CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 giugno 2020, n. 12197
Rapporto di agenzia – Prova della sussistenza – Sola percezione di compensi provvisionali – Scrittura intercorsa tra le parti che qualificava detti rapporti quali di procacciamento d’affari – Irrilevanza dell’iscrizione nell’albo degli agenti
Considerato in fatto
1. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale, ha accolto l’opposizione proposta dalla soc. M. IGC srl avverso il decreto con il quale era stato ingiunto alla società il pagamento, a favore della Fondazione Enasarco, di Euro 38.264,22 a titolo di contributi dovuti per il rapporto di agenzia intercorso con alcuni soggetti, formalmente qualificati dalla società come procacciatori di affari.
Secondo la Corte la Fondazione non aveva fornito la prova della sussistenza di rapporti di agenzia. Ha rilevato che la sola percezione di compensi provvisionali, peraltro in termini di discontinuità temporale e quantitativa, e per importi in alcuni casi molto contenuti – l’unico elemento su cui si era basato l’accertamento ispettivo – appariva compatibile con i rapporti di procacciamento d’affari privi del carattere della stabilità. Ha dedotto che non risultava alcuna prova degli elementi del rapporto di agenzia essendo, inoltre, tali rapporti disciplinati da una scrittura intercorsa tra le parti che qualificava detti rapporti quali di procacciamento d’affari, restando irrilevante l’iscrizione nell’albo degli agenti.
Infine, la Corte ha rigettato l’appello incidentale della Fondazione volto ad ottenere la condanna della società a pagare i contributi sugli anticipi provvisionali corrisposti ad A.B. con il quale la società, pacificamente, intratteneva un rapporto di agenzia.
2. Avverso la sentenza ricorre in cassazione la Fondazione Enasarco con tre motivi. Resiste la soc. M. IGC srl che deposita anche memoria ex art. 378 cpc.
Ritenuto in diritto
3. Con il primo motivo la Fondazione denuncia la violazione degli artt 1742 e seg.cc ; degli artt 2 e 5 L n 12/1973, degli artt 1 e 4 Regolamento Enasarco del DM 24/9/1998 o, in subordine, violazione degli art. 1324 e 1362 cc in relazione alle norme regolamentari di cui prima.
Lamenta che la decisione viola l’art. 1742 cc in quanto aveva dato preminenza assoluta al requisito della stabilità rispetto a quelli, parimenti concorrenti ,della continuità, non episodicità, non occasionalità e promozionalità dell’opera dei collaboratori. Rileva che ulteriore distinzione è data dall’oggetto dell’attività che nel procacciatore si risolve nella segnalazione di nominativi di clienti e/o raccolta di ordini e nel secondo caso promozione della conclusione di contratti (qualunque intervento positivo che abbia come scopo e come risultato finale la stipula di un contratto ) ed erroneamente la Corte si è soffermata solo sulla stabilità.
Censura la sentenza per aver affermato che nella specie vi era la prova scritta solo del rapporto di procacciamento d’affari e non di agenzia e che ai fini dell’accertamento della natura dei rapporti in contestazione dovesse prevalere, in assenza di prova contraria ,quanto risultante dall’atto scritto, manifestazione della volontà delle parti .
Lamenta che, infine, la sentenza aveva violato le norme dei regolamenti Enasarco ritenendo che l’obbligo di contribuzione sussisteva solo per gli agenti formalmente qualificati tali in un contratto scritto di agenzia e non per tutti í soggetti che, a prescindere dalla qualificazione data dalle parti, rientrassero nel dettato dell’art. 1742 cc .
4. Con il secondo motivo denuncia omesso esame di fatti decisivi in relazione all’art. 360 n 5 cpc costituiti dalle stesse lettere di incarico da cui emergeva che erano rapporti di agenzia ,così come ritenuto dal Tribunale.
5. Con il terzo motivo denuncia nullità della sentenza per motivazione inesistente ; violazione dell’art. 6 L.n. 12/1973, dell’art 6 del Regolamento Enasarco DM 24/9/98 o in subordine degli artt. 1324 e 1362 in relazione al citato regolamento Enasarco; dell’art. 7 AEC del 16/11/1998; dell’art. 2697 cc.
Rileva, con riferimento al rigetto dell’appello incidentale, che la Corte aveva omesso di pronunciarsi sui motivi di appello proposti dalla Fondazione avverso la sentenza del Tribunale che aveva accolto l’opposizione della M. in ordine alla posizione dell’agente B. ritenendo non dovuti i contributi sugli anticipi provvisionali e non provato dall’Enasarco che le somme fossero provvigioni maturate in esito alla conclusione di affari per l’attività del B. e che, anzi, la M. aveva agito giudizialmente nei confronti del B. per la restituzione.
La ricorrente lamenta che aveva formulato censure alla decisione del Tribunale sulla quale non aveva risposto la Corte d’appello. Osserva , infatti, che le provvigioni erano dovute anche sugli anticipi in quanto per l’art 6 Regolamento DM 24/9/98 i contributi erano dovuti su tutte le somme erogate agli agenti e che l’AEC prevedeva che l’agente ha diritto agli anticipi sulle provvigioni . Spettava, inoltre, alla M. provare che le provvigioni non erano dovute ed anzi risultava che non aveva agito giudizialmente nei confronti del B..
6. I motivi , congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono infondati.
Con riferimento ai primi due motivi va rilevato che caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto di procacciatore d’affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa.
7. Nella specie il ricorso non evidenzia violazione dei principi di cui sopra e dell’art. 1742 cc. Il ricorso della Fondazione, pur attraverso la formale denuncia della violazione di diverse disposizioni codicistiche, risulta sostanzialmente inteso a sollecitare una rivisitazione del quadro probatorio, inibita a questa Corte in presenza di una congrua e non illogica valutazione dello stesso da parte del giudice di merito.
I motivi si incentrano sulla erronea qualificazione dei rapporti intercorsi con alcun soggetti e la società M. considerati di procacciatori d’affari, non avendo ritenuto la Corte d’appello raggiunta la prova della sussistenza di rapporti di agenzia.
La Corte non è incorsa in alcuna violazione di norme di diritto avendo escluso il requisito della continuità e stabilità della prestazione caratterizzante il rapporto di agenzia, ritenendo che la sola percezione di provvigioni, peraltro caratterizzata da discontinuità temporale e quantitativa e per importi in alcuni casi contenuti, ovvero l’unico elemento sul quale si era basato l’accertamento ispettivo, era compatibile con rapporti di procacciamento d’affari, come sostenuto dalla società, e risultante dagli atti scritti intercorsi tra le parti univocamente riferibili a rapporti occasionali e privi del carattere della stabilità, pervenendo alla conclusione che vi fosse la prova in positivo della riferibilità dei compensi a rapporti di procacciamento .
La Fondazione solleva questioni di merito già esaminate dalla Corte territoriale, sottratte alla cognizione di questa Corte ove adeguatamente e logicamente motivate e non limitate alla qualificazione del rapporto risultante dal contratto scritto .
8. Va, infine, rilevato, con riferimento al terzo motivo, che le censure non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata,che esclude la natura di provvigioni o, comunque, di somme dovute al B. alla luce della documentazione depositata dalla società.
9. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato. Le spese processuali seguono la soccombenza.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art 13.
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