CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 maggio 2018, n. 12737
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Prova documentale – Copie degli atti – Conformità all’originale – Disconoscimento – Effetti – Accertamento della conformità – Prove presuntive – Ammissibilità
Rilevato in fatto
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria provinciale con la quale veniva accolto il ricorso proposto da V.F., nella qualità di socio della “F.F. e Figli s.n.c.”, avverso la cartella di pagamento n. 071 2004 00166044 14 relativa all’Irpef ed alle ritenute per l’anno di imposta 1994.
La Commissione Tributaria Regionale ha motivato che il ricorso introduttivo era stato proposto oltre i termini previsti dall’art. 21 del d.lgs. n. 546/92, ritenendo che la cartella di pagamento fosse stata notificata in data 20.6.06, come si rilevava dalla data risultante dalla relata di notifica esibita dall’Ufficio, e non in data 28.6.06, come risultava dalla relata di notifica esibita dalla parte contribuente.
Avverso la suddetta decisione propone ricorso per cassazione V.F. affidandosi a tre motivi di ricorso.
La intimata non si è costituita in giudizio.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380- bis cod. proc. civ.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.”, assumendo che la sentenza avrebbe omesso di affrontare la questione riguardante l’accertamento della data di notifica della cartella esattoriale, che rappresentava un fatto controverso e decisivo, dipendendo da tale accertamento l’ammissibilità della impugnazione proposta in primo grado.
Il contribuente lamenta, in particolare, che la Commissione Tributaria regionale avrebbe omesso di spiegare le ragioni per cui ha ritenuto di attribuire alla copia della relata di notificazione dallo stesso depositata un “peso” probatorio diverso e comunque minore rispetto alla copia esibita dall’Ufficio, pur trattandosi di due copie speculari.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 148 cod. proc. civ., nonché dell’art. 2700 cod.civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.”, per aver il giudice di appello esorbitato dai confini del proprio potere di cognizione e di valutazione dei dati indicati nella relata di notificazione, ritenendone la falsità, sostituendosi in tal modo al giudice ordinario, in assenza di qualsiasi prova idonea a dimostrare la presunta falsità della data riportata sulla relata di notificazione prodotta dal contribuente, considerato che l’accertamento della validità della relata di notificazione implicava, in presenza di contestazioni, il necessario esperimento della procedura della querela di falso.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “nullità del procedimento per violazione dell’art. 14, secondo comma, del d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.”, sostenendo che la Commissione Tributaria regionale, pur essendo consapevole che l’unico originale della relata di notificazione della cartella di pagamento fosse in possesso del Concessionario della riscossione, ha omesso di integrare il contraddittorio e di ordinare al predetto soggetto di esibire in giudizio l’originale del documento, indispensabile ai fini della risoluzione della questione della ammissibilità del ricorso.
3.1. Il terzo motivo, che va esaminato preliminarmente in quanto il suo accoglimento precluderebbe l’esame degli altri motivi, è infondato.
3.2. Non è ravvisabile la violazione dedotta, in quanto nel processo tributario la nozione di litisconsorzio necessario, quale emergente dalla norma dell’art. 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, si configura come fattispecie autonoma rispetto a quella di cui all’art. 102 cod. proc. civ., poiché non detta, come quest’ultima, una “norma in bianco”, ma positivamente indica i presupposti della inscindibilità della causa determinata dall’oggetto del ricorso, così che la citata fattispecie si configura ogni volta che, per effetto della norma tributaria o per l’azione esercitata dall’amministrazione finanziaria, l’atto impositivo coinvolga, nell’unicità della fattispecie costitutiva dell’obbligazione, una pluralità di soggetti ed il ricorso, pur proposto da uno o più obbligati, abbia ad oggetto non la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione. La “ratio” della peculiarità della fattispecie del litisconsorzio tributario si giustifica sul piano costituzionale quale espressione dei principi di cui agli artt. 3 e 53 Cost., perché funzionale alla parità di trattamento dei coobbligati e al rispetto della loro capacità contributiva. (Cass., Ordinanza n. 15189 del 18/06/2013, Rv. 627166 – 01).
Nel caso in esame non può configurarsi una ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti del Concessionario della riscossione, non essendo quest’ultimo parte del rapporto tributario dedotto in giudizio, né destinatario dell’atto impugnato.
Inoltre, in materia di impugnazione della cartella esattoriale, la tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio. La legittimazione passiva spetta, pertanto, all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio l’ente predetto, se non vuole rispondere all’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario. (Cass. n. 10477 del 14/05/2014).
4. Il primo ed il secondo motivo, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
4.1. La Commissione Tributaria regionale, dopo avere evidenziato che era in contestazione tra le parti la data di notifica della cartella di pagamento e che lo stesso contribuente nelle controdeduzioni depositate nel giudizio di merito aveva sottolineato che << tutti gli operatori del settore fiscale sanno molto bene per consolidate esperienze personali che le copie delle notifiche riportate sulle cartelle sono spesso illegibili, alterate e addirittura vuote perché una semplice pressione sulla carta chimica può lasciare tracce involontarie o, addirittura, non lasciare alcuna traccia», ha motivato « questa Commissione, in considerazione dello stato materiale della copia della cartella in possesso della società, ritiene che la rilevazione della data possa avvenire sulla copia della cartella esibita dall’amministrazione, laddove risulta quella del 20/6/2006».
Preso atto dell’implicito disconoscimento delle copie delle relate di notificazione della cartella di pagamento esibite dall’Ufficio e dal contribuente e della mancata produzione in giudizio dell’originale del documento, il giudice di appello ha ritenuto che la questione concernente l’accertamento della data di notifica della cartella impugnata dovesse essere risolta dando rilevanza alla data emergente sulla copia della cartella esibita dalla Amministrazione, piuttosto che a quella prodotta dal F., e ciò sul presupposto che il disconoscimento operato, non accompagnato dalla produzione dell’originale – che, peraltro, la stessa parte ricorrente riconosceva non essere nella disponibilità della Agenzia delle Entrate, cosicchè dalla sua mancata produzione non potevano trarsi elementi di prova – non gli precludesse la valutazione probatoria presuntiva della documentazione esibita, così come evincibile da tutti gli elementi della fattispecie notificatoria.
La Commissione Tributaria regionale ha fatto, quindi, corretta applicazione del principio secondo cui <<il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica all’originale di una scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215, comma secondo, cod. proc. civ., perché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia, non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa» (Cass. n. 4395 del 04/03/2004).
La Commissione Tributaria regionale si è dunque espressa sulla efficacia rappresentativa della copia della notificazione della cartella di pagamento prodotta dall’Amministrazione in giudizio, manifestando il proprio convincimento fattuale, nel senso che la copia prodotta dall’Ufficio era sufficiente a fornire la prova della data della notifica, e tale giudizio non è sindacabile in questa sede, trattandosi di accertamento di merito.
In conclusione, deve quindi escludersi sia il vizio di motivazione sia quello di violazione o falsa applicazione delle norme e non vi è conseguentemente spazio per addivenire ad una diversa valutazione della fattispecie.
Il ricorso deve pertanto essere respinto.
Nulla deve disporsi in merito alle spese di lite in assenza di attività difensiva della intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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