CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 marzo 2018, n. 7331
Aggiudicazione di gare d’appalto – Esecuzione di altri incarichi di progettazione – Professionisti – Rapporto di collaborazione coordinata e continuativa – Corrispettivo a forfait
Rilevato
che con sentenza del 29 ottobre 2012, la Corte d’Appello di Trento, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Rovereto, riforma limitata alla riduzione del quantum della condanna, accoglieva la domanda proposta da G. B. e M. H. nei confronti di Sistemi S.r.l., società di ingegneria, avente ad oggetto la condanna di questa al pagamento del corrispettivo a forfait maturato nell’ambito del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa e concordata con riferimento all’aggiudicazione di gare d’appalto ed all’esecuzione di altri incarichi di progettazione; che, la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione di nullità della procura alle liti rilasciata da M. H., e idonea la documentazione prodotta a comprovare il rapporto professionale tra le parti e l’impegno della Società a remunerare esclusivamente la progettazione esecutiva dell’appalto di cui alla lettera 21.4.2007 nei diretti confronti di entrambi i professionisti e non della società A. a detta della Società esclusiva titolare dell’incarico di progettazione;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a nove motivi, poi illustrati con memoria, cui resistono, con controricorso, entrambi gli intimati;
Considerato
che, con i primi otto motivi, la Società ricorrente lamenta da parte della Corte territoriale la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, l’error in procedendo dato dall’assunzione come circostanza verificata di un fatto viceversa negato dagli stessi odierni intimati, la violazione delle norme di legge in materia di confessione giudiziale, di necessario assolvimento dell’onere della prova, di rilevanza dell’accordo contrattuale quale fonte di obbligazione tra le parti, di interpretazione del contratto nonché il difetto di motivazione e ciò in relazione alla prospettazione della domanda formulata con il ricorso introduttivo dagli odierni intimati che non recava riferimento alcuno allo svolgimento da parte dei medesimi di attività di progettazione esecutiva cui, viceversa si riferisce la condanna pronunciata in sede d’appello (primo motivo) alle dichiarazioni rese dagli stessi ricorrenti in sede di interrogatorio libero ed aventi valore confessorio confermative della circostanza per cui gli stessi non avrebbero ricevuto dalla Società ricorrente alcun incarico di progettazione, mentre la sentenza impugnata trova fondamento sulla ritenuta ricorrenza della circostanza contraria (secondo e terzo motivo), all’inconsistenza probatoria, sempre a fronte delle dichiarazioni rese in giudizio dagli odierni intimati, della nota 21.4.2007 inviata dalla Società ricorrente alla A. (quarto motivo), al difetto di accordo tra le parti circa l’assunzione dell’obbligo di pagamento del corrispettivo della pretesa commessa (quinto motivo), con particolare riferimento alla posizione dell’architetto H. (sesto motivo), all’erronea interpretazione testuale della predetta lettera per aver dato come eseguita e dagli odierni intimati quella progettazione esecutiva di cui ivi si discuteva in proiezione futura e della quale gli stessi intimati avevano ammesso in giudizio il mancato affidamento (settimo motivo), alla conseguente incongruità del percorso logico-argomentativo posto a base della decisione (ottavo motivo);
che con il nono motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c. e dell’art. 2703 c.c., deduce l’erroneità della statuizione resa dalla Corte territoriale di rigetto dell’eccezione di nullità della procura alle liti rilasciata dall’architetto H. al proprio difensore e di tutti gli atti conseguenti allo stesso riferibili;
che i primi otto motivi, che in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi inammissibili non cogliendo e, comunque, non valendo a scalfire la ratio deciderteli su cui si fonda l’impugnata sentenza, data dall’idoneità dei contratti, separatamente conclusi dalla Società ricorrente con ciascuno degli odierni intimati e da questi inclusi nell’originaria produzione documentale ad attestare l’instaurazione tra le parti di un rapporto avente ad oggetto l’attività professionale dei due architetti, che, almeno nel caso di B., risulta espressamente mirata all’esecuzione di compiti di progettazione e direzione lavori oltre che alla preparazione della documentazione tecnica di gara, convincimento che qui non risulta fatto oggetto di specifica censura, nonché dall’idoneità della lettera del 21.4.2007 ad esprimere il riconoscimento di un obbligazione di pagamento nei diretti confronti dei due architetti nella misura esattamente corrispondente alla percentuale di commisurazione del corrispettivo loro dovuto al valore dell’appalto aggiudicatosi dalla Società (come alla data della lettera determinato ma successivamente ridotto, evenienza in relazione alla quale la Corte territoriale giustifica il diverso quantum della condanna pronunciata) a sua volta corrispondente all’importo conseguito dalla Società medesima relativamente alla gara tenuta in considerazione dalla Corte territoriale, a sua volta la sola rientrante nel periodo di operatività del contratto concluso con l’architetto B., ragionamento, anche questo, su cui nel ricorso de quo, non solo non si formula alcuna specifica censura ma addirittura si omette qualsiasi cenno;
che il nono motivo risulta infondato, vertendo l’impugnazione, non tanto sulla corretta applicazione dei principi di diritto in materia espressi da questa Corte, richiamati dallo stessa Società ricorrente ed ai quali, in ogni caso, questo Collegio intende conformarsi, quanto sulla ricorrenza in concreto dei requisiti cui la legge processuale italiana subordina la validità della procura rilasciata all’estero, ricorrenza in concreto che, puntualmente affermata dalla Corte territoriale, non risulta smentita dalla generica deduzione dell’irrilevanza dell’indicazione extratestuale del luogo di formazione dell’atto e dell’inidoneità dell’apposizione del visto da parte del pubblico ufficiale sull’atto di autentica a far fede di quanto risultante dall’atto stesso circa la provenienza della sottoscrizione dal diretto Interessato; che il ricorso va dunque rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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