CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 settembre 2020, n. 19787

Tributi – Accertamento – Acquisti per operazioni inesistenti – Elementi di prova – Struttura inadeguata del fornitore – Fornitore sprovvisto di fatture di acquisto della merce venduta – Effetti – Costi indeducibili ed IVA indetraibile

Fatti di causa

1. Il contribuente ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di rigetto dell’appello dallo stesso proposto avverso la sentenza n. 51/04/2010 emessa dalla CTP di Vicenza.

Quest’ultima, a sua volta, aveva rigettato l’impugnazione di sei avvisi di accertamento IVA, IRPEF e IRAP (per diversi esercizi dal 1999 al 2004) emessi per il recupero a tassazione di costi indeducibili ed IVA indetraibile (oltre sanzioni) in quanto inerenti fatturazioni per operazioni inesistenti (di vendita di sabbia silicea).

2. Per quanto ancora rileva nel presente giudizio, la CTR, con riferimento alle contestate fatturazioni (emesse in favore del contribuente) ad opera del terzo fornitore per operazioni considerate inesistenti, ritenne raggiunta la prova della fondatezza del recupero a tassazione in forza di una molteplicità di elementi. Tra essi, in particolare: indizi emergenti dalle dichiarazioni del terzo fornitore; la mancanza di strutture e mezzi adeguati, in capo a quest’ultimo, per lo svolgimento dell’attività di cui alle fatture; la mancanza di fatture di acquisto dei prodotti successivamente venduti (sabbia silicea); l’espletamento, sempre da parte del fornitore, di attività diversa da quella oggetto di contestazione e l’utilizzo di mezzi di pagamento non conformi alle regole sulla tracciabilità e sulla trasparenza. In merito alla perizia depositata in giudizio, redatta a distanza di anni dai fatti contestati, la CTR infine ritenne le difese del contribuente non tali da minare le ragioni fondanti gli atti impositivi, in forza dell’assenza di una chiara ed univoca indicazione della quantità di sabbia utilizzata in rapporto alle resine addensanti ed ai prototipi di lavorazione.

3. Contro la sentenza d’appello il contribuente ricorre con due motivi e l’Agenzia delle Entrate («A.E.») si difende con controricorso (con il quale si prospettano anche profili di inammissibilità delle doglianze).

Ragioni della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. I due motivi di ricorso possono trattarsi congiuntamente, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.

2.1. Con il motivo n. 1 si deducono «violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992 per omessa e insufficiente motivazione della sentenza – nullità della decisione in relazione alla motivazione in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c. – omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio».

Al di là della tecnica utilizzata nella formulazione tanto della rubrica quanto della censura, in sostanza il ricorrente si duole dell’intrinseca illogicità e contraddittorietà della motivazione, in ragione della mancata considerazione di allegazioni e deduzioni avanzate dal contribuente, asseritamente dimostrate documentalmente, oltre che dell’assenza di corrispondenza tra contenuto della motivazione e dispositivo.

Con il motivo n. 2, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, lett. a) del d.lgs. 74 del 2000, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, per aver la CTR mal governato la disciplina inerente gli oneri probatori in materia.

2.2. Entrambi i motivi sono inammissibili sotto plurimi profili.

Il ricorrente, difatti, pretendendo (inammissibilmente) di sostituire a quelle del giudice di merito proprie valutazioni dei fatti e probatorie, fa riferimento (motivo n. 1) ad una non corrispondenza tra motivazione e dispositivo, neanche esplicitata, e ad allegazioni e documentazioni (che le proverebbero), in merito alle quali si fonderebbe l’asserito vizio motivazionale, senza neanche esplicitarne il contenuto (delle allegazioni) ed indicare la detta documentazione. Quest’ultima, peraltro, sempre per ragioni di specificità del ricorso (in termini di autosufficienza) avrebbe dovuto essere riprodotta nella parte strettamente d’interesse in questa sede nonché indicata con specifico riferimento al momento processuale di produzione (ex plurimis, Cass. sez. U, 27/12/2019, n. 34469, e Cass. sez. U, 19/04/2016, n. 7701, per l’inammissibilità dovuta a difetto di specificità del motivo di ricorso, in termini di autosufficienza, si vedano altresì, ex plurimis, in aggiunta alle citazioni di cui innanzi e limitando i riferimenti solo alle decisioni più recenti: Cass. sez. 3, 27/05/2019, n. 14357, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 24/05/2019, n. 14161, in motivazione; Cass. sez. 5, 13/11/2018, n. 29092, Rv. 651277-01; Cass. sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679, Rv. 645334-01; Cass. sez. 5, 12/04/2017, n. 9499, Rv. 643920-01, in motivazione; Cass. sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120-01; Cass. sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839-01, oltre che Cass. sez. 3, 03/07/2009, n. 15628, Rv. 609583-01).

Con il motivo n. 2, invece, sempre pretendendo di sostituire a quelle del giudicante proprie valutazioni dei fatti e probatorie, il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. Essa, difatti, fonda non nel mancato assolvimento degli oneri probatori gravanti in capo al contribuente nella materia in esame bensì nell’accertamento dell’inesistenza delle operazioni cui sono ricollegate le deduzioni dei costi e le detrazioni IVA (per il detto profilo di inammissibilità inerente la ratio decidendi si vedano, ex plurimis, tra le più recenti: Cass. sez. 3, 11/12/2018, n. 31946, in motivazione; Cass. sez. 5, 07/11/2018, nn. 28398 e 28391; Cass. sez. 1, 10/04/2018, n. 8755; Cass. sez. 6-5, 07/09/2017, n. 20910, Rv. 645744-01, per la quale la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 n. 4, c.p.c., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio; Cass. sez. 4, 22/11/2010, n. 23635, Rv. 615017-01).

3. In conclusione, il ricorso non è accolto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in favore della controricorrente, che si liquidano, in considerazione dei parametri ratione temporis applicabili, in euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, in favore della controricorrente, che si liquidano in euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.