CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 maggio 2019, n. 14038
Tributi – TIA – Aree adibite a produzione ed a magazzino di imballaggi di carta e cartone – Ritiro dei cassonetti e conseguente mancata erogazione del servizio raccolta – Quota fissa – Dovuta – Quota variabile – Non dovuta
Ritenuto che
1. con sentenza n. 917/08/15, depositata il 25 maggio 2015, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto accoglieva l’appello proposto dalla B. s.r.l. avverso la sentenza n. 127/2/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, con compensazione delle spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di una cartella esattoriale, relativa al mancato pagamento di fatture emesse dal Consorzio Treviso Tre riguardante la TIA per gli anni dal 2004 al 2009, in relazione ad uno stabilimento di circa mq 10.000, ubicato nel Comune di Riese Pio X, con esclusivo riferimento alle aree adibite a produzione ed a magazzino di prodotto finito, di cui la contribuente contestava l’assoggettamento a tassazione per la mancata produzione di sostanze qualificabili come rifiuti urbani non riciclabili;
3. la CTP aveva rigettato il ricorso ritenendo dovuta la parte fissa della TIA, ancorata alla superficie occupata, e non provata la mancata produzione di rifiuti urbani sull’intera superficie;
4. la CTR, evidenziato che l’ente impositore aveva ritirato i cassonetti e non provvedeva più ad alcuna raccolta, accoglieva l’appello, ritenendo provato che dall’attività di produzione di imballaggi di carte e cartone svolta nello stabilimento residuavano solo sfridi di cartone che, riciclati, venivano rivenduti a terzi, e rifiuti speciali non assimilati, quali inchiostri e lubrificanti, smaltiti autonomamente con ditte esterne; escludeva quindi dalla tassazione anche le superfici adibite a produzione ed a magazzino di prodotto finito, in quanto inidonee alla produzione di rifiuti, sia per la parte fissa, che per quella variabile già richiesta in misura ridotta;
4. avverso la sentenza di appello, la C. Spa, subentrata ai consorzi comunali nella gestione integrata dei rifiuti urbani, ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica in data 22 dicembre 2015, affidato a due motivi; la società contribuente ha resistito con controricorso e depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.
Considerato che
1. con il primo motivo la C. S.p.a. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 e degli artt. 2, 3, 4 e 6 del d.P.R. n. 158 del 1999, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, dando rilevanza all’avvenuto ritiro dei cassonetti, ha escluso che la società contribuente fosse tenuta al pagamento della quota fissa della tariffa TIA, dovuta invece, a prescindere da un nesso sinallagmatico con il servizio, sulla base del mero possesso o detenzione di locali, a qualsiasi uso adibiti, nel territorio comunale, a copertura dei costi generali del servizio;
2. con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, degli artt. 6, comma 2, e 7 del d.P.R. n. 158 del 1999 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., contestando il riconoscimento dell’esenzione integrale anche della parte variabile, pur in assenza di prova della incapacità assoluta delle aree in contestazione di produrre qualsiasi tipo di rifiuto.
Osserva che
1. Il primo motivo di ricorso merita accoglimento.
1.1. La questione controversa attiene ai presupposti impositivi della quota fissa della tariffa di igiene ambientale, cd. TIA, disciplinata dall’art. 49 del c.d. “decreto Ronchi” (il d.lgs. n. 22 del 1997, successivamente modificato dall’art. 1, comma 28, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e dall’art. 33 della legge 23 dicembre 1999, n. 488).
In dichiarata attuazione delle direttive 91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CE, tale norma ha stabilito l’obbligo dei Comuni di effettuare, in regime di privativa, la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati e, in particolare, ha previsto l’istituzione, da parte dei Comuni medesimi, di una «tariffa» per la copertura integrale dei costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, nelle zone del territorio comunale, «composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio» (comma 4).
Con successivo regolamento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, approvato con il d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, è stato elaborato il metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, di cui al comma 5 della stessa norma.
Ai sensi del comma 3 è tenuto al pagamento della tariffa «chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale»; il comma 14 ne prevede poi una riduzione nei casi in cui il produttore di rifiuti assimilati dimostri (mediante attestazione rilasciata da chi effettui il recupero) di aver avviato detti rifiuti al recupero.
A differenza della normativa sulla TARSU, l’art. 49 del “decreto Ronchi” stabilisce, pertanto, che la TIA deve sempre coprire l’intero costo del servizio di gestione dei rifiuti e che detta tariffa è dovuta anche per la gestione dei rifiuti “esterni” (come già statuiva l’abrogato art. 268 del r.d. n. 1175 del 1931, sostituito dall’art. 21 del d.P.R. n. 915 del 1982, in relazione all’art. 9 del decreto-legge n. 66 del 1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 144 del 1989).
1.2 Secondo i criteri di commisurazione del prelievo, di cui al comma 4 del citato art. 49, la TIA è suddivisa in una parte fissa (concernente le componenti essenziali del costo del servizio – ivi compreso quello dello spazzamento delle strade -, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti) ed in una parte variabile (rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione).
I criteri di determinazione di tali due parti della TIA sono contenuti nel citato d.P.R. n. 158 del 1999, che prevede indici costruiti, tra l’altro, sulla quantità totale dei rifiuti prodotti nel Comune, sulla superficie delle utenze, sul numero dei componenti il nucleo familiare delle utenze domestiche, su coefficienti di potenziale produzione di rifiuti secondo le varie attività esercitate nell’ambito delle utenze non domestiche.
Ai sensi dell’art. 49, comma 14, del d.lgs. n. 22 del 1997 l’autonomo avviamento a recupero dei rifiuti, da parte del produttore di essi, non comporta l’esclusione dal pagamento dell’imposta, ma determina una riduzione proporzionale della sola parte variabile di tale tariffa, con una disposizione analoga al comma 2 dell’art. 67 del d.lgs. n. 507 del 1993 in tema di TARSU.
Come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 238 del 2009, la TIA, a differenza della TARSU, ha la funzione di coprire il costo dei servizi di smaltimento concernenti i rifiuti non solo “interni”, cioè prodotti o producibili dal singolo soggetto passivo che può avvalersi del servizio, ma anche “esterni”, quali i «rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico», e quindi di coprire anche le pubbliche spese afferenti ad un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e non riconducibile a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente.
Tale differenza si ripercuote anche sull’entità del prelievo: mentre per la TARSU il gettito deve corrispondere ad un ammontare compreso tra l’intero costo del servizio ed un minimo costituito da una percentuale di tale costo, determinata in funzione della situazione finanziaria del Comune (art. 61, comma 1, del d. lgs. n. 507 del 1993), per la TIA il gettito deve, invece, assicurare sempre l’integrale copertura del costo dei servizi.
1.3 Tenuto conto della funzione innanzi indicata, va affermato che la quota fissa della TIA è dovuta sempre per intero, sul mero presupposto del possesso o detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, in quanto destinata a finanziare i costi essenziali del servizio nell’interesse dell’intera collettività, mentre ogni valutazione in ordine alla quantità di rifiuti concretamente prodotti dal singolo, ed al servizio effettivamente erogato in suo favore, potrà incidere solo ed esclusivamente sulla parte variabile della tariffa.
1.4 In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata nella parte in cui ha disposto l’esclusione delle aree destinate a produzione ed a magazzino di prodotto finito dall’obbligo di pagamento della quota fissa, trattandosi di superfici potenzialmente idonee alla produzione di rifiuti urbani, senza che a tal fine rilevi né la mancata produzione in concreto di rifiuti urbani o assimilati né la mancata fruizione del servizio pur istituito.
2. Il secondo motivo va invece rigettato.
2.1 Va innanzitutto premesso, in continuità con quanto affermato in relazione al primo motivo, che a differenza di quanto previsto per la quota fissa, la qualità e quantità di rifiuti prodotti incide nella determinazione della quota variabile della TIA che può essere legittimamente pretesa, in misura intera o ridotta, solo in presenza di una effettiva produzione di rifiuti urbani o assimilati, con conseguente esclusione dell’assoggettamento a tale parte del tributo di quelle superfici ove il contribuente dimostri di non produrre rifiuti o di produrre esclusivamente rifiuti speciali smaltiti, pertanto, autonomamente.
2.2 In tema di TARSU questa Corte ha già avuto occasione di chiarire, con riguardo all’art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507, che «nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali», incombendo comunque sull’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che producendo di regola rifiuti speciali non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile (vedi Cass. n. 15083 del 2004 e n. 4766 del 2004; n. 775 del 2011; n. 16253 del 2015).
Da questa Corte è stato inoltre affermato che tale regola deve ritenersi applicabile anche alla TIA, cui è stata riconosciuta natura di mera variante della TARSU, di cui mantiene infatti identica natura tributaria (Corte cost. n. 64 del 2010; Corte cost. n. 300 del 2009; Corte cost. n. 238 del 2009; Cass. sez. un. n. 5078 del 2016; Cass. sez un. n. 23114 del 2015; Cass. sez. n. 25929 del 2011; Cass. sez. un. 14903 del 2010), in quanto l’art. 49, comma 14 del d.lgs. n. 22 del 1997, laddove fa salva l’applicazione sulla stessa di un «coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi» chiaramente presuppone l’assoggettamento a TIA dei soli rifiuti urbani e salvo il diritto ad una riduzione della stessa in caso di produzione di rifiuti assimilati «smaltiti in proprio». (Vedi Cass. 10787 del 2016).
2.3 In sintesi, il presupposto impositivo della parte variabile della TIA va individuato nella produzione effettiva di rifiuti urbani o assimilati; per questi ultimi, laddove sia stato istituito ed effettivamente svolto il servizio per tale smaltimento, può trovare applicazione la facoltà dei Comuni di prevedere una riduzione, sempre della sola parte variabile della tariffa, ai sensi del comma 14 dell’art. 49 citato, nel caso in cui il contribuente provi di smaltire in proprio, in tutto o in parte, i rifiuti assimilati prodotti.
Nell’ipotesi in cui il contribuente provi di non produrre in quelle aree rifiuti suscettibili di smaltimento, in quanto ad esempio interamente riciclati nello stesso impianto e venduti a terzi, o di produrre esclusivamente rifiuti speciali, non assimilabili o comunque non assimilati, smaltiti autonomamente, sopportando il costo del servizio di smaltimento a mezzo ditte esterne, va escluso che per le relative superfici, già soggette alla quota fissa, sia tenuto anche al versamento della quota variabile della TIA, senza che possa essere posta a suo carico anche la prova negativa della mancata produzione di rifiuti urbani o assimilati, sulla base del noto principio secondo cui ” non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo” (cfr Cass. n. 14854 del 2013; n. 384 del 2007).
2.4 L’impugnata sentenza, che nella concreta fattispecie ha accertato che nelle aree in contestazione si producevano esclusivamente sfridi di cartone, che dopo essere stati sottoposti a pressatura venivano ceduti a terzi per un riutilizzo, nonché rifiuti speciali, quali inchiostri e lubrificanti, smaltiti mediante ditte esterne, e su tali presupposti ha escluso che la società contribuente per queste stesse aree fosse tenuta anche al pagamento della quota variabile della TIA, ha fatto corretta applicazione di tali principi e non merita pertanto sul punto alcuna censura.
Tale accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, non è stato del resto contestato sotto il profilo della sufficienza motivazionale.
3. Da quanto esposto, accolto il primo motivo, rigettato il secondo, segue la cassazione della sentenza impugnata, limitatamente al motivo accolto; decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va quindi rigettato il ricorso introduttivo con riferimento alla quota fissa della TIA.
4. In considerazione dell’esito finale della lite, tenuto conto della soccombenza reciproca e della novità delle questioni giuridiche, che hanno trovato soluzione alla luce di interventi legislativi e giurisprudenziali complessi, va disposta la compensazione delle spese processuali di tutti i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata, limitatamente al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso della contribuente con riferimento alla quota fissa della TIA;
compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.
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