CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 agosto 2019, n. 21670
Rapporto di lavoro – Trasferimento – Maggiore distanza tra sede di lavoro e luogo di dimora della persona disabile assistita – Consenso
Premesso
che con sentenza n. 66/2016, pubblicata il 3 maggio 2016, la Corte di appello di Ancona, in riforma della decisione del Tribunale di Pesaro, ha respinto la domanda, con la quale M.B., lamentando la violazione dell’art. 32 I. n. 104/1992 e dell’art. 40 del C.C.N.L., aveva chiesto che venisse accertata la illegittimità del trasferimento, dall’ufficio postale di Pesaro 7 a quello di Pesaro 8, disposta nei suoi confronti dalla datrice di lavoro PI S.p.A. con provvedimento del 16 novembre 2012;
– che a sostegno della propria decisione la Corte di appello ha osservato, quanto alla dedotta violazione dell’art. 33, comma 5, I. n. 104/1992, che nella specie lo spostamento di sede, pur comportando una maggiore distanza tra sede di lavoro e luogo di dimora della persona disabile assistita, non era tale da incidere in maniera negativa sul concreto esercizio del diritto all’assistenza; con riguardo poi alla violazione delle norme collettive in materia, ha rilevato come l’inciso “indipendentemente dalla distanza”, nella disposizione che prevedeva il necessario consenso della persona interessata (art. 38, comma 5), doveva essere letto sempre in relazione al trasferimento come delineato al comma 1, con la conseguenza che, in difetto di un trasferimento vero e proprio, non era tutelato il diritto alla inamovibilità;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la lavoratrice con due motivi, cui ha resistito Poste Italiane S.p.A. con controricorso;
Rilevato
che con il primo motivo, deducendo la violazione dell’art. 33, comma 5, I. n. 104/1992, unitamente all’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, la ricorrente censura la sentenza per non avere considerato che la norma, menzionando la “sede”, e non l’unità produttiva, intende l’effettivo luogo di svolgimento del lavoro da parte del soggetto interessato, senza che possa ammettersi una valutazione giudiziale circa la incisività del trasferimento sulla effettiva capacità di assistenza della persona disabile;
– che con il secondo viene censurata la lettura dell’art. 38 C.C.N.L. per i dipendenti di PI offerta dalla Corte del merito;
Osservato
che è fondato il primo motivo di ricorso, non essendosi la Corte territoriale uniformata al principio di diritto, secondo il quale “il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, di cui all’art. 33, comma 5, della I. n. 104 del 1992, nel testo modificato dall’art. 24, comma 1, lett. b), della I. n. 183 del 2010, opera ogni volta muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione, anche nell’ambito della medesima unità produttiva che comprenda uffici dislocati in luoghi diversi, in quanto il dato testuale contenuto nella norma, che fa riferimento alla sede di lavoro, non consente di ritenere tale nozione corrispondente all’unità produttiva di cui all’art. 2103 cod. civ.” (Cass. n. 24015/2017);
ritenuto
di conseguenza che in accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza n. 66/2016 della Corte di appello di Ancona deve essere cassata e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla stessa Corte in diversa composizione, la quale, nel procedere a nuovo esame della fattispecie dedotta in giudizio, si atterrà al principio di diritto sopra riportato
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione.