CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2018, n. 30402
Tributi – Accertamento – Riscossione – Sanzioni – Applicazione delle sanzioni – Società di capitali – Responsabilità dell’amministratore
Rilevato che
l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza n. 463/04/2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso di A.R. avverso avviso di accertamento IVA IRPEF Addizionali Comunali e Regionali e sanzioni per l’anno di imposta 2001, notificato al medesimo quale autore delle violazioni in oggetto in quanto amministratore di fatto dell’impresa individuale «P. Pc di C.R.»;
l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., «nullità per mancata indicazione delle ragioni di diritto della decisione in violazione dell’art. 36 n. 4 del Dlgs 546/92»;
con il secondo ed il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., «insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo»;
il contribuente è rimasto intimato
Considerato che
1.1. con il primo motivo di ricorso si lamenta l’omessa pronuncia, per motivazione apparente, in merito alla questione della legittimazione attiva del ricorrente in primo grado;
1.2. la doglianza è priva di fondamento poiché la CTR ha espressamente affermato che A.R., «in quanto destinatario di avviso di accertamento in qualità di autore della violazione, quale «amministratore di fatto», …(era)… legittimato ad agire in giudizio non solo per ragioni personali e soggettive, ma anche sotto il profilo del merito della pretesa tributaria ed in relazione a tutti i riflessi pregiudizievoli di tale pretesa nei suoi confronti»;
1.3. anche avuto riguardo al principio secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia nel caso in cui il Giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda (cfr. Cass. n. 452/2015; Cass. n. 16254/2012; Cass. n. 11756/2006), non v’è dubbio che il vizio nella specie non ricorra, dal momento che la Corte territoriale ha motivatamente disatteso l’eccezione svolta dall’Agenzia sul difetto di legittimazione attiva;
1.4. va inoltre evidenziato che, avendo il R. impugnato l’atto quale destinatario delle sanzioni in qualità di amministratore di fatto, egli resterebbe comunque coautore delle violazioni e legittimato ad impugnare per se stesso il merito delle contestazioni fiscali (cfr. Cass. n. 3035/2008);
2.1. con il secondo motivo di ricorso si lamenta insufficiente motivazione circa la dimostrazione della qualità di amministratore di fatto dell’impresa individuale P. Pc in capo al ricorrente R., essendosi limitata la CTR a ritenere la circostanza sfornita di prova;
2.2. l’Agenzia delle Entrate prospetta che la qualità, dell’intimato, di amministratore di fatto dell’impresa individuale <<P. PC» fosse desumibile dalle circostanze emerse in sede di audizione di persone legate all’impresa in oggetto, ed in particolare dalle dichiarazioni rese dallo stesso titolare dell’impresa, G.C., e dal suo collaboratore, e che risultava del tutto generico l’assunto della CTR secondo cui tali dichiarazioni erano prive di rilievo probatorio per essere in prima persona esposti alle conseguenze della propria condotta illecita;
2.3. con il terzo motivo, l’Agenzia parimenti lamenta carenze motivazionali circa <<l’inesistenza delle fatture emesse dalla P. Pc, quale diretta conseguenza della natura puramente fittizia di detta società, creata a scopi frodatori»;
2.4. le censure, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, sono fondate atteso che la sentenza impugnata risulta lacunosa ed illogica, esaminando separatamente i singoli elementi di giudizio sebbene le dichiarazioni indizianti del legale rappresentante della società citata e di altra persona informata vadano lette complessivamente ed alla luce degli elementi dì prova logica e circostanziale relativi alle allarmanti irregolarità e incongruenze riscontrate dal Fisco ed evidenziate nell’appello trascritto nel ricorso alle pag. 10 e 11 -a) scritture contabili vidimate ma “in bianco”; b) assenza di un impianto strutturale/contabile a fronte di un giro d’affari di oltre 2,5 milioni di euro; c) mancanza di magazzino; d) assenza di personale idoneo; e) vendita sottocosto di merce acquistata in sospensione d’imposta; f) assenza di risorse economiche sufficienti a giustificare gli acquisti; g) totale omesso versamento dell’IVA sulle operazioni attive; h) discrasie temporali tra movimentazione attive e fatture di acquisti; assenza di pagamenti posteriori alle fatture;
2.5. trattasi di elementi paradigmatici di fatture per operazioni inesistenti (soggettivamente), del tutto trascurati o malamente considerati dalla CTR, nonostante i principi regolativi enunciati dalla giurisprudenza della Corte, sia riguardo al dovere generale del Giudice di merito di tener conto delle inferenze logiche che possono essere desunte dagli elementi addotti in giudizio (cfr. Cass. n. 2963/2018), sia in ragione della peculiarità dei processi per fatture per operazioni inesistenti (cfr. ex multis Cass. n. 3370/2012) in assenza di dotazione personale e strumentale adeguata (cfr. Cass. n. 6229/2013);
3. sulla scorta di quanto precede, consegue che le censure aventi ad oggetto il vizio motivazionale (respinto il primo motivo) possono essere accolte e che la controversia debba essere rimessa al medesimo Giudice di secondo grado che – in diversa composizione – tornerà a pronunciarsi sulle questioni oggetto dell’atto di appello proposto dall’Agenzia e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo grado, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.
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