CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 ottobre 2018, n. 26639
Imposte indirette – IVA – Concordato fiscale – Divieto di falcidia – Transazione fiscale – Notificazione a mezzo PEC
Fatti di causa
I. Con il decreto impugnato, la Corte d’Appello di Genova, riformando la decisione del Tribunale di La Spezia, ha omologato il concordato preventivo proposto dalla società P. S.p.a.
II. Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte distrettuale ha ritenuto – in consapevole dissenso rispetto alle sentenze di questa Corte nn. 22931 e 22932 del 2011 – che, stante la natura facoltativa della (allora definita) “transazione fiscale” di cui all’art. 182-ter legge fall, nonché la natura sicuramente eccezionale del divieto di falcidia del credito IVA ivi contemplato, «il principio dell’intangibilità dell’imposta sul valore aggiunto sia operativo solo nell’ambito del concordato fiscale, allorché il debitore abbia deciso di avvalersene», anche in considerazione del fatto che «i vincoli comunitari relativi all’imposta armonizzata non impediscono che l’IVA sia soggetta alle regole del concorso e che subisca falcidia» secondo la disciplina generale del concordato posta dagli artt. 160 e ss. legge fall.
III. Avverso detta decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
IV. La P. S.p.a. ha resistito con controricorso.
V. I restanti intimati non hanno svolto difese.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso – rubricato «violazione e falsa applicazione art. 160, 161, 182 ter LF (RD 267/42) e dei principi generali in materia di Iva in combinato disposto in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.» – si lamenta l’erroneità della decisione impugnata, in quanto «la proposta di concordato preventivo – anche quando il soggetto proponente non intende avvalersi dell’istituto della transazione fiscale – deve prevedere a pena di inammissibilità – il pagamento integrale dei debiti per tributo IVA».
2. La censura è manifestamente infondata, alla luce del più recente principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte – cui si intende dare continuità – in base al quale «L’art. 182 ter, comma 1, l.fall., come modificato dall’art. 32 del d.l. n. 185 del 2008, conv. con l. n. 2 del 2009, laddove esclude la falcidia sul capitale dell’IVA, così sancendo l’intangibilità del relativo debito, costituisce un’eccezione alla regola generale, stabilita dall’art. 160, comma 2, l.fall., della falcidiabilità dei crediti privilegiati, compresi quelli relativi ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, e trova, quindi, applicazione solo nella speciale ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale» (Sez. U., 27/12/2016 n. 26988, Rv. 641809 – 01).
3. L’evidenza della riferita conclusione rende superflua l’indagine sulla tempestività della notifica del ricorso (avviata il 20/01/2014), a fronte delle divergenti prospettazioni delle parti circa la notifica del decreto impugnato (che la ricorrente nega e la controricorrente dichiara effettuata dalla cancelleria, a mezzo PEC, in data 27/07/2013); ciò in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., in base al quale «deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale» (Sez. U, n. 9936/2014), in una logica orientata alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, che consentono di decidere la causa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, quand’anche logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Cass. n. 12002/2014).
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese del presente giudizio in favore della controricorrente, liquidate in dispositivo.
5. Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Sez. U, n. 9338/2014; Sez. Lav., n. 1778/2016; Sez. 6-5, n. 18893/2016).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore del controricorrente in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.
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