CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 febbraio 2022, n. 5992

Inps – Iscrizione a ruolo del credito contributivo – Decadenza – Applicabilità

Rilevato in fatto

che, con sentenza depositata il 6.5.2015, la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dall’INPS e in riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato M. s.a.s. di N.A. & C. a pagare i contributi iscritti a ruolo e relativi ai mesi di aprile, maggio e giugno 2000, rigettando l’appello principale proposto dalla società per sentir dichiarare la decadenza dall’iscrizione a ruolo e comunque la non debenza dei contributi per avere essa diritto agli sgravi;

che avverso tale pronuncia M. s.a.s. di N. A. & C. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso;

Considerato in diritto

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 25 e 36, d.lgs. n. 46/1999, nonché dell’art. 11 prel. c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che l’INPS non fosse decaduto dall’iscrizione a ruolo ancorché, trattandosi di somme per contributi non versati, esse avrebbero dovuto essere iscritte entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello fissato per il versamento;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per avere la Corte territoriale ritenuto che non fossero stati provati i presupposti per lo sgravio capitano e per non aver ammesso l’ordine di esibizione volto a provare la sussistenza di pagamenti liberatori effettuati dal coniuge della legale rapp.te;

che, con il terzo motivo, le medesime censure sono ripetute per avere la Corte di merito valorizzato, ai fini dell’accoglimento del gravame incidentale dell’INPS, un verbale di accertamento e il relativo avviso di ricevimento riferentisi ad un accertamento differente da quello in esito al quale era stata disposta l’iscrizione a ruolo dei contributi oggetto del giudizio;

che il primo motivo è infondato, essendosi consolidato il principio di diritto secondo cui l’efficacia della previsione di cui all’art. 25, d.lgs. n. 46/1999, già differita, rispetto all’entrata in vigore dell’intero procedimento di riscossione, dalla disposizione transitoria contenuta nell’art. 36, comma 6, del medesimo decreto legislativo e poi più volte ulteriormente differita dall’art. 38, comma 8, l. n. 289/2002, e dall’art. 4, comma 25, l. n. 350/2003, sino a prevederne l’applicazione dal 1° gennaio 2004, è stata ulteriormente oggetto di disciplina da parte dell’art. 38, comma 12, d.l. n. 78/2010 (conv. con l. n. 122/2010), che, stabilendo che le disposizioni contenute nell’art. 25, d.lgs. n 46/1999, non si applicano, limitatamente al periodo compreso tra l’1.1.2010 e il 31.12.2012, ai contributi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1°.1.2004 dall’ente creditore, si è posto in chiave di raccordo temporale con le precedenti proroghe, di talché, utilizzando il meccanismo della sospensione di efficacia per un triennio dell’applicazione della regola della decadenza, ha consentito il recupero coattivo di crediti non compresi nelle proroghe operative sino alla data suddetta, incidendo anche sulle decadenze già verificatesi nell’arco temporale compreso tra il 1°.1.2004 ed il 1°.1.2010 (così Cass. nn. 5963 del 2018, 16307 e 27726 del 2019 e succ. conf.);

che il secondo motivo è infondato nella parte in cui si duole di violazione dell’art. 2697 c.c., essendo affatto consolidato il  principio secondo cui compete al datore di lavoro la prova della sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi per beneficiare di un’agevolazione che consenta il pagamento in misura ridotta dell’obbligazione contributiva (cfr. Cass. S.U. n. 6489 del 2012 e innumerevoli successive conformi);

che parimenti infondato è il motivo nella parte in cui lamenta la mancata valorizzazione delle risultanze del libro matricola in ipotesi non contestate da parte dell’INPS, atteso  che – indipendentemente dal fatto che tali risultanze non sono state trascritte nel ricorso per cassazione, nemmeno nella parte necessaria al fine di dare alla censura un non opinabile fondamento fattuale – il potere-dovere del giudice di merito di esaminare un documento presuppone l’assolvimento da parte di chi lo produce dell’onere di allegazione dei fatti di cui esso è supporto narrativo (così, specie con riferimento al giudizio di appello, Cass. nn. 8377 del 2009 e 2461 del 2019, nonché più in generale Cass. n. 13625 del 2019) e, nel caso di specie, risulta documentalmente che, con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, l’odierna ricorrente si è limitata ad affermare di avere diritto agli sgravi “sia per il tipo di impresa esercitata, sia per l’ambito territoriale e per i lavoratori occupati, sia perché lo stesso beneficio spetta anche alle imprese che hanno cicli di attività stagionali, come la ricorrente” (così il ricorso introduttivo del giudizio,  debitamente trascritto a pag. 10 del ricorso per cassazione), senza dunque in alcun modo specificare le allegazioni di fatto rispetto alle quali la documentazione prodotta avrebbe dovuto fungere da prova;

che affatto inammissibile è il motivo in esame nella parte in cui lamenta il rigetto dell’ordine di esibizione, non essendo tale rigetto sindacabile in sede di legittimità, siccome strumento istruttorio residuale utilizzabile soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile aliunde e l’iniziativa non presenti finalità esplorative (così, tra le tante, Cass. nn. 23120 del 2010 e 24188 del 2013); 

che del pari inammissibile è il terzo motivo, non evincendosi dal contenuto del ricorso per cassazione né quale fosse il contenuto del verbale di accertamento valorizzato dai giudici territoriali ai fini del decidere né in che misura esso divergesse da quello posto a base dell’iscrizione a ruolo oggetto del presente giudizio, ed essendo per contro consolidato il principio di diritto secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso, come gli atti attinenti al pregresso giudizio di merito, onde il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (Cass. nn. 14785 del 2015, 18679 del 2017);

che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 4.200,00, di cui € 4.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.