CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 maggio 2019, n. 13860
Licenziamento – Riduzione del personale – Mancato avvio della procedura di informazione e consultazione
Rilevato che
1. con sentenza n. 1744 pubblicata il 10.2.2017, la Corte d’appello di Milano ha respinto l’impugnazione proposta da P.L. s.p.a., confermando la decisione di primo grado che aveva dichiarato antisindacale la condotta tenuta dalla società nei confronti della Federazione Nazionale Assicuratori F.N.A., consistita nel mancato avvio della procedura di informazione e consultazione prevista dall’art. 16 c.c.n.l. con riferimento alle riduzioni di personale effettuate nelle sedi di Roma e Milano secondo la procedura di conciliazione di cui all’art. 7, L. n. 604 del 1966;
2. la Corte territoriale ha dato atto della circostanza, documentalmente provata e comunque pacifica, dell’avvio delle comunicazioni di cui al citato art. 7, da parte della società, volte ad annunciare il licenziamento di tre dipendenti nel luglio 2012, di altri due e tre dipendenti rispettivamente nel gennaio e nel marzo del 2013;
3. ha interpretato l’art. 16 c.c.n.l. di settore (secondo cui “l’impresa nel caso in cui si sia verificata un’eccedenza di personale, prima di prendere ogni altra iniziativa, attiverà una fase preventiva di confronto sindacale, secondo le disposizioni che seguono”) come recante una previsione autonoma, riferita ad una eccedenza di personale plurima, rispetto al precedente art. 15 che contempla una procedura di informazione preventiva legata al diverso presupposto delle “rilevanti ristrutturazioni aziendali”;
4. ha escluso che il generico dialogo posto in essere dalla società datoriale con l’organizzazione sindacale potesse considerarsi equivalente al confronto preventivo come disciplinato dal citato art. 16;
5. ha ritenuto che la violazione di detta procedura integrasse una condotta antisindacale di cui all’art. 28, L. n. 300 del 1970, ravvisando l’attualità degli effetti della stessa nella perdita di immagine subita dal sindacato in quanto “scavalcato dal datore di lavoro in una vicenda cruciale quale è quella che mette in discussione il posto di lavoro”
6. avverso tale sentenza la P.L. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso la F.N.A. Segreteria Territoriale di Milano;
7. la P.L. s.p.a. ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.
Considerato che
8. col primo motivo di ricorso la P.L. s.p.a. ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 16 del c.c.n.l. di riferimento nonché degli artt. 1362 e 1363 c.c., per avere interpretato le clausole del contratto collettivo in contrasto con la lettera e la ratio delle stesse ed in violazione del preminente criterio dell’interpretazione complessiva;
9. ha ribadito come le predette disposizioni dovessero essere lette unitariamente e nel senso che l’art. 16 disciplina l’eccedenza di personale derivante comunque da ristrutturazioni aziendali, oggetto dell’art. 15;
10. ha evidenziato l’irrazionalità dell’art. 16, ove letto come svincolato dai presupposti di cui all’art. 15, in quanto imporrebbe l’osservanza della procedura in esso prevista anche nell’ipotesi in cui la compagnia di Assicurazioni intendesse procedere ad un singolo licenziamento oppure (tenuto conto dell’uso, nel comma 2 dell’art. 16, del plurale quanto al numero dei lavoratori coinvolti nell’eccedenza di personale) a licenziamenti plurimi anche di due lavoratori; con l’ulteriore conseguenza, ove i due lavoratori fossero collocati presso distinte società del gruppo, di dover coinvolgere nella procedura anche la capogruppo;
11. ha sottolineato come, in occasione del primo intervento organizzativo che aveva coinvolto tre dipendenti, il sindacato e le r.s.a. non avessero contestato la mancata attivazione della procedura di cui al citato art. 16, condotta rilevante ai fini dell’art. 1362, comma 2, c.c.;
12. col secondo motivo la società ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 16 c.c.n.l., degli artt. 1362, 1363, 1366, 1368, 1371 c.c.;
13. ha sostenuto, in subordine, che ove si propendesse per la autonomia delle previsioni di cui agli artt. 15 e 16 del c.c.n.l., risulterebbe comunque errata l’interpretazione della Corte di merito, in un’ottica di contemperamento degli oneri posti a carico delle parti stipulanti, in quanto estenderebbe la necessità della procedura di confronto di cui all’art. 16 a fattispecie di esubero ulteriori rispetto a quelle contemplate dalla L. n. 223 del 1991, art. 24;
14. col terzo motivo di ricorso la P.L. s.p.a. ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 28, L. n. 300 del 1970, degli artt. 2697 e 2727 c.c. e degli artt. 100 e 116 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto esistente il requisito di attualità della condotta antisindacale in re ipsa, in mancanza dei necessari accertamenti sul punto;
15. sul primo motivo di ricorso, occorre richiamare quanto statuito da questa Corte in tema di interpretazione dei contratti collettivi nazionali;
16. si è affermato (Cass. n. 6335 del 2014) che la denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., come modificato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 40 del 2006, è parificata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, sicché anch’essa comporta, in sede di legittimità, l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. c.c.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti;
17. la giurisprudenza di legittimità richiamata dalla stessa ricorrente (Cass. n. 10434 del 2006; n. 14461 del 2006; n. 8037 del 2007; n. 3027 del 2009; n. 16295 del 2010 in motivazione) ha precisato come “l’interpretazione di una clausola di un contratto collettivo non può operarsi compiendo un esame parziale della stessa e tralasciando l’esame delle altre clausole con cui essa si integra e vicendevolmente si completa, anche in relazione all’esigenza della contrattazione in questione di apprestare una disciplina competa della realtà lavorativa del settore che è chiamata a regolare. Infatti nella contrattazione collettiva la comune intenzione delle parti non sempre è ricostruibile attraverso il mero riferimento “al senso letterale delle parole”, atteso che la natura di detta contrattazione sovente articolata su diversi livelli (nazionale, provinciale, aziendale etc.), la vastità e la complessità della materia trattata in ragione dell’interdipendenza di molteplici profili della posizione lavorativa (che sovente consigliano alle parti il ricorso a strumenti sconosciuti alla negoziazione tra parti private come preambolo, premesse, note a verbale etc.), il particolare linguaggio in uso nel settore delle relazioni industriali non necessariamente coincidente con quello comune e, da ultimo, il carattere vincolante che non di rado assumono nell’azienda l’uso e la prassi, costituiscono elementi che rendono indispensabile nella materia una utilizzazione dei generali criteri ermeneutici che tenga conto di detta specificità, con conseguente assegnazione di un preminente rilievo al canone interpretativo dettato dall’art. 1363 c.c.”;
18. l’art. 15 del c.c.n.l. applicato (prodotto col ricorso in esame, previa trascrizione degli articoli rilevanti) stabilisce: “Nei casi di rilevanti ristrutturazioni aziendali anche derivanti da innovazioni tecnologiche, fusioni, concentrazioni, scorpori di attività, anche se relative ad agenzie in gestione diretta, che possano incidere concretamente sui livelli occupazionali aziendali ovvero comportino modifiche nello svolgimento della prestazione lavorativa di gruppi di personale o ne comportino la mobilità, intesa come mutamento di sede di lavoro o distacchi collettivi, l’Impresa informerà gli organismi sindacali aziendali in via preventiva rispetto alla realizzazione dei provvedimenti deliberati.
Al riguardo, su richiesta degli organismi sindacali aziendali e prima della fase di realizzazione, si effettuerà un confronto tra le Parti sui possibili effetti in materia di: a) occupazione, con riferimento ad eventuali modifiche dei livelli occupazionali;
b) condizioni di lavoro, con riferimento a problemi legati alla mobilità, professionalità e mansioni dei lavoratori/trici;
c) organizzazione del lavoro, con riferimento alle esigenze di formazione e riqualificazione professionale ed alla applicazione della normativa in tema di parità uomo-donna (D. Lgs. 11 aprile 2006, n. 198).
In sede di confronto, l’Impresa fornirà le ulteriori informazioni che venissero richieste dagli organismi sindacali aziendali le quali siano oggettivamente utili alla migliore comprensione delle finalità delle ristrutturazioni in questione, dei tempi di realizzazione nonché degli eventuali riflessi organizzativi.
Il confronto tra le Parti, che sarà finalizzato ad una possibile intesa, avverrà tenendo conto tanto delle esigenze dei lavoratori/trici interessati quanto delle esigenze dell’Impresa e si esaurirà comunque entro 30 giorni dalla data dell’incontro informativo. L’Impresa potrà attuare i provvedimenti per la parte concernente le ricadute sui lavoratori/trici di cui ai punti a), b) e c), trascorsi i 30 giorni indicati al precedente comma, ferma l’attivazione della procedura di cui all’art. 16, ove ne ricorrano i presupposti.
Durante i predetti 30 giorni le Organizzazioni Sindacali si asterranno da ogni azione diretta.
Nel caso in cui quanto previsto dal primo comma del presente articolo riguardi due o più Imprese assicurative, Società o Consorzi di Imprese di assicurazione, facenti parte dello stesso Gruppo assicurativo, la procedura di confronto, di cui ai commi che precedono, si svolgerà a livello della Capogruppo. In tale ambito la delegazione sindacale è costituita secondo le modalità di cui all’art. 11. In caso di scorporo di attività non comprese nell’area contrattuale di cui all’art. 1, ai lavoratori/trici che – previo loro consenso – dovessero passare alla Società cui venga affidata l’attività scorporata, verrà garantito il mantenimento del trattamento economico complessivo vigente al momento de/loro passaggio.
19. L’art. 16 del c.c.n.l. stabilisce: “L’Impresa, nel caso in cui si sia verificata un’eccedenza di personale, prima di prendere ogni altra iniziativa, attiverà una fase preventiva di confronto sindacale secondo le disposizioni che seguono.
In un apposito incontro con le R.S.A., l’Impresa informerà le stesse in ordine alla situazione di eccedenza di personale, ai motivi che la determinano, al numero dei lavoratori/trici coinvolti ed alla collocazione aziendale ed ai profili professionali del personale eccedente.
Nel corso del confronto, le Parti esamineranno l’attuabilità di misure quali ad esempio, forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, contratti di riduzione d’orario, part time, distacchi anche temporalmente definiti presso Società di Gruppo, incentivazioni all’esodo anticipato volontario, anche accompagnate da offerta di partecipazione a corsi di formazione ai fini dell’eventuale riconversione professionale, finanziamenti agevolati per intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperativa, incentivazione alla ricollocazione presso altre aziende, eventuale ricorso allo strumento previsto all’allegato 10 del C.C.N.L., ecc.
L’Impresa fornirà indicazioni circa í motivi per i quali ritenga non adottabile o non idonea ed efficace, nella fattispecie, alcuna di tali misure.
Nel caso si tratti di Impresa assicurativa controllata da altra Impresa assicurativa, il confronto sindacale di cui al presente articolo avverrà con il coinvolgimento della Società controllante.
Il confronto, che sarà finalizzato ad una possibile intesa, si esaurirà, salvo diverso accordo tra le Parti, entro 30 giorni dalla data della prima riunione informativa.
Nel caso non si raggiunga alcuna intesa, su richiesta di una delle Parti, verrà attivata una ulteriore fase di verifica con le Parti firmatarie del presente contratto.
Tale fase dovrà esaurirsi nel termine di 30 giorni.
Trascorso tale periodo, o periodo diverso eventualmente concordato tra le Parti, senza che si sia pervenuti ad un accordo, l’Impresa sarà libera di assumere le iniziative del caso.
Nel caso in cui quanto previsto dal primo comma del presente articolo riguardi due o più Imprese assicurative o Società, facenti parte dello stesso Gruppo assicurativo, la procedura di confronto, di cui ai commi che precedono, si svolgerà a livello della Capogruppo. In tale ambito la delegazione sindacale è costituita secondo le modalità di cui all’art. 11.
20. la sentenza d’appello ha seguito esattamente i criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità e, difatti, ha proceduto ad una interpretazione della normativa contrattuale non solo tenendo conto del dato letterale e logico, ma esaminando le disposizioni degli artt. 15 e 16 del contratto collettivo in maniera complessiva e sistematica, rilevando la chiara diversità dei presupposti individuati in ciascuna norma rispetto alle autonome procedure di confronto ivi previste;
21. dal punto di visto sistematico, è significativo che l’art. 16 non contenga alcun riferimento al precedente art. 15, come sarebbe stato necessario ove quest’ultima disposizione contenesse in via esclusiva i presupposti della procedura di cui all’art. 16; l’art. 15 contempla quali possibili e alternative conseguenze delle “rilevanti ristrutturazioni aziendali” sia l’incidenza “sui livelli occupazionali aziendali”, sia le “modifiche nello svolgimento della prestazione lavorativa di gruppi di personale” oppure la “mobilità intesa come mutamento di sede di lavoro o distacchi collettivi”; il medesimo art. 15 richiama espressamente l’attivazione della procedura di cui all’art. 16 “ove ne ricorrano i presupposti”, cioè per l’ipotesi in cui le ristrutturazioni avessero determinato conseguenze incidendo sui livelli occupazionali; l’art. 16, che si ribadisce non contiene alcun riferimento all’art. 15, non può, dal punto di vista logico e sistematico, che essere letto come riferito a tutti i casi di eccedenza di personale, sia provocata dalle ristrutturazioni di cui all’art. 15 e sia quale conseguenza di qualsiasi altro meccanismo;
22. la società ricorrente ha sostenuto come le due procedure, di cui agli artt. 15 e 16, non fossero in rapporto di alternatività e che quella prevista dall’art. 16 dovesse applicarsi ove, in seguito a rilevanti riorganizzazioni, si fosse verificata un’eccedenza di personale; tale conclusione, condivisibile, non esclude, in base al tenore delle disposizioni in oggetto, che la procedura di confronto disciplinata dall’art. 16 abbia anche una sua autonoma sfera di operatività e debba trovare applicazione anche in tutti i casi in cui si verifica un’eccedenza di personale, sia originata da rilevanti ristrutturazioni e sia quale conseguenza di altre cause;
23. l’interpretazione adottata dalla Corte di merito, in conformità ai criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c., non può ritenersi erronea in base al rilievo, mosso dalla società ricorrente, della irragionevolezza di una norma che imponesse la procedura di cui all’art. 16 anche a fronte di soli due licenziamenti (la sentenza impugnata ha precisato dovesse trattarsi di un’eccedenza di personale plurima, come desumibile dal riferimento al numero dei lavoratori contenuto nel secondo comma della disposizione citata), risultando al contrario la scelta delle parti sociali, di prevedere un necessario confronto con le r.s.a., perfettamente coerente con l’importanza delle conseguenze legate all’esubero di personale;
24. nessun rilievo può attribuirsi alla omessa immediata contestazione della violazione dell’art. 16 da parte del sindacato e delle r.s.a. in conseguenza del primo intervento riorganizzativo della società che ha causato il licenziamento di tre dipendenti, sia perché, ai fini dell’art. 1362, comma 2 c.p.c., rileva il comportamento delle parti stipulanti, e non delle articolazioni locali quale le r.s.a., sia perché, comunque, vi è stata in seguito una reazione delle OO.SS.;
25. il secondo motivo di ricorso è infondato non potendosi ravvisare alcuna violazione delle disposizioni invocate dalla società a fronte di una interpretazione che attribuisce alle clausole del c.c.n.l. la previsione di un l’obbligo di preventivo confronto sindacale rispetto ad ipotesi di eccedenza di personale che non rientrino nella disciplina del licenziamento collettivo, non essendo preluso alla contrattazione collettiva di introdurre previsioni più favorevoli a tutela dei lavoratori e quindi di apprestare una tutela per casi non ricompresi nella L. n. 223 del 1991; peraltro, la stessa critica potrebbe essere mossa anche all’interpretazione proposta dalla società ricorrente, atteso che il combinato disposto degli artt. 15 e 16 impone procedure di informazione e consultazione al di là di quanto previsto dalla legge in materia di licenziamenti collettivi;
26. neppure il terzo motivo di ricorso può trovare accoglimento;
27. questa Corte ha affermato come, in tema di repressione della condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 della legge n. 300 del 1970, il solo esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non può precludere l’ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo ove questo, alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell’attività sindacale. L’accertamento in ordine alla attualità della condotta antisindacale e alla permanenza dei suoi effetti costituisce un accertamento di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione, immune da vizi logici o giuridici, (Cass. n 3837 del 2016; n. 23038 del 2010);
28. nel caso in esame, la Corte d’appello ha ritenuto dimostrata, in base ad elementi presuntivi, la perdita di immagine sofferta dal sindacato in quanto non coinvolto, in violazione delle norme del c.c.n.l., rispetto al problema delle eccedenze di personale, definito “cruciale” nella sentenza impugnata perché tale da mettere a rischio la conservazione del posto di lavoro; la lesione dell’immagine e del ruolo dell’associazione sindacale, quale soggetto rappresentativo degli interessi dei lavoratori e in grado i tutelare gli stessi, non è certamente destinata ad esaurirsi in modo istantaneo o in correlazione con i licenziamenti per esubero di personale, avendo invece idoneità a produrre effetti duraturi e a rendere quindi attuale la condotta antisindacale come accertata;
29. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;
30. la regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;
31. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
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