CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 ottobre 2020, n. 23044
Cartella esattoriale – Gestione commercianti – Definizione agevolata della pretesa tributaria – Parziale fondatezza dell’opposizione – Declaratoria di totale inefficacia – Presupposti
Rilevato che
il Tribunale dì Salerno rigettava l’opposizione proposta da Mariannina M., nei confronti dell’INPS e di Equitalia Sud SpA, avverso la cartella esattoriale notificata per il recupero di contributi dovuti alla gestione commercianti nell’anno 2005, quale socia della società R.P. di G.P. & C snc, a seguito dell’accertamento di un maggior reddito da partecipazione;
la Corte d’Appello di Salerno (con sentenza nr. 459 del 2017), in parziale riforma della decisione di primo grado, rideterminava l’importo dovuto dalla M. e, per l’effetto, condannava la predetta al pagamento della minor somma di Euro 2.156,27 oltre accessori. Compensava, in parte, le spese di lite e condannava l’appellante (id est: la ricorrente) al pagamento delle spese del doppio grado nella residua misura di un terzo;
a fondamento del decisum, la Corte territoriale osservava come la definizione agevolata della pretesa tributaria (accertamento con adesione) avesse riflessi anche sul calcolo della contribuzione. L’INPS, in data 8 febbraio 2017, aveva eseguito sgravio parziale della cartella; tuttavia il c.t.u. nominato in grado di appello aveva ritenuto che l’importo a debito della M. dovesse essere ulteriormente rettificato in diminuzione;
avverso la sentenza ha proposto ricorso Mariannina M., articolato in due motivi;
l’Inps ha depositato procura alle liti; l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata;
la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale del 2.7.2019- ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.
con ordinanza interlocutoria nr. 23179 del 2019, è stata disposta la rinotifica del ricorso ad Agenzia delle Entrate-Riscossione che si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;
Considerato che
con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc-civ. – è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 cod.proc.civ. e dell’art. 336 cod.proc.civ. in relazione alla statuizione di condanna al pagamento, nella misura di un terzo, delle spese di lite, nonostante l’accoglimento parziale dell’appello;
a tale riguardo, la parte ricorrente deduce che la Corte di appello non avrebbe potuto condannare la parte, parzialmente vittoriosa, al pagamento delle spese di lite, non ricorrendo le ipotesi normativamente consentite; il motivo è fondato;
all’esito della decisione della Corte territoriale, l’originaria opposizione di Mariannina M., sia pure con riferimento ad una parte soltanto delle somme pretese dall’Inps, è stata ritenuta fondata e, pertanto, la ricorrente è parte, parzialmente, vittoriosa;
ricorre, dunque, l’ipotesi dell’ accoglimento parziale dell’unica domanda che, nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’art. 91 cod.proc.civ. dalla legge nr. 69 del 2009, ratione temporis applicabile, giustifica la condanna dell’attore solo in caso di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa (v. Cass. nr. 1572 del 2018; Cass. nr. 26918 del 2018);
come noto, l’art.91 cod. proc. civ., nel testo modificato dalla legge nr. 69 del 2009 e applicabile ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009, ha introdotto una deroga al principio generale della soccombenza, stabilendo che il giudice, «se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dall’art. 92, comma 2 »;.
come è stato osservato, la previsione resta comunque espressione del principio della causalità giacché la parte, benché parzialmente vittoriosa nel merito, ha dato causa a quelle spese del giudizio che non si sarebbero avute ove la stessa non avesse opposto un rifiuto ingiustificato alla proposta avanzata dalla controparte a titolo conciliativo (v., in motivazione, Cass. nr. 16353 del 2017, § 10.2.);
ne consegue che il principio per cui «in caso di accoglimento parziale della domanda, il giudice può, ai sensi dell’art. 92 cod.proc.civ., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte» deve, all’attualità, essere integrato dalla previsione dell’ipotesi eccezionale di condanna «consentita dall’ordinamento solo in caso di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa»(Cass. nr. 1572 del 2018; Cass. nr. 26918 del 2018);
tornando al caso concreto, la Corte di appello ha errato nel condannare la ricorrente, parzialmente vincitrice, al pagamento di un terzo delle spese liquidate per i due gradi di merito, poiché non ricorreva l’ipotesi eccezionale di cui all’art. 91 cod.proc.civ.;
con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ., per omessa pronuncia e vizio di extrapetizione;
secondo la parte ricorrente, il ricalcolo delle somme dovute all’INPS e la condanna al pagamento di una somma diversa da quella indicata nella cartella impugnata, in assenza di una specifica domanda riconvenzionale da parte dell’INPS e/o di ADER, risultavano impediti alla Corte territoriale che avrebbe dovuto annullare la cartella, con integrale accoglimento del gravame;
il motivo è infondato essendo consolidato il principio di diritto secondo cui, in tema di riscossione di contributi previdenziali, ove venga accertata, nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale con il quale si contesta la sussistenza del credito, la sola parziale fondatezza dell’opposizione, non si determina per questa unica ragione la totale inefficacia della cartella, ma – in analogia con le disposizioni che regolano l’opposizione a precetto – il giudice deve, anche d’ufficio, dichiarare l’inefficacia della cartella soltanto in relazione alle somme non dovute, potendo imporsi una declaratoria di totale inefficacia solo nel caso (che non ricorre nella fattispecie) in cui, tenuto conto anche della normativa sostanziale applicabile, l’ente creditore non abbia assolto in alcuna misura all’onere di provare anche nel quantum il suo credito (così Cass. n. 19502 del 2009, cui hanno dato seguito, tra le altre, Cass. nr. 27824 del 2009; Cass. nr. 420 del 2014; Cass. nr. 3786 del 2015; Cass. nr. 23447 del 2019); in conclusione, va accolto il primo motivo, rigettato il secondo; la sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, perché provveda ad una nuova regolamentazione delle spese sulla base dei suesposti principi di diritto;
al giudice di rinvio è demandata, altresì, la regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.
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