CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 gennaio 2019, n. 1834
Tributi – Agevolazioni fiscali “prima casa” – Revoca – Mancato trasferimento della residenza nel comune di ubicazione dell’immobile nel termine di diciotto mesi dall’acquisto
Ritenuto che
1. G.F. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributario Provinciale di Roma avverso l’avviso di liquidazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali e irrogazione di sanzioni nr 2004 IT 02327400 riferito alla compravendita stipulata con atto del 3.11.2004 cui era seguita la richiesta di registrazione con agevolazione” prima casa”.
2. La CTP accoglieva il ricorso.
3. Proponeva appello l’Agenzia delle Entrate e la CTR, con sentenza del 25.3.2014, accoglieva l’appello e compensava le spese, evidenziando come il contribuente non avesse dimostrato di aver trasferito la propria residenza nel Comune di Manziana entro i diciotto mesi decorrenti dalla data del rogito.
4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione G.F. svolgendo due motivi. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte, né le parti hanno depositato memorie.
Considerato che
1. Con primo motivo rubricato «violazione di diritto in particolare violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lvo 546/1992 » deduce il ricorrente che la Corte di merito ha fondato il proprio convincimento sulla base di un documento – il certificato storico di residenza – versato in atti ed ammesso solo nel procedimento di secondo grado e quindi in violazione del divieto di ius novorum in sede di appello, previsto e disciplinato dall’art. 57 d.lvo 546/1992.
La ratio di tale disposizione normativa risiederebbe, secondo l’assunto del ricorrente, in quella di impedire non solo la proposizione di domande basate su motivi diversi da quelli dedotti nel primo grado di giudizio, ma anche in quella di vietare la produzione di documenti nuovi a meno che non si versasse nell’impossibilità della produzione in primo grado, eventualità che non ricorreva nel caso in esame trattandosi di un certificato storico di residenza.
2. Il motivo è infondato.
2.1 Se l’art. 57 d.lvo cit. stabilisce l’inammissibilità nel giudizio di appello di nuove domande ed anche il divieto di proporre nuove eccezioni, salvo quelle rilevabili d’ufficio, l’art. 58 comma II consente alle parti di produrre nuovi documenti dettando, quindi, una differente disciplina rispetto all’art. 345, III comma cpc che espressamente esclude la produzione di nuovi documenti in appello, salvo che la parte dimostri di non averli potuti proporre o produrre nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
2.2 La costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. ord. 17120 dell’11 luglio 2017) in materia di acquisizione probatoria, fondata sulla testuale disposizione dell’articolo 58 comma 2 D.Lgs 546/1992, ha ritenuto che non sussistano limitazioni alla produzione in appello di qualsiasi documento anche se già disponibile in precedenza ed anche se la parte che lo produce non si è costituita nel primo grado del giudizio.
2.3 Quanto alla asserita violazione del divieto di eccezioni nuove ricollegabili a fatti e circostanze accertate dal certificato storico di residenza prodotto in appello, si osserva che il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, concerne le sole eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili (Cass. ord. 31 maggio 2016, n. 11223; conf., Cass. n. 23587/16).
Nella fattispecie nessun fatto nuovo è stato dedotto dall’amministrazione, essendosi la stessa limitata a provare attraverso la produzione documentale, consentita nel giudizio di appello, il fatto storico costituito dal trasferimento di residenza oltre il termine di 18 mesi, che ha giustificato il venir meno dell’agevolazione fiscale prevista dall’art. 1 della Tariffa allegata al dpr 131/1986 con emissione dell’impugnato avviso di liquidazione.
3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in merito ad un punto decisivo per il giudizio.
In particolare si lamenta l’omesso esame da parte della Corte di merito dei rilievi svolti negli scritti difensivi circa la natura non perentoria del termine di mesi diciotto per il trasferimento di residenza, nonché circa il verificarsi del trasferimento di residenza in seguito alla richiesta depositata presso il Comune di Manziana il 1.8.2015 per silenzio assenso; si denuncia altresì l’illogicità della motivazione in riferimento ai bassi consumi.
3.1 A parte la deduzione di più vizi tra loro incompatibili (quali l’omessa e insufficiente motivazione) di cui sarebbe affetta la pronuncia della CTR, i primi due profili della censura riguardano non il fatto storico, nell’accezione rilevante ai sensi dell’art. 360, I comma comma 5 cpc, quanto piuttosto questioni di diritto quali la perentorietà o meno di un termine e l’applicazione della disciplina del silenzio assenso, che avrebbero dovuto essere oggetto di diverso motivo di ricorso per Cassazione.
3.2 In ogni caso va rilevato come, secondo il costante orientamento di questa Corte (Cass. n. 2527-14, 7764-14 e 14413/13), per conservare i benefici fiscali sulla prima casa, non è sufficiente al momento dell’acquisto dichiarare la volontà di destinare l’immobile ad abitazione entro i termini previsti dalla legge; i benefici fiscali per l’acquisto della prima casa (abitazione non di lusso) spettano alla sola condizione che, entro il termine di decadenza di diciotto mesi dall’atto, il contribuente stabilisca, nel comune ove sia ubicato l’immobile, la propria residenza (ai sensi della lettera a del comma 1 della nota 2-bis all’art. 1 della parte prima della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131).
3.3 La CTR ha inoltre, correttamente, fondato la propria decisione sulla base della mancata dimostrazione da parte del ricorrente del trasferimento di residenza entro il termine di diciotto mesi dalla stipula, avvenuta in data 3.11.2014.
Ciò sulla scorta dei non contestati accertamenti di fatto dai quali risulta che il contribuente ebbe a presentare, in data 1.8.2005, una prima richiesta di iscrizione non andata a buon fine.
Una seconda richiesta di cambiamento di residenza, accolta dall’amministrazione comunale, fu effettuata in data 14.3.2007 e, quindi, ben oltre il termine di 18 mesi dalla stipula del contratto registrato.
3.4 L’invocata disciplina del silenzio rifiuto formatosi sulla richiesta del 1.8.2005, introdotta con il decreto del 9.2.2012 nr. 5 entrato in vigore il 10 2.2012, non può trovare applicazione nel caso di specie, in quanto a quella data il contribuente aveva già ottenuto, in ritardo, il cambiamento di residenza.
La motivazione dell’impugnata sentenza fa leva anche su aspetti sostanziali (indicazione sulla bolletta dell’energia elettrica della dicitura “utenza domestica con residenza anagrafica diversa da quella di fornitura” e scarsi consumi di gas sino al 2007).
4. Sul punto la doglianza di illogicità della motivazione è inammissibile, in quanto, oltre ad essere in contrasto con l’art. 360, I comma nr. 5 cpc , così come sostituito dall’art. 54 comma 1°, Iett.b) D.L. 83/2012 che non prevede più il sindacato sulla sufficienza della motivazione, è formulata in modo del tutto generico.
5. Il ricorso va ,quindi ,rigettato. Nulla va disposto sulle spese, non essendosi costituita l’Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13.
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