CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 giugno 2020, n. 12311
Tributi – Riscossione – Cartella di pagamento – Impugnazione – Passaggio in giudicato delle sentenze di convalida della pretesa tributaria – Deduzione vizi attinenti al merito della pretesa erariale – Illegittimità
Rilevato che
– con sentenza n. 268/34/2012, depositata in data 2 luglio 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, aveva accolto l’appello proposto dalla P. s.r.l. in amministrazione straordinaria nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 555/02/10 della Commissione tributaria provinciale di Catania che aveva rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente avverso la cartella di pagamento n. 29320060017169913 con la quale era stata iscritta a ruolo, per gli anni 1986-1988, la somma complessiva di euro 1.123.668,26, a titolo di Iva, interessi e sanzioni, notificata il 7 giugno 2006, a seguito di tre avvisi di rettifica con i quali, per i medesimi anni di imposta, erano stati recuperati maggiore Iva, interessi e sanzioni, divenuti definitivi in forza delle sentenze passate in giudicato della CTR della Sicilia n. 51/31/04, n. 52/31/04 e n. 53/31/04;
– in punto di fatto dagli atti si evince che: 1) avverso la cartella di pagamento n. 29320060017169913 relativa all’iscrizione a ruolo di Iva, interessi e sanzioni, per gli anni 1986-1988, P. s.r.l. in A.S. aveva proposto ricorso dinanzi alla CTP di Catania eccependo la decadenza dell’Ufficio per decorrenza del termine quinquennale ex lege 156/2005 per la notifica della cartella nonché l’illegittimità della richiesta di sanzioni e interessi per violazione dell’art. 6bis del d.l. n. 328/97, convertito dalla legge n. 410/97, in forza del quale le società poste – come la contribuente – in amministrazione straordinaria sarebbero state ammesse a versare solo le imposte dovute senza interessi e sanzioni purché detto versamento fosse avvenuto entro trenta giorni dalla data del provvedimento di autorizzazione della ripartizione parziale delle somme di cui all’art. 2 della legge n. 95/79, il che nella specie non era avvenuto per mancata approvazione del piano di riparto; 2) la CTP di Catania, con sentenza n. 555/02/10, aveva rigettato il ricorso, non essendo stato il versamento delle imposte eseguito nei termini di legge; 3) avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello la società ribadendo, nella specie, la mancata approvazione del piano di riparto parziale, con conseguente mancata debenza delle sanzioni e interessi; 4) aveva controdedotto l’Agenzia chiedendo la conferma della sentenza della CTP;
– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che:
1) in forza dell’art. 4, comma 2, del d.l. n. 414 del 1981, convertito dalla legge n. 544 del 1981, l’amministratore straordinario aveva solo l’obbligo di presentare la dichiarazione Iva ma non quello di adempiere al pagamento delle imposte per tutto il periodo in cui l’impresa era sottoposta a detta amministrazione; 2) pertanto, l’iscrizione a ruolo dei tributi aveva solo la funzione di titolo per spiegare domanda di insinuazione al passivo della procedura e non di strumento per dare inizio alla esecuzione esattoriale; 3) l’applicazione delle sanzioni e degli interessi per omesso versamento di quanto dovuto era illegittima stante la temporanea legittima “esimente” dal pagamento dei tributi stessi;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, la società contribuente;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1-bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’insufficiente motivazione su un punto decisivo e controverso del giudizio per avere la CTR ritenuto illegittima l’applicazione delle sanzioni e degli interessi a seguito della apertura della procedura di amministrazione straordinaria stante la “temporanea legittima esimente dal pagamento dei tributi stessi” ai sensi dell’art. 4, comma 2, del d.l. n. 414 del 1981, senza argomentare in ordine alla circostanza decisiva che la cartella di pagamento relativa all’iscrizione a ruolo, per gli anni 1986-1988, di Iva, sanzioni e interessi, conseguiva a tre avvisi di rettifica emessi a titolo Iva, sanzioni e interessi, per i medesimi anni di imposta, divenuti definitivi per passaggio in giudicato (per mancata impugnazione) delle sentenze della CTR della Sicilia n. 51/31/04, n. 52/31/04 e n. 53/31/04;
– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. per avere la CTR ritenuto illegittima l’applicazione delle sanzioni e degli interessi in violazione del giudicato esterno costituito dalle sentenze della CTR della Sicilia n. 51/31/04, n. 52/31/04 e n. 53/31/04- passate in giudicato per mancata impugnazione- con le quali- decidendo nel merito della pretesa erariale- era stato ritenuto legittimo il recupero dell’imposta, sanzioni e interessi di cui agli avvisi di rettifica emessi a monte della cartella di pagamento in questione;
– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 14 del d.P.R. n. 602/73 per avere la CTR erroneamente ritenuto illegittima la cartella di pagamento in questione, ancorché l’Ufficio avesse, in forza dell’art. 14 cit., iscritto regolarmente a ruolo le maggiori imposte nonché i relativi interessi e sanzioni, fondandosi la cartella su un credito erariale definitivamente accertato in forza di sentenze passate in giudicato della CTR della Sicilia n. 51/31/04, n. 52/31/04 e n. 53/31/04;
– con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 19, comma 3 del D.Igs. n. 546 del 1992 per avere la CTR accolto erroneamente l’appello della società contribuente ancorché avverso la cartella in questione non erano stati dedotti vizi propri di quest’ultima ma bensì attinenti al merito della pretesa erariale divenuta incontestabile nell’an e nel quantum a seguito del passaggio in giudicato delle sentenze della CTR della Sicilia n. 51/31/04, n. 52/31/04 e n. 53/31/04 con le quali erano ritenuti legittimi gli avvisi di rettifica emessi a monte, per i medesimi anni di imposta, a titolo Iva, interessi e sanzioni;
– in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – che consente al giudice di decidere la causa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, quand’anche se del caso logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Cass., sez. un., n. 9636 del 2014; Cass. n. 12002 del 2014), va data precedenza all’esame del quarto motivo del ricorso, che è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate;
– nel caso di specie è del tutto pacifico che gli “atti presupposti” della cartella di pagamento impugnate ossia gli avvisi di rettifica relativi fossero ricomprensivi non solo dell’imposta Iva ma anche delle sanzioni ed interessi e che fossero divenuti definitivi a seguito del passaggio in giudicato (per mancata impugnazione) delle sentenze della CTR n. 51/31/04, n. 52/31/04 e n. 53/31/04;
– risulta, pertanto, evidente che qualsivoglia eccezione ad essi relativa, (quale la dedotta erronea applicazione di interessi e sanzioni per violazione dell’art. per violazione dell’art. 6bis del d.l. n. 328/97, convertito dalla legge n. 410/97, in forza del quale la società in questione, in quanto posta in amministrazione straordinaria, sarebbe stata ammessa a versare solo le imposte dovute senza interessi e sanzioni purché detto versamento fosse avvenuto entro trenta giorni dalla data del provvedimento di autorizzazione della ripartizione parziale delle somme di cui all’art. 2 della legge n. 95/79, il che, nella specie, non era avvenuto per mancata approvazione del piano di riparto), era assolutamente preclusa in sede di impugnativa della cartella di pagamento, secondo i fermi principi secondo cui “in tema di contenzioso tributario, posto che, ai sensi dell’art. 19, comma terzo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ognuno degli atti impugnabili può essere oggetto di gravame solo per vizi propri, salvo che non si tratti di atti presupposti non notificati, non è ammissibile l’impugnazione della cartella esattoriale riguardante sanzioni tributarie per dolersi di vizi inerenti agli avvisi di irrogazione delle stesse, già notificati e non opposti nei termini (Sez. 5, n. 21082 del 13/10/2011; Cass. Sez. 6 – 5, n. 13102 del 2017); «La cartella esattoriale, recante intimazione di pagamento di credito tributario avente titolo in un precedente avviso di accertamento notificato, ed a suo tempo non impugnato, può essere contestata innanzi agli organi del contenzioso tributario ed essere da essi invalidata solo per vizi propri, non già per vizi suscettibili di rendere nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto» (Cass. sez. 5, n. 8704 del 2013; Cass. Sez. 6 – 5, n. 25995 del 2017; Cass. sez. 5, n. 14951 del 2018); tali principi risultano perfettamente applicabili anche all’ipotesi di atti presupposti divenuti definitivi in forza di sentenze passate in giudicato;
– nella specie la CTR non si attenuta ai suddetti principi, avendo affermato che era “illegittima l’applicazione di sanzioni ed interessi per omesso versamento di quanto dovuto data la presenza di una temporanea legittima esimente dal pagamento dei tributi stessi” con ciò facendo riferimento all’art. 4, comma 2, del d.l. n. 414 del 1981 convertito dalla legge n. 544 del 1981;
– né, peraltro, quanto alla eccepita iscrizione a ruolo di interessi in misura maggiore rispetto a quelli indicati nei presupposti avvisi di rettifica, la contribuente ha assolto all’onere, in punto di autosufficienza, di riportare in ricorso, per le parti rilevanti, gli atti difensivi dei gradi di merito non consentendo a questa Corte di verificare gli esatti termini della eccezione medesima e di averne la completa cognizione al fine di valutarne la fondatezza;
– l’accoglimento del quarto motivo, rende inutile la trattazione degli altri con assorbimento degli stessi;
– in conclusione, va accolto il quarto motivo, assorbiti gli altri; con cassazione della sentenza impugnata e decidendo nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c. con rigetto dell’originario ricorso della società contribuente;
– si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dei gradi di merito tra le parti mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
accoglie il quarto motivo; assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario;
compensa tra le parti le spese dei gradi di merito; condanna P. s.r.l. in amministrazione straordinaria, in persona dei commissari liquidatori e legali rappresentanti pro tempore, al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 10.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
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