CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 ottobre 2019, n. 26922
Tributi – Agevolazioni – Esenzione accise e relativa addizionale sulla produzione energia elettrica – Obbligo di dichiarazione mensile di consumo
Rilevato che
dalla narrazione in fatto della pronuncia impugnata si evince che: l’Agenzia delle dogane aveva emesso nei confronti del contribuente un avviso di pagamento per il recupero dell’accisa e relativa addizionale sull’energia elettrica prodotta nell’anno 2008, con conseguente applicazione delle sanzioni; in particolare, l’ufficio aveva verificato che la società non aveva trasmesso, come invece prescritto dall’art. 52, comma 3, lett. f), del decreto legislativo n. 504/1995, T.U. Accise, la dichiarazione mensile di consumo, ma solo quella annuale;
avverso i suddetti atti impositivi la contribuente aveva proposto ricorso, che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia;
avverso la suddetta pronuncia l’Agenzia delle dogane aveva proposto appello; la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha parzialmente accolto l’appello, in particolare, ha ritenuto che: l’esenzione dal pagamento dell’accisa sulla produzione di energia elettrica richiede che il contribuente provveda a trasmettere la dichiarazione mensile di consumo; non poteva dirsi sussistente nella fattispecie il legittimo affidamento della contribuente; tuttavia, alla fattispecie poteva applicarsi la previsione di cui all’art. 52, comma 3, lett. a), T.U. Accise, sicché l’agevolazione richiesta dalla contribuente dall’anno 2009 poteva trovare applicazione anche per l’anno 2008, non essendo contestati i requisiti richiesti dalla norma ed i dati fatturati evidenziati dalla contribuente e tenuto conto del principio di emendabilità della dichiarazione correlato al principio costituzionale della capacità contributiva;
avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle dogane affidato a tre motivi di censura;
la società contribuente si è costituita depositando controricorso contenente ricorso incidentale condizionato, illustrato con successiva memoria;
Considerato che
preliminarmente va disattesa l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di specificità, per non avere illustrato, nell’articolazione del primo e secondo motivo di ricorso, se le questioni poste a fondamento dei motivi di ricorso erano state proposte nei precedenti gradi di giudizio; in realtà, nel ricorso viene espressamente evidenziato (vd. pag. 8) che le argomentazione della società contribuente, dirette a far valere a proprio favore il regime di esenzione di cui all’art. 52, comma 3, lett. a), T.U. Accise, erano state contestate sia sotto il profilo fattuale che giuridico, evidenziando, sotto questo secondo profilo, di avere eccepito che la dichiarazione di consumo presentata per l’anno 2008, in cui era stata indicata unicamente la spettanza dell’agevolazione ai soli fini dell’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise, non poteva essere suscettibile di modifica per sopravvenuta decorrenza del termine massimo entro cui è consentita la modifica e per totale carenza dei presupposti sostanziali;
tali considerazioni, chiaramente delineati dalla ricorrente nel proprio ricorso, consentono a questa Corte di apprezzare il contenuto delle ragioni del contendere e la posizione assunta dalle parti, e in particolare, dell’Agenzia delle dogane, in ordine alla questione, prospettata dalla società contribuente in via subordinata, di applicabilità del regime di esenzione di cui all’art. 52, comma 3, lett. a), T.U. Accise, profilo sul quale si è pronunciato il giudice del gravame in senso favorevole alla medesima società, sicché, in tal modo, l’Agenzia delle dogane ha potuto censurare il punto della decisione ritenuto a sé non favorevole;
Sui motivi di ricorso principale:
con il primo motivo di ricorso principale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del decreto legislativo n. 546/1992 e dell’art. 112, cod. proc. civ., nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., e 36 del decreto legislativo n. 546/1992, per avere ritenuto applicabile la disciplina di cui all’art. 53, comma 2, lett. a), del decreto legislativo n. 504/1995, con una motivazione apparente o perplessa, violando l’art. 19 del decreto legislativo n. 546/1992, in quanto avrebbe consentito alla contribuente di contestare la pretesa impositiva facendo riferimento ad un regime di esenzione diverso da quello preso in considerazione negli impugnati e mai dalla stessa richiesto nonché il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112, cod. proc. civ.;
il motivo è infondato;
il giudice del gravame si è pronunciato sulla eccezione, proposta in via subordinata dalla società contribuente, di applicazione della previsione di cui all’art. 52, comma 3, lett. a), T.U. Accise, già proposta col ricorso introduttivo e rimasta assorbita dalla statuizione del giudice di primo grado, che aveva accolto il ricorso sotto il profilo della ritenuta esistenza del legittimo affidamento della società contribuente;
sotto tale profilo, il giudice del gravame ha pronunciato sulla questione prospettata in esame, senza che possa rilevarsi una violazione dell’art. 112, cod. proc. civ.;
né, d’altro lato, può ragionarsi in termini di motivazione apparente o di violazione dell’art. 19 del decreto legislativo n. 546/1992, in quanto la statuizione del giudice del gravame ha chiaramente posto alla base della pronuncia la circostanza, ritenuta fondamentale, che la dichiarazione di consumo costituisce un atto emendabile, sicché ha considerato di dovere dare rilevanza al fatto sostanziale della sussistenza del diritto all’esenzione, anche se sotto un profilo diverso rispetto a quello cui la stessa parte aveva fatto riferimento nella medesima dichiarazione di consumo;
in sostanza, l’atto oggetto di impugnazione, preso in considerazione dal giudice del gravame, è pur sempre l’avviso di pagamento, in ordine al quale, tuttavia, è stato ritenuto prospettabile, in sede contenziosa, la sussistenza di presupposti di esenzione diversi da quelli indicati nella dichiarazione da parte della società contribuente, sicché non può ragionarsi in termini di violazione dell’art. 19, del decreto legislativo n. 546/1992; con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 3, del decreto legislativo n. 504/1995 e dei principi sulla emendabilità delle dichiarazioni fiscali;
in particolare, parte ricorrente ritiene non corretta la considerazione espressa dal giudice del gravame circa la emendabilità delle dichiarazioni fiscali, sia perché la possibilità di procedere alla rettifica è consentita entro un termine massimo, sia perché la stessa possibilità di emendare la dichiarazione fiscale è consentita solo in caso di errori di fatto o di diritto, non già ai fini della applicazione di un diverso regime agevolativo rispetto a quello indicato nella dichiarazione, sia, infine, in quanto, per potere fruire dell’agevolazione, è necessaria una esplicita richiesta del contribuente cui consegue l’accertamento e la verifica dell’amministrazione finanziaria in ordine alla sussistenza dei presupposti; il motivo è fondato;
l’art. 52, T.U. Accise, dopo avere precisato, al comma 1, che è sottoposta ad accisa l’energia elettrica al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per l’energia elettrica prodotta per uso proprio, prevede, al comma 3, un particolare regime di esenzioni dal pagamento dell’accisa, per la cui applicazioni è necessaria l’osservanza di obblighi dichiarativi da parte del soggetto che intenda avvalersene;
l’art. 53, comma 8, T.U. Accise, prevede, poi, che i soggetti di cui ai commi 1 e 2, cioè quelli che sono tenuti al versamento dell’imposta, presentano una dichiarazione di consumo annuale, contenente, oltre alle indicazioni relative alla denominazione, alla sede legale, al codice fiscale, al numero della partita Iva del soggetto, all’ubicazione dell’eventuale officina, tutti gli elementi necessari per l’accertamento del debito d’imposta relativo ad ogni mese solare, nonché l’energia elettrica prodotta, prelevata o immessa nella rete di trasmissione o distribuzione;
per quanto interessa in questa sede, al comma 3, lett. a), dell’art. 52, l’esenzione è riconosciuta per l’energia elettrica utilizzata per l’attività di produzione di elettricità e per mantenere la capacità di produrre elettricità, mentre, nella successiva lettera f), il regime di favore riguarda l’energia elettrica utilizzata in opifici industriali aventi un consumo mensile superiore a 1.200.000 kWh, per i mesi nei quali tale consumo si è verificato; in questo caso è espressamente previsto che, ai fini della fruizione dell’agevolazione, gli autoproduttori dovranno trasmettere, al competente Ufficio dell’Agenzia delle dogane, entro il giorno 20 di ogni mese, i dati relativi al consumo del mese precedente;
si tratta, invero, di fattispecie di esenzione del tutto differenti, 7 poiché fondate su presupposti diversi che attengono, nel primo caso, all’utilizzo dell’energia elettrica ai fini della attività di autoproduzione della medesima, nel secondo, al necessario impiego di energia elettrica da parte di opifici industriali; ciò precisato, la questione di fondo prospettata con il presente motivo di censura è se sia corretta la considerazione del giudice del gravame secondo cui, pur non avendo la società contribuente fatto alcuna indicazione, nella dichiarazione annuale di consumo, della volontà di avvalersi del regime di esenzione di cui all’art. 52, comma 3, lett. a), T.U. Accise, possa, successivamente, emendare la dichiarazione di consumo annuale con la quale aveva prospettato la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità, in proprio favore, del diverso regime di esenzione di cui all’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise;
la considerazione espressa dal giudice del gravame in termini di emendabilità della dichiarazione in esame, con conseguente possibilità di prospettare, in sede giudiziale, l’applicabilità di un diverso regime di esenzione, non è corretta;
la dichiarazione annuale di consumo, prevista dall’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise, ha la finalità di consentire la verifica della misura del consumo mensile operato dalla soggetto che richiede l’applicazione in proprio favore della relativa esenzione; la stessa, quindi, è volta ad ottenere, sulla base di determinati specifici presupposti, l’applicazione in proprio favore di un particolare regime di esenzione dal pagamento dell’accisa; il soggetto al quale sia stato concesso il beneficio può decidere di usufruirne, o no, ma, per farlo, deve esprimere la propria volontà mediante la comunicazione della dichiarazione nella quale sono riportati i dati relativi ai consumi operati; come più volte precisato da questa Corte (Cass. civ., 12 gennaio 2018, n. 610; Cass. civ., 8 ottobre 2015, n. 20208) le manifestazioni di volontà aventi valore negoziale sono irretrattabili anche in caso di errore, salvo che il contribuente non ne dimostri, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli art. 1427 e ss. c.c., l’essenzialità ed obiettiva riconoscibilità da parte dell’amministrazione finanziaria;
in questo ambito, non si può quindi utilmente invocare il principio stabilito dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., 30 giugno 2016, n. 13378), secondo cui il contribuente, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria;
e ciò, non solo perché, come detto, quando la dichiarazione ha natura di manifestazione di volontà, la stessa è irretrattabile, secondo i principi più sopra indicati, ma anche in quanto l’eventuale possibilità di modifica postula necessariamente che la dichiarazione sia frutto di errore, di fatto o di diritto, e non una conseguenza di una scelta, fatta valere dal soggetto nei cui confronti è stata contestata la mancanza dei presupposti per l’applicabilità del regime di esenzione cui lo stesso ha fatto riferimento, di volere utilizzare, come ragione di contestazione, l’applicabilità di un diverso regime di esenzione, non dichiarato in precedenza; la pronuncia in esame è dunque viziata per avere ritenuto che, in sede contenziosa, sarebbe consentito alla contribuente di potere utilizzare un regime di esenzione diverso da quello dichiarato dalla medesima;
quanto sopra evidenziato assume rilevanza ai fini della presente decisione, poiché comporta che la questione della applicabilità della previsione di cui all’art. 52, comma 3, lett. a), T.U. Accise, non è corretta, sicché, tenuto conto delle successive ragioni di censure prospettate dalla parte controricorrente in sede di ricorso incidentale, occorre porre l’attenzione esclusivamente sulla esistenza dei presupposti per potere riconoscere alla contribuente il diritto all’esenzione secondo la diversa disciplina di cui all’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise, profilo che sarà oggetto di specifica valutazione in sede di esame dei motivi di ricorso incidentale proposti;
con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per avere, implicitamente, annullato anche l’atto di irrogazione delle sanzioni; l’accoglimento del secondo motivo di ricorso principale comporta l’assorbimento del presente motivo;
in particolare, in sede di rinvio, il giudice del gravame dovrà valutare se sussistono i presupposti per l’applicabilità delle sanzioni ove ritenga di dovere decidere per la legittimità della pretesa impositiva;
Sui motivi di ricorso incidentale:
con il primo motivo di ricorso incidentale la contribuente censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 52, T.U. Accise, dell’art. 6 del decreto-legge n. 511/1988, dell’art. 53, Cost., e del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, per avere ritenuto che, ai fini del riconoscimento del diritto all’esenzione di cui all’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise, è necessario che il soggetto che intende avvalersene dichiari mensilmente il consumo, non avendo, quindi, rilevanza l’avere adempiuto alla dichiarazione annuale di consumo;
il motivo è fondato;
questa Corte (Cass. civ., 24 gennaio 2019, n. 1985) ha, sul punto, affermato il seguente principio di diritto: «Nel caso di accise sull’energia elettrica utilizzata in opifici industriali aventi un consumo mensile superiore a 1.200.000 kWh (c.d. imprese autoproduttrici energivore), non determina di per sé la decadenza dal beneficio il fatto che il contribuente non abbia trasmesso, al competente Ufficio dell’Agenzia delle dogane, entro il giorno 20 di ogni mese, i dati relativi al consumo del mese precedente, quando la misura del consumo risulti in altro modo dimostrata»; la suddetta pronuncia è in linea con quanto già in precedenza questa Corte (Cass. civ., 16 dicembre 2018, n. 31618) ha affermato in materia, in particolare che: «la comunicazione mensile integra un adempimento formale, pur funzionale al controllo da parte dell’Amministrazione, in quanto ne agevola l’attività di verifica, ma non sanzionato tuttavia da decadenza, anche perchè, nello specifico, i dati delle comunicazioni mensili (peraltro trasmessi, sia pure con ritardo) erano comunque riportati nelle dichiarazioni annuali, che rappresentano l’adempimento fiscale determinante ai fini della liquidazione ed accertamento dell’accusa, del TUA, ex art. 55»;
la pronuncia del giudice del gravame, sul punto, non è corretta, avendo invece ritenuto che la mancata comunicazione dei consumi mensili costituiva condizione necessaria per potere ottenere il riconoscimento del diritto all’esenzione di cui all’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise;
con il secondo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 115, cod. proc. civ., e del principio di non contestazione, per non avere considerato che controparte non aveva contestato i fatti adotti dalla contribuente relativi al superamento del limite di consumo di cui all’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise, e, invece, ha ritenuto che sul dato sostanziale, non contestato, prevaleva quello formale;
con il terzo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo., n. 4), cod. proc. civ., per non essersi pronunciata, neppure in via incidentale, sulla domanda della contribuente di annullamento degli atti impugnati in quanto alla stessa spettava l’esenzione di cui all’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise, stante il superamento della soglia di consumo previsto dalla suddetta previsione normativa;
con il quarto motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 10, comma 1, della legge 212/2000 e del principio di affidamento, per avere ritenuto non sussistente nella fattispecie il legittimo affidamento della contribuente, nonostante il fatto che la stessa, nell’inerzia dell’ufficio consolidata nel tempo, aveva ritenuto, in buona fede, che il requisito di forma, di cui all’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise, era, ormai, caduto in desuetudine;
con il quinto motivo di ricorso incidentale di censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., per non essersi pronunciata, circa l’applicabilità dell’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise, sulla dedotta illegittimità degli atti impugnati per violazione del principio comunitario di proporzionalità;
le considerazioni espresse in ordine al primo motivo di ricorso principale, con le quali si è censurata la sentenza per non avere fatta corretta applicazione della previsione di cui all’art. 52, comma 3, lett. f), T.U. Accise, in ordine alla mancata comunicazione delle dichiarazioni mensili hanno valore assorbente dei sopra citati motivi di ricorso incidentale;
in conclusione, va dichiarato infondato il primo motivo di ricorso principale, fondato il secondo e assorbito il terzo, fondato il primo motivo di ricorso incidentale, assorbiti gli altri motivi, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso principale, infondato il primo motivo e assorbito il terzo, accoglie il primo motivo di ricorso incidentale, assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
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