CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 marzo 2021, n. 7970
Tributi – Agevolazioni fiscali – Soggetti colpiti dal sisma in Sicilia del 1990 – Rimborso imposte versate
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 578/16/16, depositata l’11/02/2016, la CTR della Sicilia (Sezione staccata di Siracusa) ha confermato la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso originariamente proposto da M.G. contro il silenzio-diniego di rimborso, avente ad oggetto l’imposta IRPEF pagata per il triennio 1990/1992. L’istanza era stata presentata dal contribuente (lavoratore dipendente) il 30/10/2008, in qualità di soggetto colpito dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che aveva interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa.
Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 23/04/2017, formulando un solo motivo di impugnazione.
L’intimato ha resistito con controricorso, notificato a mezzo del servizio postale con atto spedito il 07/07/2017 e ha depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di legge ed, in particolare, degli artt. 9, comma 17, l. n. 289 del 2002 e 1, comma 665, l. n. 190 del 2014, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per avere la CTR accolto l’impugnazione del contribuente senza considerare che, nel caso in cui il contribuente sia un lavoratore dipendente, solo i sostituti d’imposta possono fruire dell’agevolazione prevista dall’art. 9, comma 17, l. n. 289 del 2002, violando anche i principi che regolano il riparto dell’onere della prova, spettando al contribuente provare il versamento della somma di cui chiede il rimborso, senza poter invocare la non contestazione dell’Amministrazione.
2. Si deve preliminarmente rilevare la tardività della notifica del controricorso. Com’è noto, in applicazione dell’art. 370 c.p.c., la parte contro la quale è diretto il ricorso per cassazione, se intende contraddire, deve farlo con controricorso, da notificare al ricorrente entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso (e cioè entro venti dall’ultima sua notifica).
Nella specie, tuttavia, l’intimato ha notificato il controricorso a mezzo del servizio postale con atto spedito il 07/07/2017, nonostante avesse ricevilto la notifica del ricorso introduttivo il 23/04/2017.
Il controricorso è dunque inammissibile.
3. Sempre in via preliminare deve rilevarsi che per evidente errore materiale nell’epigrafe del ricorso per cassazione è indicato, come resistente, M.L., mentre invece destinatario dell’atto è senza dubbio M.G., come si evince dalla sentenza impugnata e dalla relazione di notifica, apposta in calce al ricorso per cassazione stesso, oltre che dall’avviso di ricevimento relativo alla notifica del medesimo.
4. L’unico motivo di ricorso contiene due distinte censure, da ritenersi entrambe infondate.
4.1. Con la prima censura è prospettato l’erroneo riconoscimento in capo al controricorrente del diritto al rimborso, in applicazione dell’art. 9, comma 17, l. n. 289 del 2002 perché, trattandosi di lavoratore dipendente, tale diritto spetterebbe solo al sostituto d’imposta.
Com’è noto, l’art. 9, comma 17, della l. 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), ha introdotto, per i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 in Sicilia, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ord. 21 dicembre 1990 del Ministro per il coordinamento della protezione civile, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi e contributi, la possibilità di definire in maniera automatica la loro posizione nei confronti dell’Erario relativa agli anni 1990-1992 versando, entro il 16 marzo 2003 (termine poi prorogato), l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10%, con la precisazione che, ove gli importi da versare complessivamente eccedessero la somma di euro 5.000, l’eccedenza poteva essere versata in un massimo di otto rate semestrali con l’applicazione degli interessi legali a decorrere dal 17 marzo 2003 (termine poi prorogato).
L’art. 1, comma 665, della I. 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ha poi espressamente previsto che, nel caso in cui i soggetti sopra indicati avessero già versato imposte per il triennio 1990-1992 d’importo superiore 4 quello previsto dall’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002, potessero ottenere il rimborso di quanto pagato in eccesso – con esclusione di quelli che svolgevano attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione era stata sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea – sempre che avessero presentato l’istanza di rimborso ai sensi dell’art. 21, comma 2, dl d.lgs. n. 546 del 1992, e successive modif. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della I. 28 febbraio 2008, n. 31, di conv. del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248.
È poi intervenuto l’art. 16-octies, comma 1, lett. b), del d.l. 20 giugno 2017, n. 91, inserito in sede di conversione dalla I. 3 agosto 2017, n.. 123, il quale, oltre a specificare che il diritto al rimborso spetta ai titolari di redditi di lavoro dipendente ed ai titolari di redditi equiparati o assimilati a questi ultimi in relazione alle ritenute subite, sempre con esclusione dei sopra menzionati soggetti svolgenti attività d’impresa, ha anche introdotto limiti quantitativi allo stesso, aggiungendo che esso deve essere erogato, nei limiti della spesa autorizzata.
La giurisprudenza di legittimità è concorde nell’affermare la legittimazione a presentare la richiesta di tale rimborso (e ad impugnare l’eventuale rifiuto) in capo al soggetto che ha percepito le somme assoggettate a ritenuta, e cioè il sostituito d’imposta, il più delle volte dichiarando anche la concorrente legittimazione del soggetto che ha effettuato il versamento dell’imposta, e cioè del sostituto d’imposta (v. Cass., Sez. 5, n. 17472/2017, Rv. 644905-01 e Cass., Sez. 6-5, n. 29039/2017, Rv. 646972-01; cfr. Cass., Sez. 5, n. 5498/2020, Rv. 657366-01 e Cass., Sez. 6-5, n. 18905/2016, Rv. 641481-01, ove legittimato a chiedere il rimborso è stato considerato il solo sostituito, quale unico destinatario l’agevolazione, in quanto vittima dell’evento calamitoso).
Anche di recente questa Corte ha ribadito che, per quanto riguarda la misura agevolativa in esame, anche il percettore di reddito da lavoro dipendente può esercitare il diritto al rimborso delle somme indebitamente ritenute alla fonte e versate dal datore di lavoro, in virtù della regola generale enunciata dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, che legittima alla presentazione della relativa richiesta anche cd. sostituito (così Cass., Sez. 6-5, n. 04291/2018, Rv. 647136-02).
E, in effetti, in tema di imposte dirette, l’art. 38 del d.P.R. cit. attribuisce la legittimazione a richiedere il rimborso dei versamenti sia al soggetto che ha effettuato il versamento, sia al percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (v. Sez. 6-5, n. 16105/2015, Rv. 636115-01; v. già Cass., Sez. 5, n. 14911/2007, Rv. 599229-01).
La censura pertanto non può essere accolta.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia ha dedotto la violazione delle regole che disciplinano la presentazione di domande di rimborso, nella parte in cui la CTR ha affermato che spetta al debitore (e cioè all’Erario) dimostrare di avere adempiuto al proprio obbligo (nella specie, l’obbligo di rimborso) mediante pagamento al terzo (il sostituto d’imposta) e non al creditore dare la prova negativa d del pagamento ad altri soggetti. La ricorrente ha, poi, dedotto che il contribuente che impugni il diniego si rimborso deve comunque fornire la prova di avere effettuato il versamento, non potendo invocare il principio di non contestazione, per non avere l’Amministrazione eccepito che il pagamento non sia avvenuto.
Tale affermazione, in punto di diritto è corretta (v., tra le. tante, Cass. Sez. 5, n. 24951/2011, Rv. 620505-01), ma dalla lettura della sentenza impugnata si evince con chiarezza che il giudice di merito ha ritenuto provata l’effettuazione dei versamenti di cui ha chiesto il rimborso, mediante la produzione delle dichiarazioni dei redditi degli anni a cui si riferisce la richiesta.
In altre parole, la CTR ha considerato che il contribuente, lavoratore dipendente, avesse adempiuto all’onere della prova su di lui gravante mediante la produzione delle dichiarazioni dei redditi, ove erano riportati i versamenti effettuati dal sostituto d’imposta. E tale statuizione non è stata censurata.
L’impugnazione attiene ad un ulteriore passaggio decisionale, secondo il quale, ove l’Amministrazione affermi di avere operato il rimborso al sostituto d’imposta, deve provare quanto affermato.
Ma tale affermazione è conforme alle regole di riparto dell’onere della prova, sancite dall’art. 2697 c.c., secondo il quale i fatti, impeditivi, modificativi ed estintivi devono essere provati dalla parte che li eccepisce.
4. Il ricorso deve pertanto essere respinto.
5. In ordine alla statuizione sulle spese, si devono compiere alcune precisazioni.
Questa Corte più volte affermato che, con riguardo ai ricorsi già depositati alla data del 30/10/2016 (data di entrata in vigore del d.l. n. 168 del 2016, conv. con modif. in l. n. 197 del 2016), per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale, la parte intimata – che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso, ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe potuto partecipare alla discussione orale – per sopperire al venir meno di siffatta facoltà, può presentare memoria, munita di procura speciale, nei medesimi termini previsti dall’art. 380 bis.1. c.p.c., in applicazione dell’art. 1 del Protocollo di intesa sulla trattazione dei ricorsi presso le Sezioni civili della Corte di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016 tra il Consiglio Nazionale Forense, l’Avvocatura generale dello Stato e la Corte di cassazione (così Cass., Sez. 5, n. 5508/2020, Rv. 657368-01; Cass., Sez. 2, n. 12803/2019, Rv. 653817-01).
Nel caso di specie, il ricorso per cassazione è stato notificato prima della data di entrata in vigore del d.l. cit. e il contribuente si è costituito tardivannente, notificando e depositando un controricorso che, come sopra evidenziato, è da ritenersi inammissibile.
L’udienza pubblica non si è tenuta, perché è stata fissata udienza camerale, in applicazione del sopravvenuto art. 380 bis.1. c.p.c., in vista della quale il contribuente ha depositato memoria.
Trova, pertanto, applicazione il menzionato Protocollo,avendo il contribuente depositato la menzionata memoria in virtù di un atto di costituzione tardivo, ma precedente al decorso del termine come sopra previsto.
Le spese seguono pertanto la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo, ovviamente senza tenere conto del controricorso, inammissibile quale atto difensivo, ma solo della memoria scritta ex art. 380 bis.1, comma 1, c.p.c., anticipata dallo studio della vertenza.
6. Vista l’istanza del difensore del contribuente, dovranno essere distratti in favore di quest’ultimo i compensi non riscossi e le spese che il medesimo ha dichiarato di avere anticipato.
7. Non trova applicazione il comma 1 quater, dell’articolo 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, essendo la parte soccombente ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, quale Amministrazione pubblica, difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato.
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese di lite sostenute dal contribuente che liquida in € 1.500,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettario e accessori di legge;
– dispone la distrazione in favore del difensore del contribuente delle spese di lite come sopra liquidate.
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