CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2018, n. 30377
Dichiarazione dei redditi – Credito IVA – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento
Fatti di causa
All’esito di controllo automatizzato ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/73 e art. 54-bis d.P.R. n. 633/72 della dichiarazione mod. Unico 2003 presentata da Cooperativa A. e R. s.c. a r.l. per l’anno di imposta 2002, venne disconosciuto da parte dell’Ufficio il credito per IVA maturata nei precedenti anni d’imposta, giacché la relativa dichiarazione, in realtà, non era stata presentata; venne quindi recuperato a tassazione con cartella di pagamento l’importo di € 138.874,60.
Proposto ricorso dalla contribuente – che assumeva la spettanza del credito d’imposta in parola, giacché il credito di L. 190.343.000 maturato nel 1998 ed esposto nella relativa dichiarazione IVA era stato ripreso nel modello Unico 2003, inerente l’anno 2002, in quanto le dichiarazioni IVA intermedie per gli anni 1999, 2000 e 2001 erano state omesse ed essa contribuente, in data 28.5.2004, aveva presentato domanda per il c.d. condono tombale dell’IVA per gli anni dal 1997 al 2002, versando il dovuto -, la C.T.P. di Agrigento lo accolse con sentenza del 7.11.2007, confermata con successiva decisione della C.T.R. di Palermo, adita dall’Ufficio, emessa il 25.11.2010.
L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso M.G.G., già I.r. della società, cancellata dal Registro delle imprese in data 20.10.2011. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Il PG. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
1.1 – Con il primo ed unico motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 19, comma 1, e 28, comma 3, del d.P.R. n. 633/1972; art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 633/1972; art. 2964 c.c.; art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973; art. 54-bis del d.P.R. n. 633/1972; art. 9, comma 9, della legge n. 289/2002. L’Agenzia delle Entrate rileva che la C.T.R. ha ritenuto la correttezza dell’impianto motivazionale adottato dal giudice di prime cure, laddove era stata affermata l’illegittimità dell’operato dell’Ufficio in quanto nessuna disposizione risulta d’ostacolo alla compensazione così come operata dalla Cooperativa, qualora risulti che le omissioni realizzate negli anni intermedi siano state condonate col sistema c.d. “tombale”.
Tale impostazione, secondo l’Agenzia, si pone in violazione della normativa in rubrica, perché il diritto di compensare il credito per cui è causa si era comunque estinto, non avendo la contribuente assolto l’onere, imposto dagli artt. 19, comma 1, e 28, comma 3, del d.P.R. n. 633/1972, di esercitarlo al più tardi nella dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, ossia o nel 1999 o nel 2000, anni però in cui la stessa contribuente non aveva presentato alcuna dichiarazione. Osserva ancora la ricorrente che nessuna rilevanza può assumere, nella specie, l’accesso al c.d. condono tombale da parte della contribuente, perché ciò impedisce all’Amministrazione qualunque attività di accertamento, ma non anche il controllo formale ex artt. 36-bis, 36-ter del d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1972.
2.1 — Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del controricorso, proposto da M.G.G. in proprio, nella qualità di ex liquidatore ed ex legale rappresentante della società estinta.
Infatti, a seguito dell’estinzione della società derivante dalla cancellazione dal Registro delle imprese, avuto riguardo alle successive scansioni processuali, la legitimatio ad processum spetta esclusivamente a coloro chiamati a succedere in universum ius societatis, ossia ai soci (v. Cass., Sez. Un., n. 6070/2013; v. anche Cass. n. 15177/2016); è quindi evidente che la persona fisica che già rivestiva il ruolo di legale rappresentante della società, con la detta estinzione, perde rispetto all’ente ogni legame che sia idoneo a rappresentarne gli interessi (fatta salva l’ipotesi di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 602/1973, che qui pacificamente non ricorre – v. Cass. n. 11968/2012), e non è quindi legittimato a partecipare ad un processo che si svolge, con ogni evidenza, inter alios.
2.2 – In ogni caso, non è superfluo rilevare che, nel caso che occupa, la notifica del ricorso effettuata ad istanza dell’Agenzia delle Entrate (anche) presso il domicilio eletto in grado d’appello dalla società (ex art. 330, comma 1, c.p.c.), pacificamente estintasi a cagione dell’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese in epoca antecedente alla notifica dell’impugnazione, è del tutto valida, stante l’operatività del principio di ultrattività del mandato sancito da Cass., Sez. Un., n. 15295/2014. Né, del resto, la stabilizzazione degli effetti può dirsi venuta meno nella specie, difettando alcuna delle ipotesi considerate dalla stessa pronuncia, come precisate dalla stessa giurisprudenza successiva della sezione (v. in particolare Cass. n. 9094/2017, n. 15095/2017, n. 14446/2018)
3.1 – Ciò posto, il ricorso è fondato.
E’ noto che il credito IVA può essere essere compensato dal contribuente, a pena di decadenza, “al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto”, come chiaramente sancito dall’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 633/1972 (nel testo applicabile ratione temporis), e ribadito dall’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322/1998.
Nella specie, pacificamente, il credito per cui è causa, relativo all’anno 1998, non è stato compensato nel termine previsto, ma solo con la dichiarazione mod. Unico 2003, avendo assunto la contribuente di poter così agire per effetto del condono c.d. tombale ex art. 9 della legge n. 289/2002, di cui essa aveva goduto. La questione involge quindi la estensione complessiva della definizione dei rapporti col Fisco, a seguito della detta definizione agevolata.
In proposito, il contrasto giurisprudenziale esistente in questa stessa Corte di legittimità è stato recentemente risolto da Cass., Sez. Un., n. 16692/2017, che ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di cd. “condono tombale”, l’Erario può accertare i crediti da agevolazione esposti dal contribuente nella dichiarazione, in quanto il condono – avendo come scopo il recupero di risorse finanziarie e la riduzione del contenzioso e non già l’accertamento dell’imponibile – elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, che restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’Ufficio”.
Da quanto precede, deriva quindi l’erroneità della sentenza impugnata, e conseguentemente la correttezza dell’operato dell’Ufficio, che in sede di controllo formale ex artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600/1973 e art. 54-bis del d.P.R. n. 633/1972, ha disconosciuto il credito IVA in questione a causa dell’intervenuta decadenza in cui era incorsa la contribuente, a prescindere dalla definizione agevolata ex art. 9 della legge n. 289 del 2002, di cui quest’ultima aveva goduto.
Ciò in quanto la fruizione del detto condono, appunto, non incide sui crediti vantati dal contribuente – che restano quindi assoggettati alle proprie regole – ma solo sul debito fiscale di chi ne fruisce.
4.1 – Il ricorso è quindi accolto e – non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto – la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., con il rigetto dell’originaria impugnazione della società.
Anche alla luce del cennato contrasto di giurisprudenza, le spese dell’intero giudizio possono integralmente compensarsi.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso della contribuente. Compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.
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