CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 febbraio 2021, n. 4738
Tributi – Imposta di registro – Sentenza di opposizione allo stato passivo dell’amministrazione straordinaria
Rilevato che
1. – con sentenza n. 1834/2015, depositata il 5 maggio 2015, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, così integralmente confermando la decisione di prime cure che aveva annullato un avviso di liquidazione dell’imposta di registro dovuta in relazione alla registrazione di sentenza civile (del Tribunale di Milano, n. 5990/2010 del 10 maggio 2010) che aveva definito un’opposizione allo stato passivo dell’amministrazione straordinaria “L.C.V. S.p.A.”;
– il giudice del gravame ha ritenuto, in via assorbente, che dovessero condividersi le conclusioni cui il giudice di primo grado era pervenuto quanto alla insussistenza dell’obbligazione (solidale) per il tributo di registro in capo alla ricorrente, rilevando che la nozione di parte in causa, qual definita dal d.p.r. n. 131 del 1986, art. 57, c. 1, dovesse ascriversi alla parte sostanziale del processo, laddove quella intimata per il pagamento aveva agito in giudizio «quale procuratore della B.I.S.P. spa», così risultando «portatore di un interesse altrui»;
2. – l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;
– I. S.p.a. resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Considerato che
1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione del d.p.r. n. 131 del 1986, art. 57, assumendo, in sintesi, che, detta disposizione, – volta a rafforzare le garanzie creditorie dell’Erario ai fini della proficua riscossione delle imposte, – alcuna distinzione opera «tra i soggetti che partecipano al processo», così dovendosi intendere per parti in causa quei «soggetti che, pur non diretti destinatari della domanda giudiziale, non siano estranei …. alle questioni decise ed abbiano partecipato al giudizio con piena possibilità di far valere i propri interessi in causa»;
– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 132, c. 2, n. 4, cod. proc. civ., e dell’art. 118, d.a. cod. proc. civ., sul rilievo che la gravata sentenza aveva pronunciato in termini (del tutto) apodittici quanto al rilevato difetto di interesse, nella controversia, in capo a chi aveva agito nella qualità di procuratore;
2. – in via pregiudiziale, rileva la Corte che l’Agenzia ha rinunciato al ricorso sulla base dell’evoluzione del contenzioso in trattazione e, in particolare, avuto riguardo alle pronunce rese dalla Corte Costituzionale (sentenza 13 luglio 2017, n. 177), – che ha dichiarato l’illegittimità del d.p.r. n. 131 del 1986, art. 8, c. 1, lett. c), della tariffa allegata, parte prima, nella parte in cui assoggetta all’imposta di registro proporzionale, anziché in misura fissa, le pronunce che definiscono i giudizi di opposizione allo stato passivo del fallimento con l’accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, – e dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia che ha pronunciato nel giudizio promosso dalla parte sostanziale del rapporto d’imposta;
– come già rilevato dalla Corte, la rinuncia al ricorso per cassazione è atto unilaterale non accettizio, – nel senso cioè che non esige, per la sua operatività, l’accettazione della controparte, – ma pur sempre di carattere ricettizio, – poiché la norma esige che sia notificato alle parti costituite o comunicato ai loro avvocati che vi appongono il visto, – così che, ove effettuato senza il rispetto di tali formalità, non dà luogo alla pronuncia di estinzione del processo di cassazione, ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ., ma è pur sempre significativo, così come nella fattispecie, del venir meno dell’interesse al ricorso cui si correla la pronuncia di inammissibilità del ricorso stesso (v., ex plurimis, Cass., 7 dicembre 2018, n. 31732; Cass., 7 giugno 2018, n. 14782; Cass., 21 giugno 2016, n. 12743; Cass. Sez. U., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass., 14 luglio 2006, n. 15980);
3. – le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti avuto riguardo alle ragioni della relativa scelta processuale, ragioni, queste, sopravvenute alla proposizione del ricorso ed incidenti su profili sostanziali del rapporto d’imposta che, implicando accertamenti in fatto, erano rimaste assorbite nella pronuncia del giudice del gravame.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e compensa integralmente, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.
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