CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 agosto 2019, n. 21682
Rapporto di lavoro – Contratto a tempo determinato – Nullità del termine – Instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
Rilevato che
1. con sentenza 21 settembre 2015, la Corte d’appello di Roma condannava l’agenzia Ansa a corrispondere a C.F. un’indennità risarcitoria pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre rivalutazione ed interessi dalla data della sentenza di primo grado: così riformandola, avendo essa accertato la nullità del termine apposto ai plurimi contratti a tempo determinato stipulati tra le parti tra il 15 luglio 2001 e il 22 febbraio 2008, l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 15 luglio 2001, ordinato il ripristino del rapporto e condannato la società datrice al pagamento, in favore della lavoratrice a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate dal 17 marzo 2008, detratto l’aliunde perceptum;
2. avverso tale sentenza l’Ansa ricorreva per cassazione con sei motivi, cui resisteva la lavoratrice con controricorso;
3. la società comunicava memoria e il PG le proprie conclusioni ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;
Considerato che
1. l’Ansa deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 23 I. 56/1987, 12 disp. prel. c.c. in relazione all’art. 3, lett. D) CNLG 11 aprile 2001, per erronea interpretazione della “delega in bianco” contenuta nella norma di legge nel senso dell’obbligo e non già della facoltà di apposizione di un limite percentuale, contraddittorio con il sistema normativo più elastico introdotto e con lo stesso testo letterale, laddove in particolare prevede che “i contratti collettivi stabiliscono il numero in percentuale dei lavoratori che possono essere assunti contratto di lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato”, senza alcun limite (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c., 23 I. 56/1987, 12 disp. prel. c.c. in relazione all’art. 3, lett. D), secondo capoverso CNLG 11 aprile 2001, per non avere la Corte territoriale, in contrasto con il canone ermeneutico della comune intenzione delle parti sociali, considerato ipotesi aggiuntiva della contrattazione collettiva, a ciò espressamente legittimata dal dettato della norma di legge istitutiva di una “delega in bianco”, l’ipotesi contrattuale dell’assunzione dei lavoratori a termine per la sostituzione dei giornalisti assenti per ferie, senza alcun limite di contingentamento (secondo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 132, primo comma, n. 4 c.p.c., 111, settimo comma Cost., per mancanza assoluta di motivazione della decisiva affermazione della fissazione di un limite da parte dei contratti collettivi, secondo l’interpretazione della Corte territoriale dell’art. 23 I. 56/1987, sia “un obbligo e non una facoltà delle partì sociali”, nell’evidente insufficienza del rinvio a precedenti giurisprudenziali (terzo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 3, secondo comma CNLG 11 aprile 2001 in relazione agli artt. 1362 c.c., 23 I. 56/1987, 1 d.lg. 368/2001 c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in riferimento alle deduzioni relative alla nullità allegata dalla lavoratrice per difetto di indicazione nominativa dei giornalisti assenti per ferie sostituiti (quarto motivo); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in riferimento alle eccezioni di infondatezza della nullità allegata dalla lavoratrice per non avere svolto le mansioni affidate alle lavoratrici sostituite, in riferimento al sesto, nono e decimo contratto a termine (quinto motivo); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in riferimento al terzo, quarto e quinto contratto a termine stipulati con Ansaweb, società autonoma da Ansa, titolare esclusiva dei rapporti di lavoro con C.F. (sesto motivo);
2. i primi tre motivi, riguardanti l’erronea ravvisata obbligatoria apposizione di un limite percentuale da rispettare nell’assunzione di lavoratori a termine, sotto i profili illustrati, e pertanto congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;
2.1. occorre premettere che le clausole dei contratti o accordi collettivi di lavoro, denunciate di violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. (come modificato dall’art. 2 d.lg. 40/2006 n.40), sono oggetto di interpretazione non mediata di questa Corte in quanto parificate sul piano processuale a quella delle norme di diritto, in base alle disposizioni del codice di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. c.c.) come criterio interpretativo diretto e non esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; Cass. 9 settembre 2014, n. 18946; Cass. 17 maggio 2018, n. 12095);
2.2. è corretta l’interpretazione delle norme di diritto denunciate, in applicazione del principio consolidato, secondo cui, in tema di assunzione di lavoratori subordinati con contratto di lavoro a termine, ai sensi dell’art. 23 l. 56/1987, l’unica condizione per il legittimo esercizio della cosiddetta delega in bianco conferita dal legislatore alla contrattazione collettiva (consentendo di prevedere legittime fattispecie di apposizione del termine ulteriori rispetto a quelle legali) sia di specifica indicazione della percentuale dei lavoratori da assumere rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato: sicché l’apposizione di un termine ad un contratto di lavoro stipulato relativo ad una fattispecie (quale quella, qui rilevante, di assunzione a termine per la sostituzione di lavoratori assenti per ferie), per la quale il contratto collettivo non contenga l’espressa indicazione di tale percentuale, è illegittima non corrispondendo ad un tipo legale di contratto a termine (Cass. 8 aprile 2008, n. 9141; Cass. 22 novembre 2010, n. 23639; Cass. 17 marzo 2014, n. 2014; Cass. 25 agosto 2015, n. 17124; Cass. 31 luglio 2015, n. 16266; Cass. 18 agosto 2017, n. 20203);
2.3. è poi adeguata una motivazione anche per relationem ad un precedente giurisprudenziale, che esima il giudice dallo sviluppare proprie argomentazioni giuridiche, quando il percorso argomentativo comunque consenta di comprendere la fattispecie concreta, l’autonomia del processo deliberativo compiuto e la riconducibilità dei fatti esaminati al principio di diritto richiamato (Cass. 9 maggio 2017, n. 11227; Cass. 3 luglio 2018, n. 17403): come appunto nel caso di specie (per le ragioni esposte dall’ultimo capoverso di pg. 4 al primo di pg. 7 della sentenza);
3. il quarto motivo, relativo a violazione di norme ed omesso esame di fatto decisivo in riferimento alla contestata deduzione avversaria di nullità dei contratti per difetto di indicazione nominativa dei giornalisti sostituiti, è inammissibile;
3.1. esso difetta di interesse a seguito dell’accertata nullità in esito al congiunto scrutinio dei superiori mezzi, assorbente rispetto a quella oggetto del motivo;
4. il quinto e il sesto motivo, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;
4.1. anch’essi difettano di interesse, denunciando l’omesso esame di circostanze assorbite dalla ribadita nullità conseguente al rigetto dei primi tre motivi (come esplicitamente ritenuto ai primi due capoversi di pg. 7 della sentenza), peraltro neppure integrando un fatto storico, trattandosi piuttosto di valutazioni giuridiche, in eccedenza pertanto del rigoroso ambito devolutivo introdotto dal novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439);
5. infine, la subordinata domanda di riduzione dell’entità dell’indennità risarcitoria liquidata ai sensi dell’art. 32, quinto comma I. 183/2010 è palesemente inammissibile, in assenza di formulazione di alcun motivo a suo sostegno;
6. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese di giudizio secondo il regime di soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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