CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 agosto 2022, n. 25175

Lavoro – Conferimento dell’incarico dirigenziale – Procedura – Illegittimità – Risarcimento del danno da perdita di chance

Svolgimento del processo

R.F. e S.C. hanno convenuto innanzi al Tribunale di Parma, con distinti ricorsi, l’A. Emilia-Romagna, S.V., S.R. e A.P. perché fosse accertata l’illegittimità della procedura seguita per il conferimento dell’incarico dirigenziale di struttura presso il N.A. di Parma con durata triennale come Responsabile Servizio Sistemi Ambientali e, di conseguenza, l’A. fosse condannata ad annullare la selezione e gli atti amministrativi collegati.

In via subordinata i ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno da perdita di chance da loro patito.

In particolare, R.F. ha esposto di essere stato Dirigente responsabile dell’Area Monitoraggio e Valutazione Rumore e NIR-IR

Si sono costituiti l’A. e S.V., mentre S.R. e A.P. sono rimaste contumaci.

Il Tribunale di Parma, riuniti i procedimenti, con sentenza n. 219/13, ha respinto le domande.

R.F. ha proposto appello.

Si è costituita la sola A. Emilia-Romagna.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 801/2015, ha respinto l’appello.

R.F. ha presentato ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

L’A. Emilia-Romagna si è difesa con controricorso.

S.V., S.R., A.P. e S.C. sono rimasti intimati.

L’A. Emilia- Romagna ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo R.F. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e dell’art. 97 Cost. e 5 e 6 del Regolamento per il conferimento degli incarichi dirigenziali in ARPA del 10 settembre 2010 in quanto l’amministrazione interessata non avrebbe rispettato le regole attinenti al procedimento di selezione de quo, in particolare quelle che imponevano la motivazione comparativa dei candidati e la trascrizione dei colloqui.

Con il secondo motivo il ricorrente contesta la violazione od errata applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 1175 e 1375 c.c. e dell’art. 97 Cost., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. perché la corte territoriale avrebbe male valutato la prova documentale agli atti e non avrebbe dato ingresso alla prova testimoniale richiesta.

Le doglianze, che possono essere trattate congiuntamente stante la stretta connessione, sono infondate.

La Corte d’appello di Bologna ha chiarito che il ricorrente nel ricorso di primo grado non aveva “allegato alcunché in ordine alle caratteristiche dell’incarico per il quale è stata indetta la procedura selettiva che egli contesta nonché in ordine alle ragioni che avrebbero dovuto indurre l’Agenzia appellata a preferire la posizione del sig. Fava rispetto a quella degli altri candidati”.

Questa affermazione della corte territoriale non è stata specificamente contestata dal ricorrente, il quale si è limitato, con il presente atto di impugnazione, a ribadire l’illegittimità della procedura seguita e l’inadeguata valutazione dei documenti agli atti.

Inoltre, si rileva che, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento criticò, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass., Sez. 1, n. 6774 del 10marzo 2022).

Nella specie, il ricorrente ha domandato a questo Collegio, nella sostanza, di compiere un nuovo esame nel merito di alcuni documenti depositati, attività che non può essere demandata alla Corte di cassazione.

Quanto alla dedotta non ammissione della prova per testi articolata da R.F., si osserva che egli non ha neppure indicato di avere avanzato la relativa richiesta nel verbale dell’udienza di discussione davanti alla Corte d’appello di Bologna.

Per ciò che concerne le violazioni procedurali contestate, R.F. si duole principalmente della mancata trascrizione dei colloqui dei candidati e della mancata comparazione degli stessi.

Peraltro, la corte territoriale ha evidenziato che la doglianza del ricorrente (dalla stessa corte respinta) concerneva il mancato rispetto di una prassi consuetudinaria che avrebbe imposto di preferire gli interni nell’ambito della selezione per gli incarichi dirigenziali.

Sul punto, però, R.F. nulla ha dedotto.

In ogni caso, si rileva come dallo stesso ricorso per cassazione (pagina 14) emerga che la determinazione di affidamento incarico dia atto che l’espletamento dei colloqui “risulta dal verbale conservato” e che, comunque, nessuna disposizione normativa o della contrattazione collettiva imponga la conservazione della relativa trascrizione.

Il fatto, poi, che R.F. non sia riuscito a rinvenire il menzionato verbale non ne prova l’inesistenza, risultando la sua redazione, al contrario, dalla determinazione di affidamento incarico.

Nessuno degli elementi indicati nel ricorso, infine, dimostra che le posizioni dei candidati non siano state comparate.

2) Il ricorso è respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, ove dovuto a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore di A. Emilia-Romagna che liquida in C 200,00 per esborsi ed C 5.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese generali in misura del 15%; – ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, ove dovuto a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13