CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2018, n. 30363
Reddito d’impresa – Detassazione – Accertamento – Riscossione – Aiuti di Stato – Attestazione – Presentazione
Fatti di causa
1. La sig.a S. M. impugnava la comunicazione – ingiunzione n. R4J01A101314/2006 con la quale l’Agenzia delle Entrate di San Remo recuperava a tassazione per l’anno d’imposta 2003 la somma di €.4.689,00 quale restituzione di indebito aiuto di Stato, come disposta dall’art. 24 della I. n. 29/2006, in attuazione dell’infrazione comunitaria accertata dagli organi europei.
1.1. Lamentava la contribuente di essere l’unica destinataria dell’atto impositivo, che avrebbe dovuto essere diretto nei confronti della società R.O. sas di cui essa contribuente era semplicemente socia accomandante: la società infatti era l’impresa nei cui confronti aveva operato lo sgravio contributivo concesso, percepito e poi revocato dalla sopravvenuta normativa interna in adempimento agli obblighi comunitari. In subordine, eccepiva il beneficium escussionis nei confronti della società, mai destinataria di alcuna notifica, e la sua eventuale responsabilità sussidiaria, peraltro nei limiti intra vires, propri dei soci addomandanti. In ulteriore subordine, sollevava questione di legittimità costituzionale della prefata norma interna, perché lesiva del principio di uguaglianza, di buon andamento e di altri parametri costituzionali, ove fosse interpretata nel senso voluto dall’Agenzia con un’indebita equiparazione fra società, soci accomandatari e soci accomandanti.
1.2 Resisteva l’Ufficio affermando che lo sgravio fiscale non si era tradotto in vantaggio per la società, ove aveva concretato una mera posta contabile, ma aveva inferito sul reddito dei soci e che pertanto solo questi erano i destinatari del provvedimento impositivo. Precisava infine che l’imposizione revocatoria derivava dall’omessa presentazione di una dichiarazione amministrativa prevista in forza della più volte citata disposizione normativa, l’art. 24 I. n. 29/2006, obbligo gravante sui soci e non adempiuto.
2. La commissione territoriale accoglieva le doglianze della contribuente, ma la pronuncia veniva subito gravata dall’Agenzia che riproponeva la medesima argomentazione alla commissione di grado superiore. Anche la commissione regionale, tuttavia, aderiva alle tesi del privato e rigettava l’appello dell’Amministrazione, affermando l’unitarietà della procedura di accertamento e contestazione fra sodalizio e soci nelle società di persone e ricostruendo motivatamente il dovere di presentazione della dichiarazione prevista dalla legge solo in capo alla società R.O. sas, di talché -in sua mancanza- illegittimo ed ingiusto il provvedimento di comunicazione/ingiunzione notificato alla socia S. M.. Ulteriormente, il collegio di secondo grado si spingeva ad affermare che il provvedimento amministrativo connesso alla mancata dichiarazione avrebbe dovuto esser stato \ notificato alla società e solo in caso di sua incapienza l’Agenzia avrebbe potuto rivolgersi ai soci, secondo le usuali regole del codice civile.
3. Interpone qui ricorso l’Agenzia, riproponendo in unico articolato motivo le medesime doglianze, mentre resiste con tempestivo controricorso la contribuente S. M., controdeducendo alle argomentazioni erariali e sollevando nuovamente questione di legittimità costituzionale della norma interna di recepimento degli obblighi comunitari.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico articolato motivo, l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 24 I. n. 29/2006, 5 TUIR, 2304 e 2313 cod. civ. in rapporto all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ., da un lato assumendo che l’obbligo di presentazione dell’attestazione richiesta dalla citata legge 29/2006 gravasse sul socio perché vero beneficiario dello sgravio e non sulla società; dall’altro che il beneficium escussionis non comporta il beneficium ordinis, per cui ben poteva essere parte dell’accertamento la sig.a M., senza bisogno di saggiare preventivamente l’incapienza della società.
La questione è già stata risolta in senso favorevole alla difesa erariale da questa Sezione, con ordinanza n. 5434/2018, resa tra gli altri soci della medesima società R.O. s.a.s. di cui è accomandante l’odierna ricorrente.
Il motivo è fondato. A norma dell’art. 24 comma 2 legge 25 gennaio 2006, l’obbligo di presentazione dell’attestazione è posto a carico dei «soggetti che hanno beneficiato degli aiuti», costituiti dalla detassazione del reddito di impresa, di cui all’art. 4 della legge 383 del 2001. Nel caso di società di persone, non soggette all’imposta sui redditi, la detassazione del reddito di impresa in applicazione del beneficio fiscale, ha rilevanza con esclusivo riguardo all’Irpef dovuta dai soci, non essendo controverso che la società non ne poteva beneficiare ai fin Irap. Pertanto i soci della società di persone, quali unici beneficiari della detassazione del reddito di impresa a loro imputato direttamente a norma dell’art. 5 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, erano i soggetti obbligati alla presentazione dell’attestazione richiesta dall’art. 24 comma 2 della legge n. 29/2006.
In conclusione, il gravame è fondato, la sentenza impugnata dev’essere annullata e, non residuando altri accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa le spese di lite per i gradi di merito; condanna la controricorrente al rimborso delle spese di giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in euro duemilaottocento, oltre ad eventuali spese prenotate a debito.