 1976, 1977 e 1978 A. P. aveva svolto attività di intermediazione commerciale per conto della società E.D.S. s.r.l., fornitrice di distributori automatici di bevande, percependo provvigioni e canoni di locazione, emetteva tre avvisi di accertamento a carico del contribuente, il quale proponeva ricorso.
La Commissione tributaria di primo grado accoglieva il ricorso.
Proposto appello dall’Ufficio, la Commissione tributaria di secondo grado lo respingeva, osservando che il contribuente aveva prodotto documentazione idonea a comprovare di essere stato truffato dalla società E.D.S. s.r.l., il cui amministratore era stato sottoposto a procedimento penale per i reati di bancarotta e truffa aggravata, e che, essendo nulli i contratti di compravendita conclusi dal contribuente con la predetta società, era venuto a mancare l’elemento oggettivo che costituiva l’indispensabile presupposto per lo svolgimento dell’attività commerciale.
Avverso la suddetta decisione proponeva ricorso l’Ufficio dinanzi alla Commissione Tributaria centrale, la quale lo rigettava, motivando che la decisione di secondo grado si fondava sulla nullità del contratto per inesistenza dell’oggetto e che, a fronte di tale affermazione, l’Amministrazione si era limitata a richiamare le risultanze del verbale della Guardia di Finanza; aggiungeva, altresì, <<le circostanze di fatto attinenti alla esistenza di ordini di acquisto, al pagamento del prezzo dei distributori, all’esistenza di contratti di locazione aventi ad oggetto gli stessi beni compravenduti e la percezione di canoni di locazione- che andavano a scomputo del prezzo di acquisto – non sono idonee a superare il rilievo della nullità dei contratti, la cui stipula sembra essere stata originata da una attività illecita della società, anziché da una genuina attività commerciale>>.
La Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi.
Il contribuente non ha svolto attività difensiva.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1346, 1418, 1427 e 1439 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., e deduce che il giudice di appello ha ritenuto che il contratto di compravendita intercorso tra il Pistilli e la società E.D.S. s.r.l. sia nullo per inesistenza dell’oggetto, facendo da tale premessa discendere la illegittimità della pretesa fiscale.
Evidenzia che il comportamento illecito della società E.D.S. s.r.l., sottolineato nella sentenza e qualificato dal contribuente in termini di vera e propria “truffa”, non comporta nullità del contratto, ma annullabilità dello stesso, considerato che la mancata consegna dei distributori automatici o la consegna di pochi distributori non adatti all’uso perchè obsoleti non determina la nullità del contratto per “inesistenza dell’oggetto”, ma configura piuttosto inadempimento di una delle parti agli obblighi contrattuali.
La ricorrente ha quindi sostenuto che erroneamente la Commissione tributaria centrale ha ritenuto la nullità del rapporto contrattuale, pur vertendosi in ipotesi di annullabilità del contratto, opponibile nei confronti dei terzi nei termini indicati nell’art. 1445 cod. civ.
1.1. La censura è fondata.
Il contratto concluso per effetto di truffa, penalmente accertata, di uno dei contraenti in danno dell’altro è non già radicalmente nullo (ex art. 1418 cod. civ., in correlazione all’art. 640 cod. pen.), sebbene annullabile ai sensi dell’art. 1439 cod. civ., atteso che il dolo costitutivo del delitto di truffa non è ontologicamente, neanche sotto il profilo dell’intensità, diverso da quello che vizia il consenso negoziale, entrambi risolvendosi in artifizi o raggiri adoperati dall’agente e diretti ad indurre in errore l’altra parte e così a viziarne il consenso (Cass. n. 7468 del 31/03/2011; n. 13566 del 26/5/2008).
Ne consegue che la sentenza impugnata è viziata nella parte in cui afferma la nullità del rapporto contrattuale sul presupposto che la sua stipula trovi origine in una condotta illecita della società E.D.S. s.r.l.
2. Con il secondo motivo si deduce insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio.
La ricorrente lamenta che la Commissione tributaria centrale, pur partendo da specifiche circostanze fattuali concernenti i rapporti intrattenuti dal Pistilli con la E.D.S. s.r.l., e precisamente la esistenza di ordini di acquisto, l’intervenuto pagamento del prezzo dei distributori, l’esistenza di contratti di locazione aventi ad oggetto i distributori automatici compravenduti e la percezione dei canoni di locazione da parte del contribuente, non ha fatto da esse derivare la conseguenza della produzione di reddito non dichiarato da parte del Pistilli e, dunque, la legittimità degli accertamenti fiscali.
2.2. La doglianza è fondata.
Il giudice di merito, in effetti, pur avendo ritenuto accertato che tra il Pistilli e la società E.D.S. s.r.l. siano stati conclusi contratti di compravendita aventi ad oggetto i distributori automatici e contratti di locazione aventi ad oggetto i medesimi distributori, con conseguente percezione da parte del Pistilli dei canoni di locazione pattuiti, come peraltro riconosciuto dallo stesso contribuente nel corso del giudizio di primo grado (si veda stralcio del ricorso introduttivo trascritto nel ricorso per cassazione – pag. 11), ha affermato che tali circostanze non sono di per sé idonee a superare la ritenuta nullità dei contratti, valorizzando in tal modo soltanto la pretesa invalidità del rapporto contrattuale e tralasciando di considerare compiutamente tutte le risultanze processuali emerse nel corso del giudizio, ed in particolare la percezione di provvigioni e di canoni di locazione da parte del Pistilli, costituenti reddito d’impresa soggetti a tassazione, incorrendo in tal modo in un vizio logico – prospettato dalla ricorrente – che si traduce in una motivazione insufficiente.
Il ricorso va, pertanto, accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, per il nuovo esame in relazione alle censure accolte, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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