CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 luglio 2020, n. 15589
Tributi – Accertamento induttivo – Attività di riparazioni meccaniche di autoveicoli – Elementi indiziari – Ricavi della manodopera e percentuale di ricarico sulla merce venduta – Fatture esaminate – Esiguità del campione – Illegittimità
Rilevato che
Il contribuente ha impugnato alcuni avvisi di accertamento relativi all’anno di imposta 2005, per maggior reddito imponibile, oltre IRAP, IVA e sanzioni, conseguenti all’applicazione degli studi di settore (attività di riparazioni meccaniche di autoveicoli); gli avvisi, come emerge dalla sentenza, sono stati emessi sia sulla base dei dati parametrici degli studi di settore, sia in base ai dati contabili esibiti dal contribuente in sede di contraddittorio, dai quali emergeva l’incoerenza dell’indice di durata delle scorte e l’esposizione di ricavi per manodopera inferiori ai costi dei dipendenti;
che la CTP di Benevento, previa riunione dei ricorsi, ha accolto le domande del contribuente e la CTR della Campania, con sentenza in data 10 giugno 2012, ha accolto l’appello dell’Ufficio, rilevando come la documentazione contabile esibita dal contribuente mostrava ricavi per manodopera inferiori al costo del personale, oltre alla perdita civilistica e a una redditività dichiarata pari allo 0,40%, dati che sono apparsi al giudice di appello incongruenti e in contrasto con il criterio di ragionevolezza e di economicità; il giudice di appello ha, inoltre, ritenuto che il contribuente non ha fornito adeguate giustificazioni a prova contraria, ritenendo, pertanto, legittimo l’accertamento, anche alla luce degli ulteriori elementi rilevati in sede di esame contabile;
che propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, resiste con controricorso l’Ufficio;
Considerato che
con il primo e complesso motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d) d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché dell’art. 15, comma 2, d.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 2727, 2728 e ss. cod. civ., nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento, in quanto fondato non esclusivamente sui dati parametrici degli studi di settore, bensì sugli elementi scaturiti dall’esame della documentazione contabile e fiscale acquisita agli atti del procedimento; ritiene il ricorrente che l’Ufficio ha effettuato l’accertamento sulla base di scritture contabili che si sono rivelate corrette il che renderebbe insufficiente l’applicazione della mera percentuale di ricarico diversa da quella riscontrata nel settore di appartenenza, salvo che si individuassero condizioni di abnormità o irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di attendibilità; rileva, inoltre, il ricorrente come la percentuale di ricarico sia stata calcolata dall’Ufficio sulla base di un campione di fatture che egli ritiene non significativo; rileva, inoltre, come la sentenza impugnata abbia imputato al contribuente una sommaria compilazione delle distinte, ma non avrebbe indicato in quali termini tale circostanza avrebbe inciso sull’attendibilità della documentazione contabile; deduce come l’indicatore economico della durata delle scorte non ha avuto in concreto alcuna incidenza sulla rideterminazione del reddito di impresa, così privando di pregnanza il giudizio di applicabilità al caso di specie degli standard prescelti dall’Ufficio; deduce, inoltre, quanto alla minore entità del costo per manodopera rispetto ai ricavi fatturati, che la forza lavoro non è stata impiegata complessivamente per le sole prestazioni rese nell’ambito dell’officina meccanica, ma nelle attività collaterali;
quanto, infine, alle giornate retribuite, il ricorrente osserva come non siano state analiticamente esplicitate dal giudice di appello le ragioni in base alle quali sarebbero state rideterminate le ore di lavoro giornaliere, nonché il ricavo orario per la manodopera, in considerazione della non significatività del campione delle fatture esaminato; deduce, infine, che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nella violazione del divieto di doppia presunzione (presumere dal presunto);
che il motivo di ricorso, veicolato nelle forme della violazione di legge, appare inammissibile, in quanto tende a riformulare il giudizio di fatto reso dal giudice di appello su dati contabili (redditività del monte ore lavorate) e sulla esistenza di elementi di bilancio manifestamente antieconomici (perdita di bilancio e redditività negativa), laddove la scelta degli elementi di prova spettano al giudice del merito (Cass., Sez. Lav., 7 giugno 2013, n. 14463), salvo che si deduca che il giudice del merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o abbia disatteso, valutandole secondo prudente apprezzamento, prove legali (Cass., VI, 17 gennaio 2019, n. 1229); il che, nella specie, non ricorre;
che dalla scelta di tali elementi indiziari – scelta riservata al giudice del merito – il giudice di appello ha tratto il giudizio in fatto di antieconomicità della gestione di impresa del ricorrente, al fine di confortare l’avviso di accertamento, rispetto al quale non vi è violazione del principio del divieto di presumere dal presunto, che ricorre nel caso in cui si valorizzi una presunzione come fatto noto, per derivarne da essa un’altra presunzione, laddove il giudizio di antieconomicità è stato tratto nel caso di specie sulla base di dati di fatto (contabili e di bilancio);
che con il secondo motivo si deduce contraddittoria, omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio a termini dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., in relazione alla omessa motivazione circa il fatto della esistenza di maggior ricavi dalla manodopera, laddove la sentenza non si sarebbe soffermata sulla circostanza secondo cui i dipendenti della contribuente non sarebbero stati tutti impiegati nell’attività di officina, ma anche in attività collaterali, nonché nella parte in cui la sentenza di appello non avrebbe preso in esame la documentazione prodotta in prime cure; il ricorrente, infine, deduce contraddittorietà della sentenza nella parte in cui la sentenza non avrebbe considerato che la contribuente aveva emesso numerose (n. 1.566) fatture nel corso del periodo di imposta, a fronte del fatto che le fatture prese a campione ai fini del calcolo della percentuale di ricarico sarebbero state solo nove, né sarebbero stati indicati i criteri in base ai quali è stato predeterminato il suddetto campione;
che il motivo è fondato, posto che tali circostanze, evidenziate nella narrativa della sentenza impugnata, sono idonee ad incidere sul dato contabile della redditività del monte ore lavorate, sia in quanto calcolato su un campione non significativo di fatture di vendita, rispetto alle quali non sono stati indicati i criteri di individuazione del campione, di rappresentazione della significatività del campione medesimo, nonché sia in quanto il dato potrebbe essere falsato dalla indicazione di un diverso e minore numero di lavoratori impiegati nella specifica attività caratteristica relativamente alla quale è stato operato il suddetto calcolo; che, inoltre, in tema di rettifica della dichiarazione IVA, la determinazione in via presuntiva della percentuale di ricarico effettiva sul prezzo della merce venduta, in sede di accertamento induttivo, deve avvenire adottando un criterio che sia: (a) coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame; (b) applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato; (c)fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in base alla composizione del campione di beni; tale modalità di determinazione della reale percentuale di ricarico prescinde del tutto dalla circostanza che la contabilità dell’imprenditore risulti formalmente regolare (Cass., Sez. VI, 15 dicembre 2017, n. 30276) che il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al secondo motivo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.