CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 marzo 2019, n. 8181
IRPEF, IRAP e IVA – Attività di commercio di autoveicoli – Acquisto intracomunitario
Rilevato che
1. F. A., titolare di una ditta individuale posta in Saluzzo, esercente l’attività di commercio di autoveicoli, impugnò innanzi alla CTP di Cuneo l’avviso di accertamento, conseguente ad una verifica fiscale, che recuperava a tassazione, per l’annualità 2006: ai fini IRPEF, IRAP e IVA, costi indeducibili e non detraiteli, in relazione ad un’operazione di acquisto intracomunitario con la Francia di cinque autovetture provenienti dall’Albania, che l’organo di controllo aveva qualificato come “soggettivamente falsa”, e diretta ad eludere gli oneri doganali e relative imposte; nonché l’IVA indebitamente detratta per l’erronea applicazione del c.d. regime del margine;
la CTP, con la sentenza n. 24/01/2011, rigettò il ricorso;
2. il contribuente ha appellato tale decisione e la CTR del Piemonte, con la sentenza menzionata in epigrafe, per quanto ancora rileva, ha respinto il gravame per queste ragioni: a) dalle indagini effettuate dalla Guardia di Finanza è risultata con certezza l’irregolarità dell’operazione compiuta dal contribuente, che ha acquistato dalla società albanese “Classic” cinque autovetture, che sono state fatturate, invece, dalla società francese “Autras Nice”, incaricata dei soli servizi di sdoganamento, ma vendute dalla concessionaria albanese che, infatti, ha anche ricevuto il prezzo della cessione; b) pertanto, la fattura n. 124 del 30/12/2006, emessa da “Autras Nice”, annotata come “costo” nella propria contabilità dalla ditta del contribuente “va considerata alla stregua di un falso soggettivo che rende di conseguenza indetraibile ai fini fiscali detto costo” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata); c) ai fini del l’accerta mento tributario è irrilevante il decreto d’archiviazione emesso dal GIP del Tribunale di Saluzzo per il reato di contraffazione dei COC (certificati di omologazione comunitaria); d) attesa la falsità soggettiva della fattura, quale presupposto del recupero, ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, sono irrilevanti i motivi soggettivi dell’operazione (“pagamento di minori dazi doganali”) e il danno erariale; e) è legittimo anche il recupero IVA per l’irregolare liquidazione dell’imposta con il regime del margine, in quanto il contribuente, nell’esercizio 2006, ha erroneamente applicato il regime normale, non segnalato in dichiarazione, ed ha fatto confluire il credito del “margine” nell’IVA liquidata con il regime normale, detraendo l’imposta, anziché computarla quale eccedenza a credito in liquidazione nel periodo successivo;
3. il contribuente ricorre per la cassazione di questa sentenza, sulla base di otto motivi; l’Agenzia resiste con controricorso;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso, denunciando insufficiente e contradditoria motivazione circa un atto controverso e decisivo per il giudizio, il ricorrente censura la decisione della CTR che, secondo la sua prospettazione difensiva, presenterebbe alcune “discrasie” in quanto, da un lato, il giudice d’appello dichiara di concordare con la ricostruzione dell’irregolarità dell’operazione di compravendita delle cinque autovetture avallata dalla CTP, e, dunque, di condividerne il giudizio circa la sussistenza di un”‘evasione” d’imposta; dall’altro, però, afferma di volere prescindere totalmente da tale premessa, ravvisando l’irrilevanza dei motivi soggettivi sottesi all’operazione e del danno per l’erario provocato dall’operazione;
2. con il secondo motivo, denunciando la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ed il vizio di motivazione, si censura la CTR per non avere preso in considerazione le doglianze del contribuente circa il fatto che il giudice di primo grado aveva pronunciato ultra petita, introducendo ex novo un’asserita evasione d’imposta, in luogo della contestata “elusione” fiscale;
3. con il terzo motivo, denunciando “insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio (sussistenza o meno di reati e/o evasioni e/o frodi) in relazione anche all’art. 14 co. 4 bis L. 537/93 (ante modifica del 2012). Erronea o falsa interpretazione di legge.”, il ricorrente censura la contraddittorietà del percorso logico seguito dalla CTR che ha ritenuto irrilevante il decreto d’archiviazione del GIP del Tribunale di Saluzzo, trascurando che, in base alla giurisprudenza di legittimità ed euro-unitaria, l’indeducibilità/indetraibilità dei costi, ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, presuppone che detti costi (o spese) siano riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato;
4. con il quarto motivo di ricorso, il contribuente invoca, in subordine, l’applicazione dello ius superveniens, ossia dell’art. 14, comma 4-bis, della legge n. 537/1993, come modificato dall’art. 8 del d.l. n. 16/2012, qualificando tale disposizione come “applicabile al caso di specie in quanto pertinente, per quanto concerne i costi portati in detrazione”; al riguardo, rimarca che, per i fatti oggetto dell’accertamento fiscale, non è stata promossa l’azione penale;
5. con il quinto motivo, denunciando “violazione di legge e falsa applicazione della medesima ex art. 360 n. 3 Cpc, in riferimento all’art. 2 co I Dir. 17/05/77 del Consiglio d’Europa (VI direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di IVA) così come ripreso dall’art. 2, paragrafo 1 lett. a) della Dir. 2006/112; art. 17 co. I e II lett. a) così come ripreso dall’art. 168 lett. a) della Dir. 2006/112; nonché 18 co. I lett. a) e 22 co VIII medesima direttiva, così come rispettivamente ripresi dagli artt. 178 lett. a) e 273 della Dir. 2006/112, nonché 19 D.P.R. 633/72.”, il ricorrente censura la CTR per avere affermato il principio che l’IVA sarebbe indetraibile ogni volta che si riscontri che il soggetto che emette la fattura non coincide con il soggetto che compie la prestazione, senza la necessità dell’accertamento dell’esistenza di una frode, in palese contrasto con la normativa comunitaria e con la giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Cassazione, per cui il diritto alla detrazione dell’IVA può essere negato al soggetto passivo solo quando questi sia consapevole (o avrebbe dovuto esserlo se avesse usato l’ordinaria diligenza) che l’operazione invocata a fondamento del diritto alla detrazione s’inscrive in un’evasione compiuta dal fornitore o da altro operatore intervenuto “a monte” nella catena di forniture;
6. con il sesto motivo, denunciando “violazione e/o falsa applicazione della Legge ex art. 360 n. 3 Cpc in relazione all’art. 2697 Cc. Difetto di motivazione.”, il ricorrente si duole che non sia stato rispettato il criterio di riparto dell’onere della prova, tra Amministrazione finanziaria e contribuente, incombendo sulla prima il compito di dimostrare gli elementi di fatto che attestano che il cedente ha realizzato una frode e sull’interessato quello di fornire la prova contraria, in quanto, nella specie, l’Ufficio non ha provato il “fatto elusivo” e, inoltre, allo stesso contribuente non è stato consentito di fornire la prova contraria;
7: con il settimo motivo, denunciando “Violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 n. III Cpc in relazione ai principi che regolano la neutralità dell’IVA; difetto di motivazione per illogicità.”, il ricorrente censura la CTR, la cui interpretazione, in casi come questo, nei quali l’imposta non è stata evasa, finirebbe coll’avallare un indebito arricchimento in capo all’erario che percepirebbe il tributo due volte: una volta, da parte dell’emittente la falsa fattura che ha regolarmente corrisposto l’IVA esposta; una seconda volta, in seguito al disconoscimento del diritto alla detrazione ex art. 19, del d.P.R. n. 633/1972, nei confronti del destinatario del documento che ha pagato il bene o servizio e la relativa imposta “che gli sarebbe stata addebitata a titolo di rivalsa.” (cfr. pag. 47 del ricorso per cassazione);
8. coll’ottavo motivo, denunciando la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e il “Difetto di motivazione (omissione)”, si censura la CTR che, con una motivazione “scarna” e “tautologica”, riproducendo la decisione di primo grado, ha omesso di esaminare la doglianza del ricorrente sul fatto che il margine complessivo lordo, per tutto l’anno 2006, doveva essere calcolato con riferimento a euro 16.792,00 e non a euro 45.101,14, che si riferiva solo al secondo trimestre d’esercizio;
9. il quarto motivo, da esaminare prioritariamente, è fondato nei termini che seguono;
9.1. per quanto concerne il tema della deducibilità, ai fini delle imposte dirette, dei costi sostenuti dal contribuente per l’acquisto delle cinque autovetture, s’intende dare continuità al costante orientamento di questa Corte, per il quale: «In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 14, comma 4 bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale “ius superveniens” con efficacia retroattiva “in bonam partem”, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una “frode carosello”), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo.» (Cass. 17/12/2014, n. 26461);
9.2. tornando alla presente controversia tributaria, in applicazione di tale disposizione normativa, con riferimento alla deducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette (e non, quindi, al diverso tema della detraibilità dell’IVA), si rende necessario accertare, con verifica impossibile in sede di legittimità e devoluta al giudice di merito in sede di rinvio, se detti costi, a norma del TUIR, siano concretamente rispettosi dei principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità;
10. il quinto motivo, il cui esame si è prioritario, sul piano logicogiuridico, rispetto a quelli ancora da esaminare, è fondato;
10.1. è ius receptum che: «In tema di IVA, il principio di neutralità dell’imposizione comporta che l’Amministrazione finanziaria, ove contesti che siano state poste a fondamento della detrazione della relativa imposta operazioni soggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare, anche in via presuntiva, la ricorrenza di elementi oggettivi dai quali emerga che il contribuente, nel momento in cui acquistò il bene o il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva evaso l’imposta o partecipato ad una frode.» (Cass. 19/04/2018, n. 9721);
la CTR, disattendendo questo principio di diritto, ha ravvisato l’indetraibilità dell’IVA in base al mero presupposto della falsità soggettiva dell’operazione commerciale, senza affrontare la questione – essenziale – della conoscenza o, comunque, della conoscibilità, da parte del cessionario, del carattere soggettivamente fittizio della compravendita;
11. il primo, il secondo, il terzo, il sesto e il settimo motivo sono assorbiti per effetto dell’accoglimento del quarto e del quinto mezzo;
12. l’ottavo motivo è infondato;
12.1. premesso che il tema del contendere attiene all’applicazione, ai fini dell’IVA, da parte del contribuente (esercente la vendita di autoveicoli usati), del regime d’imposizione del (solo) margine di utile realizzato, derogatorio del sistema generale di cui alla direttiva 2006/112 e rispetto a questo meno oneroso (contemplando una base imponibile ridotta), si rileva che la CTR non ha commesso il dedotto error in procedendo perché, senza discostarsi dal petitum dell’appello e senza omettere di pronunciare su alcuni profili di quest’ultimo, ha confermato l’irregolare liquidazione dell’IVA, per l’annualità 2006, con il “regime normale”, con ciò, implicitamente, disattendendo tutte le censure rivolte dal contribuente alla sentenza di primo grado, alla quale il giudice d’appello ha aderito;
13. in conclusione: accolti il quarto e il quinto motivo, infondato l’ottavo motivo, assorbiti il primo, il secondo, il terzo, il sesto e il settimo motivo, la sentenza è cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il quarto e il quinto motivo del ricorso, dichiara infondato l’ottavo motivo e assorbiti il primo, il secondo, il terzo, il sesto e il settimo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.