CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2018, n. 30441
Bracciante agricolo – Iscrizione – Diritto – Pagamento del trattamento di disoccupazione agricola
Rilevato che
la sentenza n. 601/2016 della Corte d’Appello di Salerno, accogliendo parzialmente, per quanto qui ancora interessa, con riferimento alla sola regolazione delle spese di giudizio, il gravame incidentale proposto dall’I.N.P.S. avverso la pronuncia del Tribunale della stessa sede che aveva riconosciuto il diritto di A.D.P. all’iscrizione quale bracciante agricola per 102 giornate nell’anno 2007 ed al pagamento del trattamento di disoccupazione agricola, compensava le spese di primo grado, modificando la statuizione di condanna a carico dell’I.N.P.S. formulata dal Tribunale, nonché poi quelle di secondo grado;
avverso tale sentenza la D.P. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, poi illustrato da memoria e resistito da controricorso I.N.P.S.;
Considerato che
con l’unico motivo la ricorrente assume, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., che vi sarebbe stata violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., anche con riferimento all’art. 22 d.l. 7/1970 , oltre ad erronea valutazione dei fatti di causa e dei documenti depositati nel giudizio, in relazione agli artt. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., per avere la Corte d’Appello illegittimamente disposto la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio;
il motivo va disatteso;
la sentenza impugnata ha motivato la decisione di accogliere l’appello incidentale proposto dall’INPS, finalizzato ad ottenere la compensazione delle spese di primo grado, con riferimento a concrete circostanze in fatto che ha ravvisato nella «difformità delle colture realmente praticate rispetto a quelle denunciate all’ente previdenziale (…) difformità del numero di lavoratori utilizzati rispetto a quelli denunciati (…) notevole sproporzione della manodopera denunciata rispetto al fabbisogno (…) irregolarità delle buste paga», in quanto risultava omessa l’applicazione delle ritenute previdenziali fiscali, spiegando altresì come risultasse «quantomeno giustificabile la cancellazione dei braccianti coinvolti», mentre non poteva incidere su tali valutazioni il fatto che il periodo in cui aveva lavorato la ricorrente fosse «successivo alla data di redazione del verbale di accertamento ispettivo», in quanto le risultanze di esso «autorizzavano l’I.N.P.S. a determinarsi difensivamente con riferimento anche agli altri periodi di lavoro»;
si tratta, dunque, di valutazioni ed apprezzamenti di merito non implausibili e pertanto non passibili di sindacato di legittimità, che hanno condotto la Corte territoriale a ritenere sussistenti i presupposti per compensare le spese;
tale convincimento è rispettoso del principio espresso da questa Corte di cassazione secondo cui in tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, in presenza delle quali, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. (nel testo introdotto dall’art. 45, co. 11, L. 69/2009, applicabile alla fattispecie in esame trattandosi di giudizio instaurato posteriormente al 4 luglio 2009, ai sensi dell’art. 58, comma 1, I. n. 69 del 2009), il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio non possono essere tratte dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato né dalle particolari disposizioni processuali che Io regolano, ma devono trovare riferimento, come è accaduto nel caso di specie nei termini sopra riepilogati, in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa (Cass. 31 maggio 2016, n. 11217; Cass. 13 luglio 2015, n. 14546; Cass. 11 luglio 2014, n. 16037);
peraltro, nella giurisprudenza di legittimità in tema di spese processuali, è altresì consolidato il principio secondo cui il sindacato della Corte Suprema di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, mentre esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (v. Cass. 17 ottobre 2017 n. 24502; Cass. 19 giugno 2013, n. 15317);
rispetto alle spese del giudizio di legittimità, si rileva che nel ricorso per cassazione è richiamata la dichiarazione di esenzione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. resa in primo grado la quale, come da costante orientamento di questa Corte, in assenza di variazioni reddituali note, va tenuta presente anche per quanto attiene ai gradi successivi (Cass. 20 settembre 2013, n. 16284; Cass. 26 luglio 2011, n. 21630);
pertanto, nonostante la soccombenza, non vi è luogo a condanna della ricorrente a rifondere a controparte le spese del presente grado di giudizio;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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