CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 luglio 2019, n. 19724
Indennità di accompagnamento – Domanda proposta in via amministrativa – Impossibilità di deambulare autonomamente e di svolgere, senza un aiuto continuativo, gli atti quotidiani della vita – Certificato medico non contenente l’indicazione espressa – Non necessaria la formalistica compilazione dei moduli Inps o l’uso di formule sacramentali – Sufficiente che la domanda consenta di individuare la prestazione richiesta
Rilevato che
Il Tribunale di Crotone, in sede di opposizione ad ATP, avendo disposto il rinnovo della CTU con cui era stata accertata la sussistenza in capo a R.G. del requisito sanitario per beneficiare dell’indennità di accompagnamento, dalla stessa richiesta in via amministrativa nel 2014, ha condannato l’Inps a corrisponderne l’ammontare maturato da tale data, oltre interessi, fatti salvi gli eventuali periodi di ricovero in istituti di lungo degenza con retta a carico dello Stato;
la cassazione della decisione è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo; resiste con controricorso, illustrato da memoria, R.G.;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ., l’ente previdenziale contesta “Nullità della sentenza – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 533/1973; dell’art. 2697 cod. civ.; degli artt. 1 e 2 del D.M. del 9 novembre 1990 del Ministero del Tesoro (in G.U. n. 268 del 16 novembre 1990, intitolato “determinazione delle caratteristiche del modello di domanda, da presentare per ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile, e delle caratteristiche della certificazione da allegare a dimostrazione della presunta invalidità”), in relazione alla legge 18/1980; dell’art. 1 del d.P.R. n. 698/1994; dell’art. 20 del D.L. n. 78/2009, conv. in I. n. 102/2009 e della Circolare Inps n. 131 del 28/12/2009, emanata in esecuzione dell’art. 20, c. 3, DL 78/2009, conv. in I. 102/2009″; l’Inps contesta al giudice del merito di aver ritenuto spettante l’indennità di accompagnamento sebbene avesse accertato che il certificato del medico curante allegato alla domanda proposta in via amministrativa non conteneva l’indicazione espressa dell’impossibilità dell’istante di deambulare autonomamente e di svolgere, senza un aiuto continuativo, gli atti quotidiani della vita, così come indicato nella normativa richiamata in epigrafe; in particolare l’Inps si duole che il giudice abbia rigettato l’eccezione di improponibilità del ricorso, sollevata in ragione dell’accertata carenza di un presupposto di legittimità della domanda amministrativa; il motivo è infondato;
il Tribunale ha correttamente rigettato l’eccezione d’improcedibilità del ricorso sollevata dall’Inps per l’asserita mancanza di una specifica domanda amministrativa volta ad ottenere l’indennità di accompagnamento;
la decisione gravata è coerente con il principio di diritto recentemente affermato da questa Corte (Cass. n. 14412 del 2019), con cui si afferma che “In tema di prestazioni previdenziali ed assistenziali, al fine di integrare il requisito della previa presentazione della domanda non è necessaria la formalistica compilazione dei moduli predisposti dall’INPS o l’uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che la domanda consenta di individuare la prestazione richiesta affinché la procedura anche amministrativa si svolga regolarmente. Ne consegue che non costituisce requisito imprescindibile della domanda amministrativa barrare la casella che, nel modulo, individua le condizioni sanitarie la cui sussistenza è necessaria per il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento, non potendo l’istituto previdenziale introdurre nuove cause di improcedibilità ovvero di improponibilità in materia che deve ritenersi coperta da riserva di legge assoluta ex art. 111 Cost.;
in definitiva, il ricorso va rigettato, le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese di legittimità nei confronti della controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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