CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 settembre 2021, n. 25714
Tributi – Reddito d’impresa – Determinazione – Cessione di credito per migliorie apportate dal conduttore durante la precedente locazione – Costo deducibile – Esclusione
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 13 dicembre 2018 n. 1923/05/2018, non notificata, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento per l’IRES, l’IRAP e l’IVA relative all’anno d’imposta 2009, in relazione all’indeducibilità di un “costo” per € 280.000,00 (consistente in una cessione di credito di pari ammontare in suo favore), ha accolto l’appello proposto dalla “S.M.I S.r.l.” nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cuneo il 29 agosto 2016 n. 258/02/2016, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure sul presupposto che il costo in questione fosse deducibile. La “S.M.I S.r.l.” è rimasta intimata. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., la proposta formulata dal relatore è stata notificata al difensore delle parte costituita con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
In vista dell’odierna adunanza non sono state presentate memorie.
Considerato che
Con unico motivo, si denuncia violazione degli artt. 1260, 1324, 1362 cod. civ., nonché falsa applicazione degli artt. 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, 2, comma 3, e 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che la cessione del credito costituisse un costo deducibile.
Ritenuto che
1. Il motivo è fondato.
1.1 Invero, è evidente che la cessione del credito (per le migliorie apportate dal conduttore durante la precedente locazione di un’area destinata a cava) a favore della contribuente non può essere mai considerata un “costo” deducibile ai sensi dell’art. 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, pur inserendosi tra le prestazioni derivanti da un contratto stipulato con un terzo per il rilascio dell’area destinata ad attività estrattiva e qualificandosi come operazione di natura non finanziaria ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a, del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633.
Difatti, la nozione stessa di “costo” richiama l’assunzione di un debito (e non l’acquisizione di un credito) nell’esercizio dell’attività imprenditoriale, la cui deducibilità ai fini fiscali è condizionata dalla correlazione con la potenziale idoneità a produrre utili (tra le altre: Cass., Sez. 5^, 11 agosto 2017, n. 20049; Cass., Sez. 5A, 21 novembre 2018, n. 30030; Cass., Sez. 5A, 20 febbraio 2020, n. 4410).
1.2 Nella specie, il giudice di appello ha errato nella qualificazione della cessione di credito alla stregua di “costo deducibile”, essendo estranea per sua natura, al di là della variabilità della funzione causale in cui essa può essere inserita, dall’ambito operativo dell’IVA (arg. ex art. 2, comma 3, lett. a, del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633).
2. Valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, dunque, il ricorso può essere accolto e la sentenza impugnata deve essere casata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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