CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2021, n. 36161
Tributi – Contenzioso tributario – Ricorso in cassazione – Contenuto – Valutazione di merito della causa attraverso l’apprezzamento dei fatti e delle prove – Inammissibilità
Rilevato che
Con sentenza in data 18 settembre 2018 la Commissione tributaria regionale delle Marche accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate – limitatamente alla detrazione dell’IVA – avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla C.2001 s.r.l. contro l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate, per l’anno d’imposta 2005, aveva recuperato a tassazione IRES, IRAP ed IVA con riferimento all’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. Premesso che l’emissione delle fatture da parte della C.2001 s.r.l. si inseriva nell’ambito di una «frode carosello» che vedeva coinvolta la ditta individuale C.C. di F.G. (c.d. «cartiera»), riteneva la CTR che le risultanze processuali dimostrassero la consapevolezza della società contribuente che le operazioni si inserivano in una evasione dell’imposta.
Avverso la suddetta sentenza la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Considerato che
Con unico mezzo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ciò in relazione alle dichiarazioni rese da B.E., dalla quali si evincerebbe che l’attività della ditta C.C. di F.G. non era svolta dal solo P.D., come erroneamente ritenuto dalla CTR, ma anche dalla stessa B., dal F. e da altri due collaboratori, smentendo così l’assunto dei giudici di appello secondo cui la ditta suddetta era una «cartiera», priva di qualsivoglia struttura organizzativa, e che l’attività di commercializzazione delle autovetture era svolta da P.D..
Il ricorso è inammissibile.
Va ribadito che:
– «Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. n. 9097 del 2017);
– «L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie» (Cass. n. 27415 del 2018);
– «Il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto» (Cass. n. 29730 del 2020).
Nel caso di specie, la CTR ha preso in esame le dichiarazioni rese da B.E. e ne ha valutato l’attendibilità e la concludenza in raffronto alle complessive risultanze probatorie, pervenendo alla conclusione – insindacabile in sede di legittimità alla stregua della giurisprudenza innanzi richiamata – che la ditta C.C. di F.G. era una «cartiera». In particolare, i giudici di appello hanno evidenziato che dalle indagini della Guardia di Finanza era emerso che F.G. era un mero prestanome, che la ditta C.C. era priva di adeguata struttura organizzativa, non possedeva locali idonei per il deposito e la commercializzazione delle auto, non aveva mai effettuato alcun versamento di imposta. Era P.D. che metteva in contatto gli acquirenti italiani con le ditte tedesche, inviava le proposte di acquisto, provvedeva alla consegna dei veicoli e riceveva i pagamenti dagli acquirenti, pagamenti che, se non eseguiti in contanti, venivano effettuati con assegni che non venivano negoziati sui conti correnti intestati alla C.C.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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