CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 aprile 2021, n. 10864

Tributi – Agevolazioni “prima casa” – Immobile pre-posseduto nello stesso comune – Cambio di destinazione da uso abitazione ad ufficio – Mancato perfezionamento del cambio di destinazione alla data dell’acquisto – Revoca benefici

Ritenuto che

1. R.P. impugnava l’avviso di liquidazione ed irrogazione delle sanzioni notificato il 20 febbraio 2013 con cui l’agenzia delle entrate aveva revocato i benefici fiscali in materia di acquisto della prima casa, come concessi in sede di compravendita di abitazione stipulato il 6 aprile 2010, sul presupposto che alla data della rogito il contribuente risultava già in possesso di altro immobile adibito ad abitazione sito nel medesimo Comune di Caserta. Sosteneva il contribuente che, in relazione al diverso immobile posseduto nel medesimo comune a titolo di proprietà, era stata presentata in data 16 novembre 2007 istanza per il cambio di destinazione d’uso da abitazione ad ufficio. La Commissione tributaria provinciale di Caserta accoglieva il ricorso del contribuente con sentenza che era riformata dalla Commissione tributaria regionale della Campania sul rilievo che non era rilevante il fatto che il contribuente avesse presentato nel 2007 l’istanza per il cambio di destinazione da uso abitativo ad uso ufficio del diverso immobile posseduto nello stesso Comune, posto che egli non aveva provato in concreto che alla data del rogito per l’acquisto del nuovo immobile il precedente appartamento fosse utilizzato quale ufficio o studio professionale.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a tre motivi. Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

Considerato che

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, n. 3 e 4, cod. proc. civ., per non aver la CTR pronunciato in ordine alla censura di inammissibilità dell’appello proposto dal Comune poiché privo di specificità in ordine ai motivi svolti.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato che il contribuente aveva presentato nel 2007 istanza al Comune per il cambio di destinazione d’uso da abitazione ad ufficio e solamente nel 2012 l’ente territoriale aveva provveduto sicché non poteva farsi carico al contribuente medesimo del ritardo della pubblica amministrazione nel provvedere in ordine al cambio di destinazione d’uso.

3. Con il terzo motivo deduce l’esistenza del giudicato esterno costituito dalla sentenza emessa dalla CTR della Campania tra le stesse parti ed avente ad oggetto l’imposta sostitutiva su un mutuo richiesta a seguito di revoca dei benefici per la prima casa oggetto del medesimo cespite.

4. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Ciò in quanto nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Cass. n. 15519 del 21/07/2020; n. 707 del 15/01/2019; n. 20379 del 24/08/2017 ). Nel caso che occupa dalla sentenza impugnata, ed in particolare dalla parte narrativa di essa, è dato evincere che l’appellante aveva enucleato i motivi di critica alla sentenza che hanno consentito alla CTR di decidere sul punto controverso.

5. Il secondo motivo è inammissibile in quanto, a tacer del fatto che con esso si richiede una rivalutazione del merito della causa, non si evince né dalla sentenza impugnata né dal ricorso che il contribuente abbia dedotto e documentato nel giudizio di appello la circostanza del perfezionamento del procedimento volto al cambio di destinazione d’uso.

Invero va considerato che questa Corte ha già affermato il principio secondo cui i benefici fiscali “prima casa” di cui all’art. 1, nota II bis, lett. b), della Tariffa allegata al d:P.R. 26 aprile 1986, n.131, spettano unicamente a chi possa dimostrare, in base a risultanze certificate, di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto o uso di altro immobile ubicato nel medesimo Comune, senza che, a tal fine, possano rilevare situazioni di fatto contrastanti con le risultanze del dato anagrafico (Cass. n. 7069 del 26/03/2014).

Nel caso che occupa alla data del rogito risultava che l’immobile di cui il contribuente era già proprietario nello stesso comune era accatastato come civile abitazione, non essendosi ancora perfezionato il procedimento per il cambio d’uso. Nelle more del perfezionamento del procedimento stesso non assumeva rilievo il fatto che il contribuente avesse presentato l’istanza per il cambiamento d’uso, posto che l’accoglimento dell’istanza medesima presuppone l’attività istruttoria da parte dell’ente preposto. Peraltro prima della proposizione dell’atto dell’appello, stando a quanto asserisce il ricorrente, era stata accolta l’istanza volta al cambiamento di destinazione, ma tale circostanza, quand’anche veritiera, non risulta essere stata dedotta in appello e neppure essere stata documentata, pur essendo ciò consentito dall’art. 58 d. lgs. 546/92. Per il che non può essere dedotto innanzi a questa Corte un fatto che non risulta essere stato affermato nei precedenti gradi di giudizio.

6. Il terzo motivo è parimenti inammissibile. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, nel processo tributario l’efficacia espansiva del giudicato esterno non ricorre quando i separati giudizi riguardino tributi diversi, trattandosi di imposte strutturalmente differenti, ancorché la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto ( Cass. n. 14596 del 06/06/2018 n. 235 del 09/01/2014).

7. Il ricorso va dunque rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’agenzia delle entrate le spese processuali che liquida in euro 2.200,00, oltre ad eventuali spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte  del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.