CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 marzo 2022, n. 9482
Pretesa contributiva Inps – Avviso di addebito – Opposizione – Individuazione del reddito di impresa rilevante ai fini contributivi
Rilevato che
1. Con la sentenza n. 9 del 2020 la Corte di appello di Trento ha confermato la pronuncia non definitiva emessa dal Tribunale della stessa sede con cui era stata accolta l’opposizione avverso l’avviso di addebito dell’INPS emesso in data 7.7.2018, con conseguente declaratoria della insussistenza del credito contributivo e con diritto dell’opponente alla ripetizione delle differenze retributive.
2. Per quello che interessa in questa sede la Corte territoriale ha ritenuto illegittimo l’accertamento, con la conseguente attivazione della riscossione, fondato sulla circostanza che la quota degli utili percepiti per la partecipazione societaria alla E. srl, in favore della quale non vi era stata prestazione di attività lavorativa, da F. D., già iscritto alla Gestione Commercianti quale lavoratore autonomo dell’Arredamenti T. snc, fosse qualificabile come reddito di impresa ex art. 3 bis D.I. n. 438/92.
3. L’INPS ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso F. D..
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis cpc.
Considerato che
1. Con l’unico articolato motivo l’INPS denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis della legge n. 438/1992 di conv. con modifiche del d.l. n. 384/1992 in connessione con la legge n. 223/1990, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che, relativamente alla posizione contributiva del D., i redditi percepiti da quest’ultimo quale partecipazione agli utili di una società di capitale dovessero essere inseriti nella base imponibile sulla quale parametrare l’obbligo contributivo.
2. Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis n. 1 cpc.
3. La gravata sentenza è conforme al consolidato, univoco e chiaro orientamento di legittimità (per tutte, Cass. n. 21540 del 2019), cui si intende dare seguito, secondo cui il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, deve includere nella base imponibile sulla quale calcolare i contributi la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale, vale a dire quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale (art. 55 del d.P.R. n. 917 del 1986), restando esclusi i redditi di capitale, quali quelli derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa (art. 44, lett. e, del d.P.R. n. 917 del 1986).
4. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
5. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
6. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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